La spettacolarità di certe acrobazie, “piroette” poco aggraziate ma altrettanto affascinanti e di musiche da sottofondo mi hanno sempre incollata ad un marciapiede per osservare la bravura e dedizione che richiede uno sport come lo skateboarding.
Il fotografo sloveno Luke Paige ne ha fatto il soggetto principale delle sue fotografie, fotografando questo meraviglioso sport unicamente in bianco e nero e giocando con la luce, a parer mio, in modo eccelso.
La nascita dello skateboarding è relativamente recente in quanto si aggira intorno agli anni ’50 ad opera di alcuni surfisti californiani che hanno provato ad aggiungere alle loro tavole quattro ruote per scendere lungo i pendii asfaltati che li avrebbero successivamente portati in spiaggia. L’idea si diffuse a macchia d’olio, complice le caratteristiche di funzionalità e praticità che rappresentava e che attirarono anche i non addetti ai lavori del surf. Il successo fu così grande che iniziarono anche le prime competizioni che lo portarono ad aggiudicarsi l’appellativo di sport vero e proprio, grazie anche a Larry Stevenson – quello che oggi definiremmo un desiger di skateboard e che inventò il kicktail ovvero l’estremità piegata verso l’altro presente in ogni skate – ed il suo gruppo Makaha.
Come la maggior parte delle persone, anche per lui la passione per la fotografia si palesa in adolescenza, a quindici anni, affiancandosi ad altre come quella per lo sport. Sviluppa così il proprio linguaggio visivo intrecciandolo con quello emozionale. Una frase da lui detta che mi ha colpito è questa: “le fotografie che scatto sono reliquie della mia vita, souvenir del mio tempo”; un approccio giovanile e “fresco” alla vita, a quel che si aggira intorno a lui, alle esperienze vissute. Cattura sessioni di skateboard in bianco e nero; lo fa in un modo che io definirei verace, puro congiungendo le sue tre passioni: reportage (urbano) fotografico, architettura e lo skateboarding. Negli scatti un grande ruolo lo ha la luce, protagonista e fautrice della resa finale; un gioco di ombre e luci in cui il colore lascia spazio al bianco e nero, donando un tocco poetico ad ogni singola fotografia che racconta uno degli sport che continua ad animare le strade delle città di tutto il mondo.
Claudia Tornatore
Sognatrice, a tratti poggio i piedi sulla terra e ogni tanto salgo sulla luna. Laureata in scienze umanistiche, considero l’arte il fulcro della (mia) vita. La mia tesi? Arteterapia. Scrivo di fotografia, mi diletto con essa : è nella mia vita da che ho memoria, in fasi e forme differenti. Amo il colore, il tè nero, gli incontri inaspettati, i sorrisi, la voglia di cimentarsi in cose nuove e la mia bellissima Sicilia.