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Gabrial Deacon: raccontarsi con una Lomo 35m

Gabrial Deacon: raccontarsi con una Lomo 35m


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Quel che siamo è il frutto della combinazione di tanti fattori, primo fra tutti l’ambiente in cui viviamo e le persone di cui ci circondiamo; se questi elementi ci stimolano a sufficienza, sono di supporto, non possiamo che vivere un’esistenza in cui non abbiamo il timore di vivere i nostri sogni, di quantomeno provare a farli nostri e trasformali in realtà, non possiamo che respirare a pieni polmoni la vita perché sappiamo che un punto di riferimento c’è, c’è stato e ci sarà sempre.

Con questa premessa vi presento un giovane americano fotografo, Gabrial Deacon, le cui fotografie hanno fatto breccia nel mio cuore. Poco più che ventenne, diplomatosi alla scuola d’arte di Manchester, cresce in una famiglia che adorna le mura della propria casa di dipinti, fotografie e in cui, in un significato di più ampio respiro, vi è arte in ogni dove. Chi ormai mi legge da tempo avrà di certo notato come determinati temi ricorrano nei miei articoli; l’importanza della famiglia e/o di un ambiente che dia la possibilità di sperimentare, perdersi e ritrovarsi per divenire “se” è una di quelle che difendo con fervore.

Gabrial, come tutti, è influenzato da una molteplicità di cose, come lo sport (il pattinaggio fra tutti), l’altrui visione del mondo mediante l’arte, la lettura e la musica che sembri giocare un ruolo importante anche nell’atto della modifica delle immagini e non solo nell’ispirazione e scatto. Durante un viaggio a Barcellona scatta delle fotografie e nel farlo avverte un’energia mai provata prima, come una scarica di adrenalina che rilascia un senso di benessere che pervade tutto il corpo. Così inizia a venir fuori il suo estro artistico e lui a capire quale meta vuole raggiungere; inizia col documentare gli amici durante un pomeriggio di pattinaggio, a sperimentare la relazione fra fotocamera e luce, fra movimento e bilanciamento di colore.

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Le sue fotografie esprimono una maturità artista che quasi si contraddice con la giovane età; raccontano il mondo intorno a lui, gli attimi vissuti, gli amici, le ragazze, gli angoli della città con un’estrema attenzione a mettere fortemente in evidenza quel che è il protagonista dello scatto, che esso sia una singola espressione oppure un volto umano per intero, il dettaglio urbano di un quartiere o una panoramica.

Il mezzo con cui scatta è prettamente analogico, volgendosi spesso alla celebre Lomo ovvero la macchinetta compatta 35mm, nata negli anni 90. Questo sguardo al passato regala alle sue fotografie un non so che di sorprendente, il sapore dello stupore, del fascino. Osservarle mi ha spinto a immaginare le vite delle persone ritratte, i tratti peculiari del loro carattere, i loro amori, così come dei luoghi immaginando invece quante storie hanno vissute, da quanti piedi sono stati calpestati e così via.

Credo che la fotografia, fra le mille cose che è e che può essere, è anche questo: spronare la fantasia, l’immaginazione, la riflessione, un modo per trovare risposte e porsi domande.

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Claudia Tornatore

Sognatrice, a tratti poggio i piedi sulla terra e ogni tanto salgo sulla luna. Laureata in scienze umanistiche, considero l’arte il fulcro della (mia) vita. La mia tesi? Arteterapia. Scrivo di fotografia, mi diletto con essa : è nella mia vita da che ho memoria, in fasi e forme differenti. Amo il colore, il tè nero, gli incontri inaspettati, i sorrisi, la voglia di cimentarsi in cose nuove e la mia bellissima Sicilia.

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