L’artista di cui desidero parlarvi oggi è per menti aperte, stomaci forti e occhi che vogliono vedere sempre nuovi orizzonti.
È una di quelle persone a cui il passato ha più che mai segnato il futuro; sin da bambina avventure dal forte impatto emotivo hanno fatto parte del suo vissuto: come lei stessa cita nella sua biografia, durante una delle tanto amate escursioni nei boschi vicino casa, cambiando rotta si trova accerchiata da un branco di cani e mai come in quella occasione provò il sentimento della paura di esser mangiati vivi (seppur l’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e la portò a sdraiarsi per terra e fingersi morta trattenendo il respiro). L’adolescenza e la prima età adulta non furono da meno, seppur in modo totalmente differente. Si avvicina a quello che è il mondo dei rave, della perdita della perdita di cognizione del tempo, del giorno che è come la notte o la notte come il giorno, delle droghe in particolare LSD. Da qui ha inizio un periodo turbolento, fitto di paradossi in quanto dopo un weekend di eccessi la domenica mattina insieme alla madre andava in chiesa ancora in preda alle allucinazioni più disparate.
Termina il periodo con la droga e con le notti che diventano interi giorni passati a ballare sotto una cassa che emette un ammasso rumoroso di suoni (a me definirla musica mi vien difficile) e si apre un nuovo capitolo che diviene perno della sua vita. La fotografia. Vi sto parlando di Joanne Leah.
Joanne è una fotografa di origine tedesca ma residente a Brooklyn da svariati anni. Della sua vita e formazione artista si sa ben poco, a parte gli episodi sopra citati che possiamo considerare come pietre miliari esplicative della sua vita. La sua arte possiamo definirla un incontro fra fotografia, scultura e design che vede la sua centralità nel corpo umano e nella provocazione dello spettatore. Le allucinazioni “regalatele” dall’assunzione di LSD si sono “ripresentate” nella sua carriera artistica; le esperienze quasi mistiche e sicuramente surreali vissute come effetto collaterale della droga sono state talmente vivide e “coinvolgenti” da voler essere elaborate e ripensate dalla fotografa in chiave ironica, irriverente con sfondo la sessualità dai toni pastello e mai noiosi o scuri. Affascinata dalle interazioni con l’essere umano, fattore evidente nelle sue immagini, Joanne si interfaccia con esse mediante anche un feticismo giocoso, raccontato con bizzarre pose e oggetti che abbracciano e rivestono il corpo. Prende oggetti – o cibi – utilizzati nella vita quotidiana e li inserisci in contesti atipici, lavorando sulla sensazione che quella determinata visione può produrre nello spettatore, basandosi comunque sul fattore sensualità/sessualità. Da buona provocatrice quale è, le ispirazioni le trae dal mondo del feticismo, dalle tentazioni, ossessioni, dai ricordi di infanzia ai “viaggi mentali” causa LSD.
Un mondo irreale in cui il proibizionismo incontra la provocazione, la voglia di emergere, in cui la sessualità incontra il quotidiano.
Claudia Tornatore
Sognatrice, a tratti poggio i piedi sulla terra e ogni tanto salgo sulla luna. Laureata in scienze umanistiche, considero l’arte il fulcro della (mia) vita. La mia tesi? Arteterapia. Scrivo di fotografia, mi diletto con essa : è nella mia vita da che ho memoria, in fasi e forme differenti. Amo il colore, il tè nero, gli incontri inaspettati, i sorrisi, la voglia di cimentarsi in cose nuove e la mia bellissima Sicilia.