Le nostre vite dipendono da algoritmi malvagi e questo non è l’incipit di una puntata di Black Mirror ma semplicemente la realtà.
Ho un po’ esagerato? Non saprei.
Quando vedo tutti ricurvi in metropolitana a guardare queste tavolette di plastica e vetro, mi impongo di lasciare il mio smartphone in tasca e non solo: alzo lo sguardo per sentire finalmente tutte le vertebre del mio collo prendere una forma diversa dal solito, almeno in metro. Ma la scommessa con me stesso dura al massimo dieci minuti. Anche se non ho bisogno di alcuna informazione urgente c’è sempre un trillino, un cuoricino, un campanellino, un vibra vibra che mi fa ricadere nella trappola degli algoritmi infernali, ormai così intelligenti che sanno chi sono molto meglio di mia madre.
Per quanto esperto conoscitore del lato oscuro dei social – è il mio lavoro -, non passa giorno che non rimanga “incastrato” nel vedere il panda danzerino di turno. Ma chi ha deciso di farmi vedere quel video? Sarà stato qualche bicchierino di troppo che ha reso il mio discutibile amore per gli animali una vera passione? A pensarci bene, dietro quel buffo panda ci sono degli esseri umani che tentano di imprigionare altri esseri umani nel guardare più contenuti per più tempo possibile in una app.
This Panda is Dancing è un breve e poetico cortometraggio che svela in rima le nostre debolezze davanti, ad esempio, al countdown della puntata successiva di Netflix, ma anche l’impatto positivo che questi strumenti potrebbero avere se fossero progettati in modo leggermente diverso.
Il video realizzato da Sander van Dijk e Max Stossel mette sul tavolo argomenti interessanti cari a Time Well Spent, la community che c’è dietro questo lavoro e che punta ad una piccola rivoluzione: mettere l’individuo al centro della tecnologia e non più soltanto il business che lo colpisce a colpi d’inserzioni.
Date uno sguardo a degli esempi concreti. Lo scrolling infinito delle news feed è stato inventato per farci stare più tempo possibile su una piattaforma, ma se potessimo decidere a priori quanto tempo realmente passarci? Un piccolo Rinascimento Tecnologico, perché alla fine noi dovremmo usare la tecnologia ma delle volte pare accada il contrario!
Eugenio Caterino
Nato a Napoli, laureato a Roma, scappato a Berlino dove conduce una vita che ha imparato a pedalare da sola. Da bambino, le caldi e noiose estati in casa lo mettono davanti a un bivio: le repliche di Italia1 o la storia del cinema, la fotografia e l'arte. Superquark addicted, quando ha dei problemi pensa a quanto essi siano insignificanti in relazione alla grandezza dell'universo.