Di Pasquale de Sensi avrei dovuto raccontarvi a gran voce prima che si spegnesse la mia rubrica del martedì dedicata al pop surrealism e al lowbrow, magari con una trionfante monografia che ho riservato a tutte le grandi menti che di questo filone artistico mi hanno appassionato, avrei dovuto farlo sì, perché di questo artista calabrese apprezzo la sua ricerca simbolica ed in particolare il suo modo di appropriarsi con estrema disinvoltura di forme e soggetti apparentemente contrastanti ma perfettamente incastrati nei suoi collage visivi ed emotivi. Di Michele Guidarini vi abbiamo parlato in tanti, me compresa e continuerò a farlo fino a quando la sua creatività non avrà saziato la mia mente che ormai sa riconoscere il suo tratto ovunque esso si collochi, su qualsiasi superficie in cui venga intrappolato perché il suo modo di esprimere quel mondo grottesco unico ed inimitabile mi fa emozionare in ogni sua apparizione.
Come un adepto riesce a cogliere i segnali inviategli dalla sua divinità assoluta allo stesso modo io mi pongo dinanzi alle opere di Michele Guidarini che più di un dio supremo mi pone a contatto con una realtà destabilizzante che si impone prepotentemente nel mio modo di vivere, una realtà che rivela la costante ricerca dell’essere umano di riappropriarsi di un linguaggio visivo fatto di tutte quelle emozioni e paure che cerchiamo di evadere o di sottrarle alla nostra carne e al nostro spirito ma che tornano prepotentemente alla luce, spigolose ed ammalianti, nel gesto eversivo di Michele Guidarini che infine mi guida indiscutibilmente nel riconoscere quel segno tra ciò che è reale e ciò che la mente è in grado di riprodurre servendosi dei segnali decodificati dai messaggi subliminali nascosti tra le righe dell’ambiente circostante. Quando due menti così abili nella narrazione artistica si incontrano viene fuori qualcosa di straordinario, proprio come le opere che insieme, a quattro mani, hanno realizzato per la doppia personale presentata al Future Vintage Festival di Padova dal 9 all’11 di settembre.
Tregenda è il titolo della loro mostra. Una parola che suona strano. Un vocabolo che sembra essere venuto fuori dallo scontro tra tragedia e leggenda, con un miscuglio di consonanti e vocali che a me manda in visibilio. Una parola da pronunciare diverse volte per essere capita ed interpretata. La cerco su quel bel volume della Treccani, il quale mi dice che tregenda è un “convegno notturno di diavoli, di spiriti dannati, di streghe, che, secondo leggende popolari di origine nordica, si riuniscono di notte per compiere le loro malefiche operazioni” e allora mi piace ancora di più. I miei occhi hanno fame di conoscenza, la mia mente viaggia alla ricerca di immagini e voci oblique nei loro suoni da associare a questa parolina. E mi appare una flotta di presenze bizzarre assorbite dal silenzio tenebroso, loschi individui, uomini e donne che hanno scelto di abbandonare la plastica esistenza del normale, sicuramente dei personaggi curiosi con i quali trascorrerei volentieri i miei fine settimana di fulmini e tuoni che si confondono con il tepore casalingo. Esseri che non si lasciano identificare facilmente ma loquaci quanto basta per farsi amare da chi come me drizza le antennine quando sente parlare di storie inaudite e terrificanti. Tregenda dicevamo.
E allora chi se non i protagonisti di questa doppia intervista potevano mai interpretare con le immagini questa conventicola di creature grottesche? Chi se non Pasquale de Sensi con la sua metafisica surreale fotografica e il nostro amico Michele Guidarini con il suo surrealismo ludico potrebbero mai esprimere quello che con i segni a me non viene? E allora godetevi questa doppia intervista e le belle immagini delle opere presentare nel corso della mostra.
Tregenda, che significato ha questa parola nella vostra arte?
Pasquale: Credo che creare arte sia sempre un’operazione di evocazione. Si evocano forme, simboli, forze che vengono messe in relazione su un piano ideale. In questo senso ogni immagine è come un parco giochi in cui angeli e demoni si incontrano e si scontrano.
Michele: Tregenda è la danza che da vita alle opere mia e di Pasquale de Sensi. è l’incontro alchemico tra le nostre due arti. Due percorsi artistici totalmente diversi che casualmente si incontrano, in qualche modo si amano e decidono di fondersi tra loro. Tregenda è fusione onirica e molto spirituale dei nostri modi di lavorare, dei nostri mondi. Perché si, abitiamo in mondi diversi, due pianeti che si scoprono e cominciano a comunicare nella stessa lingua, senza inibizioni, senza fatica. Le nostre opere nascono spontaneamente con i frammenti di lavori artistici incompiuti, in coma, abbandonati nelle scrivanie e nei cassetti dei nostri studi. Quasi come se fossero dei pensieri che dal subconscio riaffiorano per cambiare le carte in tavola dell’anima. Quelle parti dei nostri lavori che non trovavano il suo spazio, la sua dimensione, il suo posto in una cornice si sono fusi per essere una cosa sola, un opera d’arte dove tutte le parti mescolate vivono nello stesso corpo ed hanno una propria identità. Tregenda è questo, è lo spirito invocato dalle nostre opere che si uniscono. Nelle mie opere, tregenda è il senso primario. Quando la mia mano comincia a ballare sul foglio scopro nuovi mondi, nuove teorie e materializzo le mie visioni. Le opere d’arte sono frutto di un’alchimia di vari elementi: la mente (parte spirituale), le mani (la parte fisica che pende da ogni angolo della mente), il supporto (la materia, il prodotto), il luogo (la capsula dove tutto questo avviene).Immaginate di far ballare in cerchio questi elementi intorno ad un pennarello che scorre irrefrenabilmente. Ecco la mia tregenda.
Inoltre nelle mie opere i miei personaggi, i simboli, lo spazio, gli oggetti e le parole separatamente non riescono mai ad avere la stessa forza di quando tutti insieme occupano quasi casualmente e non armonicamente lo spazio dell’opera. Vivono in simbiosi con gli altri elementi, uno separato dall’altro è un semplice elemento di un codice complesso. Sono la rappresentazione di concetti e parole che insieme danno vita a nuovi linguaggi e concetti.
Pasquale e Michele, da Alterazioni 2014 a questa mostra strepitosa insieme. Raccontateci come è nato questo vostro legame artistico .
Pasquale: Con Michele ci siamo incontrati ad Arcidosso, nel 2014 durante una delle ultime edizioni di Alterazioni Visive. In quell’occasione abbiamo deciso di collaborare su dei pezzi a quattro mani ma non sapevamo ancora come. L’idea è comparsa quando uno dei miei pezzi, un piccolo collage su carta, si è strappato in due punti e Michele ha pensato di ‘ristrutturarlo’ disegnandoci su. Il risultato era ottimo quindi abbiamo deciso immediatamente di continuare su questa linea. Abbiamo iniziato a scambiarci via posta il materiale più vario. Frammenti, bozze, refusi, incompiuti e quant’altro. Una prima serie di lavori sono stati esposti a Milano nel 2015 all’interno di una personale di Michele. Ora come ora siamo soddisfatti del risultato esposto a Padova al Future Vintage Festival ma stiamo già pensando di proseguire la collaborazione lavorando su formati più grandi.
Michele: Durante il disallestimento della mostra di Pasquale, mettiamo frettolosamente tutti i pezzi insieme, uno sopra l’altro, senza fare caso che per dimenticanza era rimasto dello scotch sul retro di alcune opere cartacee.
Nei giorni a seguire controllo i disegni di Pasquale prima della rispedizione e mi accorgo che alcuni dei lavori su carta si erano letteralmente incollati uno con l’altro. Provo meticolosamente a separarli, ma per alcuni mi accorgo di non avere speranza. Erano saldati uno con l’altro. Comincio leggermente a perdere la pazienza, quando una delle opere mi si strappa. Mi blocco un attimo e mi viene una macabra idea, ovvero customizzare l’opera d’arte di Pasquale cercando di donargli nuova vita. In tutto questo non ho chiesto il permesso a Pasquale, mi sono semplicemente messo a lavoro. Velocemente, mi sento subito a mio agio con i collage di Pasquale, mi piace lavorarci, mi diverto e per assurdo, sono molto soddisfatto dell’opera che si manifesta quasi spontaneamente.
Decido di spedire i pezzi incluso quello customizzato, sperando vivamente che Pasquale non si arrabbi del mio gesto.
Quando vede per la prima volta l’opera, ha la stessa mia sensazione di stupore e attrazione per quel lavoro nato per caso da una serie di sfortunati eventi. Questo è quanto. Una Tregenda di situazioni, frammenti, colla, pennarelli e caso.
Pasquale, se dovessi definire le tue opere con un sentimento quale sceglieresti?
Pasquale: Difficile sceglierne uno. Sicuramente sentimenti catartici come rabbia o gioia. In una sola figura possono coabitare anche sentimenti opposti, anzi è proprio questa frizione fra elementi contrastanti che mi interessa di più.
Michele, come ha reagito il pubblico alle vostre opere?
Michele: Essendo un festival c’era tantissima gente, più mostre, e abbastanza caos. nonostante tantissima gente abbia visto le nostre opere, la situazione era molto veloce e frenetica, due chicchere, due occhiate due domande.. ma tutto troppo veloce per essere raccontato. Non ci sono stati attimi particolari, quindi la domanda la scarterei. (Ride l’intervistato mentre io sogghigno, consapevole del suo gesto atletico, come due amici che ormai sanno la risposta)
Le foto dell’allestimento della mostra sono di Lorenzo Gonnelli
Eva Di Tullio
Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!