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Life’s a Bitch: un corto dimostra che l’amor...

Life’s a Bitch: un corto dimostra che l’amore è come una malattia


Vi è mai capito di innamorarvi? Bene. Vi è mai capito di essere lasciati? Benissimo. Premettendo che mi auguro abbiate già affrontato l’esperienza uscendone forti come Iron Man o Wonder Woman, o almeno facendo finta che sia così, è scientificamente provato che siate passati per la fase “Come stai?”.

La fase “Come stai?” vede come soggetti attivi amici e parenti che continuano a farvi la fatidica domanda anche se non dormite da 7 giorni e avete delle occhiaie tipo trucco di The Walking Dead, perché in fondo non sanno come rompere il ghiaccio e ci sarebbe da capirli. E per quanto vi sentiate una vera schifezza, alla fase “Come stai?” si risponde sempre con “Ora sto bene grazie”.

Il problema di “Ora sto bene grazie” non riguarda il fatto che stiate mentendo o meno, ma ha a che vedere invece con quella che noi chiameremo oggi risposta standard. Capirete anche voi che questo modo di replicare non suona bene con tutto, dal “Ehi, ciao” – “Ora sto bene grazie” – al “Sono 14 euro e 50” – “Ora sto bene grazie” – fino al “Lei è in arresto!” – “Ora sto bene grazie”.

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Con questa premessa, il collegamento tra amore e malattia è facile. Cosa dite a chi v’incontra dopo che siete rimasti a letto malati, con un bel febbrone da cavallo da 39° e lode? – Tac, ho sentito un clic nei vostri cervelli!

L’amore quindi è come una malattia e anche nella più romantica delle ipotesi finisce male – un matrimonio che dura da 60 anni vi pare una cosa bella?! Tanto lo sanno tutti che in fondo si stanno odiando! -. Cinismo mood on.

Il regista canadese François Jaros nel suo corto Life’s a Bitch ci illustra in maniera straordinariamente lucida tutto l’iter che bisogna affrontare prima di un vero e sincero “Ora sto bene grazie”. I sintomi della fine dell’amore ci sono tutti: il pianto isterico, i piccoli momenti di pazzia, la masturbazione senza gioia, il tutto condito da una regia che ci fa rivivere il cinema sperimentale di Truffaut. Il cortometraggio ha vinto numerosi premi ed è stato selezionato per il Sundance Film Festival 2014, quasi sempre una garanzia. Ci sono ben 95 scene, ma non tutte di pura disperazione: non vi starete mica dimenticando la fase “Chiodo scaccia chiodo”? Che poi, ha mai funzionato veramente?!

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Eugenio Caterino

Nato a Napoli, laureato a Roma, scappato a Berlino dove conduce una vita che ha imparato a pedalare da sola. Da bambino, le caldi e noiose estati in casa lo mettono davanti a un bivio: le repliche di Italia1 o la storia del cinema, la fotografia e l'arte. Superquark addicted, quando ha dei problemi pensa a quanto essi siano insignificanti in relazione alla grandezza dell'universo.

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