Come molti di voi sapranno sabato alla Dorothy Circus Gallery verrà inaugurata la personale di Afarin Sajedi, Illusion, e io mi troverò faccia a faccia con l’artista per un’intervista che sto scrivendo proprio in questi giorni e devo ammettere che non sto più nella pelle al solo pensiero che avrò l’opportunità di conoscerla di persona e sono felice di potere farvi leggere cosa ci diremo quel giorno. Ma prima che avvenga ciò oggi volevo portarvi a conoscere un artista di Rochester, New York, che ho scoperto leggendo HiFructose giusto qualche giorno fa.
Lui si chiama Graham Yarrington ed è conosciuto soprattutto per le sue illustrazioni da fumetto coloratissime che dal 2013 sono stati al centro di mostre e riconoscimenti ottenuti in particolare negli Stati Uniti. E da quel di Rochester alla pagina di Organiconcrete il passaggio è molto breve, soprattutto nel momento in cui avviene un passaggio fondamentale nella sua arte, ovvero dal fumetto ad un tipo di illustrazione più enigmatica, diciamo molto più incline al surrealismo. Roba nostra, per farla breve. Osservando le sue illustrazioni, quelle che vi presento tra queste righe, è quasi naturale immaginare che il mondo delle fiabe abbia avuto un ruolo fondamentale nella sua crescita artistica e come poi questa abbia incontrato un approccio più macabro e oscuro alla vita reale, due caratteristiche particolarmenti evidenti nella sua arte in cui l’uso delle tonalità vivaci si mescola a soggetti e oggetti particolarmente curiosi ma che vale davvero la pena soffermarsi ad osservarli.
Nel suo universo creativo la percezione dei simboli religiosi e culturali si mescola alla presenza oscura di esseri quasi senza identità o magari la tengono nascosta nel cuore della notte dove vengono spinti dalla voglia di dare sfogo alla loro attitudine al mistero e misteriosamente li vediamo spuntare tra gli alberi di una foresta mentre intorno scorre un fiume colorato che si mescola alle lacrime del vagante solitario. Lo sfondo appare quasi impercettibile, profondamente scuro come i sogni che non ricordiamo al mattino ma che ci inducono alla riflessione. Ciò che resta impressa è ovviamente l’ombra di queste sue creature senza volto che quasi di sicuro simboleggia la prospettiva che l’artista americano mette sulla supeficie per rappresentare l’altra faccia della sua esistenza, quella si confronta con la realtà quotidiana ma che sopperisce di fronte al culto del mistero che gli viene dettato dalla sua fanciullezza, dai sogni ad occhi aperti ma anche da quell’ambiente circostante che non finisce mai di sfornare idee e pensieri. Forse è proprio l’arte a salvarlo del grigiore quotidiano di cui molto spesso dice di essere vittima e la depressione viene alleviata dalla sua ricerca che non smette di varcare la soglia del surrealismo, quello fortemente dark che piace tanto a noi.
Eva Di Tullio
Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!