Ciao Luca, la prima cosa che ti chiedo è di parlare di te attraverso due scatti: fotografa ciò che hai in tasca e dove ti trovi adesso, raccontaci se (e perché) rappresenta il posto in cui vorresti essere.
Mi trovo a casa mia e quella che vedi è la vista dalla finestra. Ognuno ha la sua e per me rappresenta l’idea di un posto banale, facile da odiare ma che a volte può mancare. Tuttavia se mi chiedi dove vorrei essere ora è in viaggio, probabilmente verso Cadice per prendere il traghetto per il Marocco. In tasca ora ho solamente pochi centesimi di euro e l’abbonamento della metro di Parigi.
Discuto sempre su quale sia il significato di bellezza, che per me è sempre soggettivo, mi piace sapere a cosa si riferiscono gli altri quando pensano alla bellezza, tu che significato personale dai a questo aggettivo?
Lo specchio di un ordine interiore. Purezza e seduzione; la divinità dormiente in tutte le cose che a volte si rivela se restiamo in contemplazione.
Se tu fossi un paesaggio, quale saresti?
Le dune di un deserto. Un sogno ad occhi aperti che facevo sin da piccolo.
I luoghi che fotografi hanno storie molto intense e significative, quando sei lì e conosci il passato di un posto, ci pensi mai a come vedresti le cose se le avessi viste in quei momenti?
Ti riferisci in particolare alla serie LS VII che ho scattato nel luogo dove nell’estate del ‘41 fu organizzato il campo di concentramento ustasha di Slana, sull’isola di Pag in Croazia. La serie è fondamentalmente basata sulle relazione degli opposti paradiso/inferno: il posto visto adesso è un piccolo paradiso di roccia bianca e calme acque cristalline. Nel 1941 invece vi furono massacrati brutalmente in soli 3 mesi dalle 4000 alle 10000 persone. Per tutte le settimane che ho passato a vagabondare su quella penisola, leggendo testimonianze di quello che vi accadde, ho vissuto un’esperienza straziante; l’immagine di un mare di sofferenza e la paura di scoprire quanto può vivere nascosto nella psiche umana.
Come vedi, come percepisci i paesaggi in cui resti a fotografare?
Quello che faccio con la mia fotografia è mettermi nella relazione più diretta possibile col paesaggio che fotografo. Ci passo molto tempo vagandoci e guardandolo cambiare nel ciclo naturale giorno/notte. Negli anni ho poi notato che ero inconsciamente attratto dalla purezza e semplicità dei luoghi. Queste due condizioni sono essenziali a mio modo di vedere per riportare la propria mente a uno stato essenziale, pre-sociale: quello che io cerco nel paesaggio funziona quindi da specchio per far luce su ciò che potrebbe essere il mio Sé. Detta in altre parole i luoghi che fotografo sono un tentativo di rappresentazione visiva di una parte di me stesso.
Se tu fossi un evento storico, in un determinato luogo, quale saresti?
Facciamo mitologico: la partenza di Ulisse da Itaca. Per l’adrenalina dell’iniziare un lungo viaggio verso una meta ignota e perchè il mio affetto per le isole greche è grande. Magari un giorno, fotografandole ancora, riuscirò a scoprire perchè le amo così tanto.
La tua definizione di ‘luogo’.
Credo di pensare a un luogo sempre come una metafora visiva. In questo caso una sineddoche, una parte per riferirsi al tutto. Portando la metafora sino alla sua logica fine: un pezzetto per riferirmi a tutto l’Universo.
Una domanda che nessuno ti fa, ma che invece vorresti sentirti dire.
Qual è il posto più magico che hai visitato?
Che cosa fai invece quando non scatti foto? Come passi il tuo tempo libero?
Mi piace molto fare sport: corsa, nuoto o tennis e girovagare senza meta per città straniere. Leggere Jung e ogni tanto scrivere qualche pensiero. Ultimamente il lavoro mi porta spesso a Parigi e piano piano la sto scoprendo.
Se dovessi partire per un viaggio oggi, cosa porteresti nel tuo zaino e cosa lasceresti a casa?
Dobbiamo allora considerare un viaggio esclusivamente di piacere e non uno fotografico, altrimenti lo zaino sarebbe già riempito da banco ottico e pellicole. Ho avuto impressione che l’inverno appena passato sia stato piuttosto lungo quindi lascerei a casa qualsiasi vestito pesante e porterei invece solo poca roba leggera, qualche libro e caricherei tutto su uno scooter per girare a caso nel sud est asiatico.
Un sogno ricorrente, uno irrealizzabile e uno espresso. Raccontaceli.
Non so perchè ma mi riesce difficile ricordare chiaramente i sogni che faccio. Tuttavia quello più ricorrente è la sensazione di essere perso in qualche luogo sconosciuto, sia città o natura, e cercare la via per venirne fuori. Una volta invece ho sognato di trovarmi alle olimpiadi, finale dei 100m piani. Decisamente difficile che succeda. Quello che si è avverato è invece vedere il tramonto sulle dune del Sahara, io da solo, in totale libertà; nessuno a cui rendere conto o orari da rispettare.
Ho chiesto per un anno, a tutti i fotografi, quali fossero I loro progetti futuri, ho deciso di cambiare e chiederti, cosa vuoi fare oggi e cosa farai veramente?
Oggi è la vigilia di pasqua, una giornata molto semplice, relax totale. Dopo aver risposto a queste domande faccio la borsa e me ne vado in piscina. A volte i piccoli desideri corrispondono alla realtà.
Intervista conclusa, prima però, consigliami un film, un libro, un disco e un fotografo.
Film sicuramente uno dell’unico regista che assolutamente adoro: Lars Von Trier. Scelgo ‘Breaking waves’.
Libro: autobiografia di Carl Gustav Jung. Senza perdersi nei moltissimi saggi che ha scritto, in questo libro è presente tutto ciò che ha voluto dirci. Sono anni che lo ascolto ma ‘Censored colors’ dei ‘Portugal. The Man. Non ha perso un briciolo del suo fascino.
Ringrazio Luca Tombolini per la sua disponibilità, qui il link al suo sito: http://www.lucatombolini.net/
Giuliana Massaro
Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.