Ciao Lorenzo, la prima cosa che ti chiedo è di parlare di te attraverso due scatti: fotografa ciò che hai in tasca e dove ti trovi adesso, raccontaci se (e perché) rappresenta il posto in cui vorresti essere.
In tasca ho il mio accendino, le chiavi di casa, il badge del posto in cui lavoro a Girona e, ovviamente, il telefono con cui sto facendo la foto. C’è anche un pacchetto di sigarette che non vedrete: meglio evitare pubblicità gratuita alle multinazionali del tabacco. Dovrebbero pagarmi! Ma lasciamelo dire Giuliana, questo è il modo più carino in cui sia mai stato perquisito.
Comincio quest’intervista mentre sono a Donostia. Sono venuto a trovare un’amica che non vedevo da tempo. Sono lontano dal lavoro, qui c’è l’oceano che alza spruzzi sugli scogli e l’aria invernale profuma di salsedine: in questo momento non vorrei essere altrove.
Discuto sempre su quale sia il significato di bellezza, che per me è sempre soggettivo, mi piace sapere a cosa si riferiscono gli altri quando pensano alla bellezza, tu che significato personale dai a questo aggettivo?
Mi risulta molto difficile -se non impossibile- definire la bellezza con parole o attraverso un concetto. Ma credo che pur essendo intrinsecamente soggettiva, la bellezza si manifesta universalmente attraverso il sentimento che ciascuno di noi prova quando si trova davanti a qualcosa che ritiene personalmente bello: mi riferisco alla felicità. Qualcuno prima di me l’ha detto con parole più belle ed eleganti delle mie: La bellezza è una promessa di felicità.
Sei fuori Italia adesso, che ci fai lì dove ti trovi adesso? Potresti spiegare al pubblico che ci guarda da casa, perché fai il ricercatore e non il fotografo? Non so, mi puoi convincere per favore che è importante laurearsi e non così tanto fare le foto? Davvero, dimmi qualcosa di super convincente.
E’ importante fare quello in cui si crede e che si ama, quindi non posso convincerti né dell’una né dell’altra cosa. Io amo la ricerca tanto quanto amo fotografare e credo che non potrei fare solo una delle due senza l’altra. Sono un chimico teorico e ho una borsa di studio come ricercatore per un istituto di chimica computazionale qui in Spagna, quando ero ancora all’università però ho anche avuto modo di collaborare con uno studio fotografico nella mia città di origine, in Italia. E’ stata un’esperienza importante che mi ha aiutato a capire come per me la fotografia sia qualcosa di estremamente intimo e personale e che preferisco resti libero da commissioni o scelte dettate dalle richieste dei clienti. Non sto dicendo che quello del fotografo è un lavoro da evitare, assolutamente. Il pensiero è rivolto a me stesso e a quello che è il mio rapporto con le foto. Quando per lavoro scattavo cose o persone che per me erano prive significato, quello che prima era un momento esclusivamente piacevole si riduceva ad essere banale e scontato, quindi ho deciso di mantenere la fotografia come una passione “incontaminata” da tutto il resto e di poter continuare a scegliere sempre chi, come, dove, quando e perché fotografare.
Tu dici, ma che c’entrano ste domande se la rubrica è fotografica? Non lo so, so solo che a una certa ho cominciato a farmi domande su chi ci sia dietro la fotocamera, e non sulla fotocamera. Lo, tu perché fai le foto?
Fotografo perché sento che non potrei fare altrimenti. Mi sono avvicinato alla fotografia durante un periodo in cui m’ ero complicato un po’ la vita e fotografare è stato il mezzo attraverso cui sono riuscito ad esprimermi in un momento particolare in cui mi era impossibile farlo in altro modo e, successivamente, a dare le giuste dimensioni e credere in qualcosa. Col senno di poi penso stessi dando troppa importanza a quello che sentivo, e se quello che sentivo non mi piaceva, non esisteva nient’altro. Oggi quelle difficoltà sono superate, la fotografia è rimasta e voglio resti sempre parte della mia vita. Non è la semplice immagine in sé, ma l’universo di cose ad essa connesse: il soggetto, il luogo che sto fotografando, la persona, la condivisione del sapere, la camera oscura, progetti, viaggi. Attraverso la fotografia sono nate amicizie, alcune delle quali oggi sono le più strette, sono nati e finiti amori. Quindi oltre ovviamente ad apprezzare la foto in sé, fotografo perché quest’universo di cose continui a far parte della mia vita.
Ti piace la geometria, ok, ma se dovessi descriverti come una forma geometrica, quale sceglieresti? E perché?
Sono affascinato molto dal cerchio, probabilmente la figura più semplice e razionale che racchiude però in sé un numero irrazionale e trascendente, il pi greco. Ancor più affascinante poi, dato che l’irrazionalità di un numero può essere dimostrata solo attraverso un ragionamento logico. Un bel trip insomma.
Una domanda che nessuno ti fa, ma che invece vorresti sentirti dire.
Sono tante in generale le domande che non facciamo mai, siamo sempre più concentrati su noi stessi, sulle nostre vite e finiamo col mascherarci dietro alle circostanze, nella totale assenza di empatia verso l’altro. Pensa ad esempio a tutto il mondo che c’è dietro un semplice “come stai?” -un come stai vero intendo- e al potenziale universo che potrebbe esserci dietro la risposta -la risposta, quella vera intendo, non quella di circostanza-
Ecco, forse vorrei semplicemente sentirmi dire “Come stai Lo? Come stai veramente?”
Che cosa fai invece quando non scatti foto? Come passi il tuo tempo libero?
Ad essere sincero il tempo libero è davvero poco e quando ne ho, lo dedico a fotografare e viaggiare. Quando non faccio foto molto spesso guardo quelle degli altri. Grazie all’internet non è difficile scovare fotografi che artisticamente parlando non hanno nulla da invidiare ai nomi più noti, ma che sono invece dei perfetti sconosciuti. Trovo che il loro modo di guardare attraverso l’obiettivo sia imprevedibile e poco convenzionale, qualcosa che cattura immediatamente il mio interesse insomma.
Se dovessi partire per un viaggio oggi, cosa porteresti nel tuo zaino e cosa lasceresti a casa?
Sarò scontato, ma la prima cosa che istintivamente metterei nello zaino è la mia zenza bronica. L’idea di trovarmici senza in un posto che vorrei fotografare e in cui potrei non tornare più fa male. Ovviamente bisogna considerare che è poi spesso il caso ad impedirti di realizzare una fotografia, ma almeno per quanto riguarda le mie scelte cerco di non farmi mancare un apparecchio fotografico quando sono in viaggio. Lascerei invece a casa tutta quella che è la tecnologia con cui lavoro: computer, smartphone ma soprattutto lascerei l’orologio. In viaggio non bisognerebbe preoccuparsi del tempo. Salvo poi perdere treni e aerei.
Un sogno ricorrente, uno irrealizzabile e uno espresso. Raccontaceli.
Faccio diversi sogni ricorrenti, ognuno dei quali a che fare con la mia storia personale. Sogno spesso di rincontrare persone che hanno fatto parte della mia vita ma che oggi non ci sono. Evidentemente perché avremmo tante, anzi forse troppe cose da dirci. Il sogno irrealizzabile (o forse no?) è quello di mandare tutto a puttane e aprire un chiosco che vende margarita su una spiaggia a La Paz, in Messico. Espresso non saprei, posso dirti di qualcosa che ho desiderato fortemente e si è avverato, o meglio ancora ho realizzato: fare il lavoro che faccio attualmente. Quando ero all’università, una delle persone per cui nutrivo più stima era un amico, ricercatore del CNR. Io ero una testa di cazzo, ma una testa di cazzo sedotta dalla conoscenza, per la quale quel mondo suscitava enormi interessi. Ci ho messo più tempo del dovuto, ci ho sbattuto la testa non so quante volte, oggi però questo è anche il mio mondo.
Ho chiesto per un anno, a tutti I fotografi, quali fossero I loro progetti futuri, ho deciso di cambiare e chiederti, cosa vuoi fare oggi e cosa farai veramente?
Come ogni giorno vorrei fare mille cose. Mi andrà bene se riuscirò a farne una, fatta come si deve: finire quest’intervista che mi sta appassionando. Devo finire in tempo per riuscire a comprare tre etti di prosciutto per stasera, prima che chiuda il mio pusher ufficiale.
Intervista conclusa, prima però, consigliami un film, un libro, un disco e un fotografo.
Difficile scegliere una cosa sola per ciascuna di queste categorie. Mi verrebbe da dire una valanga di film e di libri, per non parlare dei dischi e dei fotografi…
Ti consiglio ciascuna di queste cose tra quelle che ultimamente mi sono particolarmente piaciute. In ordine: Buffalo ’66 di Vincent Gallo, La Camera Chiara di Barthes, Being Human Being – Eric Truffaz & Murcof e un fotografo perfettamente sconosciuto ma di cui apprezzo tantissimo i lavori e che seguo su flickr: JelleS.
Ringrazio Lorenzo per la sua disponibilità, qui il link al suo sito: Lorenzo D’Amore.
Giuliana Massaro
Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.