Cosa vuol dire preservare la memoria? Pensiamo all’alba della storia umana, quando ogni forma di conoscenza (primitiva o meno) era tramandata per via orale. Attraverso l’esercizio costante della memoria si avevano maggiori possibilità di sopravvivenza giorno per giorno, a pensarci bene. Evitare il cibo non commestibile, gli animali pericolosi e (con il passare del tempo) mantenere un codice di condotta che ha permesso la creazione di una società civile. Chi non ricorda il passato sarà condannato a ripetere gli stessi errori, siamo tutti figli della nostra storia e attraverso le interazioni sociali, ne creiamo una globale che sarà la base delle generazioni future.
Eppure per alcuni individui, questi pilastri della vita non esistono. I ricordi si offuscano, si confondono i nomi, i visi e gli spazi. Immaginate di tornare a casa un giorno, addormentarvi e, al vostro risveglio, non riconoscere quello spazio come familiare. La mancata perpetuazione della memoria danneggia direttamente colui che è costretto a farne a meno, generando allo stesso tempo effetti concentrici su parenti e amici di questi individui.
Ho la fortuna di non avere casi di Morbo di Alzheimer in famiglia, non conosco da vicino questa malattia, dunque non posso conoscere fino in fondo di cosa sto parlando. Però ho anche la fortuna di essere un individuo molto curioso, che ama far domande a chi è in grado di dare risposte a quesiti che personalmente reputo importanti.
Come si convive con una malattia che rimuove costantemente parti di sé dalla propria testa? Come si fa a condurre una vita “normale” se i ricordi indelebili della nostra esistenza sono sempre minori?
In Olanda qualcuno ha pensato ad una risposta decisamente non convenzionale al progressivo avanzamento della malattia. L’aspetto principale da trattare, secondo i medici di Hogewey è la solitudine, non relegare ad una realtà che diventa sempre più stringenti gli ammalati. Per contrastare questo isolamento, il progetto Vivium ha creato un complesso di 23 unità abitative a Weesp, in Olanda, destinate a malati di Alzheimer. Gli ospiti del villaggio (privato, con un canone di 6000$ al mese) possono essere monitorati h24 da personale medico qualificato, che si prenderà cura di loro in un modo decisamente particolare: lasciando che gli abitanti conducano un esistenza normale: facendo spesa, pranzando fuori, compiendo quei piccoli gesti di cui sarebbero privati in altre circostanze.
Il personale medico è “camuffato” da personale di questi esercizi commerciali, recitando volta per volta ruoli diversi per restare sempre vicino a questi malati. Dando a queste persone l’illusione di portare avanti un’esistenza dove la consapevolezza della malattia possa (si spera) svanire nella reiterazione dei gesti quotidiani.
Funziona? A quanto pare si, i 152 pazienti sembrano trarre giovamento da questo contesto controllato, e i parenti stessi dei malati sono felici del trattamento riservato ai loro congiunti.
Mirko Tommasino
Mi chiamo Mirko Tommasino, ho 27 anni e da grande vorrei diventare una persona interessante. Mentre cerco il mio posto nel mondo: leggo, scrivo, osservo, fotografo, suono e progetto cose, non per forza in quest’ordine e non per forza separatamente