Eccoci qui, ancora una volta a parlare del mondo dei film d’animazione per adulti. Uno di quei film d’animazione davvero particolare, attesissimo, diverso da qualsiasi altro lungometraggio animato che si sia mai visto, che non ci aspetteremmo di trovare al cinema, che non ci aspetteremmo nemmeno che fosse scritto o girato, che non ci aspetteremmo, soprattutto, che venga nominato nella categoria dedicata all’animazione degli Academy. Anche se, beh, è successo, e non ce ne lamentiamo. Ci accontentiamo piuttosto, visto che il premio è andato prevedibilmente alla Pixar e tutti noi abbiamo perso una grande occasione che difficilmente si ripeterà.
Il 25 di febbraio è arrivato al cinema Anomalisa, film d’animazione in stop motion scritto da Charlie Kaufman che lo dirige in tandem con Duke Johnson. Un’anomalia nel vero senso della parola, da qualsiasi punto lo si osservi. Una creatura strana che striscia fuori da un ventre ancora più strano, da chimera, mezzo teatro, mezzo cinema, sperimentale fino all’osso ed oltre, nella sua quinta essenza, nelle più piccole particelle elementari che lo compongono. Godibile. Almeno per quelli che, allo storytelling ci tengono parecchio.
Michael è quel genere di uomo un po’ piccolo che ci assomiglia fin troppo, padre di famiglia, che ha un tale successo nel lavoro da essere considerato un guru nel campo dei servizi al cliente. Scrive un libro, gira gli Stati Uniti per diffondere il verbo durante quel genere di conferenze motivazionali che ciascuno di noi riterrebbe noiose. Michael è (probabilmente) anaffettivo, incapace di connettersi genuinamente dal punto di vista emotivo e relazionale con chiunque. Omologa tutto il genere umano, che ai suoi occhi e alle sue orecchie si esprime sempre attraverso la stessa voce. Letteralmente.
Una notte in un albergo di Cincinnati, in attesa di partecipare come relatore ad una convention, lo spinge ad incontrare una vecchia fiamma, per scaldarsi di nuovo. Per capirsi, ripercorrendo gli errori fatti e magari nel frattempo farne di nuovi. Ma è solo grazie all’incontro con Lisa, l’insicura Lisa, un’anomalia del sistema almeno quanto lui, che parla con una voce dal suono diverso, che Michael crede di poter recuperare il suo equilibrio, in un mondo dove gli unici ad essere speciali sarebbero loro due. Il finale è amaro. Come potrebbe non esserlo?
Questo gioiello dell’animazione nasce dopo una lunga gestazione, poco più di dieci anni, iniziata, com’è giusto che sia, con un esperimento. Con un’intuizione condivisa.
Nel 2005 va in scena Theatre of the new ear, tre pieces sonore molto vicine al dramma radiofonico, due scritte da Kaufman (Anomalisa viene firmata con lo pseudonimo di Francis Fregoli) e una dai fratelli Coen, musicate tutte quante dal vivo da Carter Burwell, ideatore del progetto. Gli attori, tutti di titanica grandezza (da Maryl Streep al compianto Seymour Hoffman, passando per Peter Dinklage) recitano senza costumi o trucco, senza scenografia, semplicemente seduti su degli sgabelli davanti ad un microfono ad asta. Messe in scena per un pubblico poco numeroso e fortunato, sono basate sul suono in ogni sua declinazione, non corteggiano la vista dello spettatore. Sui manifesti viene esplicitamente scritto: lasciate i vostri occhi a casa.
Anomalisa va in scena interpretato da Jennifer Jason Leigh (Lisa), David Thewils (Michael), e Tom Noonan (tutti gli altri personaggi), a Kaufman viene suggerito di riportare la sua storia sul grande schermo, in stop motion. Così, nel 2012 parte una campagna su Kickstarter per raccogliere i finanziamenti necessari ad un progetto complesso, lungo e sentito.
Le problematiche legate alla trasposizione cinematografica toccano ogni aspetto produttivo, dalla ristesura della sceneggiatura che in questo caso deve tenere conto della dimensione visiva, alla scarsità di denaro che obbliga il team a trovare soluzioni creative al continuo ricambio di animatori che non possono essere scritturati a lungo termine.
La scelta di utilizzare l’animazione si potrebbe considerare coraggiosa, soprattutto quando le dinamiche tra i personaggi sono per la maggior parte dei casi interiori e passano attraverso una vastissima gamma di minime espressioni facciali, ma forse anche l’unica possibile per un racconto dai significati stratificati e soggettivi che si piegano volentieri all’interpretazione dello spettatore. Sicuramente questo mondo in miniatura ci permette di prenderci le misure in uno spazio intimo e vedere le debolezze e i disagi degli altri e di noi stessi da una nuova prospettiva. Ci aiuta a razionalizzare una vita poco soddisfacente, o meglio, davvero troppo diversa da quello che ci saremmo immaginati, o aspettati. Che almeno ci saremmo augurati per noi stessi.
I gradi della nostra immedesimazione con Michael possono essere i più svariati, ma una sensazione di base rimane e se ne sta sul fondo del bicchiere, sapete che è lì, ma dovete infilarci il dito dentro e tirarla fuori per vederla bene. Quell’incertezza percettiva che lo pseudonimo adottato da Kaufman per la prima versione di Anomalisa suggerisce, richiamando Fregoli e la sindrome che da lui prende il nome, riferita al raro disturbo mentale che spinge un individuo a vedere le persone sconosciute come persone conosciute sotto mentite spoglie.
Vi siete mai fermati a riflettere se esista una percezione comune del reale e se magari proprio la vostra sia quella corretta oppure quella completamente sbagliata? In quale modo vediamo il mondo? Domanda che allontana la questione di come il mondo vede noi, mettendo anzi tutto il genere umano al centro del nostro studio. Attento. Ma anche annoiato, insofferente. Per quanto un formicaio sia interessante, rimane ancorato ad una sfera separata dalla nostra, e senza presunzione, inferiore.
Anomalisa gioca ad indovinare quello che ci passa per la testa e ci prende ancora più in giro, obbligandoci a riconoscere la nostra sfaccettata umanità, frastagliata come uno scoglio, in qualcuno che umano non è.
Beatrice Lombardi
Laureanda presso il CITEM di Bologna è nata 26 anni fa dal tubo catodico. Dopo anni di amore e odio con mamma Televisione e papà Cinema ha deciso di percorrere nuove strade ed è scappata con il Web.