Alle elementari ero un campione di geografia, o perlomeno mi piace pensarlo. Era una materia che mi affascinava moltissimo e non soltanto perché bastava dire che una regione esportasse barbabietola da zucchero per dare l’impressione di aver ripassato qualcosa. Com’è fatto il mondo? Le montagne in marrone, le colline in giallo, le pianure in verde e il mare in blu. Semplice, no? E che dire degli elenchi delle capitali? Europee prima e mondiali poi: ci si interrogava a raffica e si sfruttava al massimo la memoria, quelle erano cose utili, mica le poesie di Leopardi?!
Mappe e atlanti mi ipnotizzavano come solo i videogiochi avrebbero saputo fare pochi anni più tardi, solo che le prime continuano ad incantarmi ancora oggi: sarà per l’aspetto legato al viaggio immaginario o reale che sia, sarà per la bellezza stilistica di tutte le mappe che in fondo sono per forza di cose così peculiari e così diverse tra di loro. Forme strane, luoghi sconosciuti e nomi impronunciabili s’intrecciano.
Oggi facciamo tutti i fighi a dire Reykjavík, ma tempo addietro c’erano soltanto lingue che si bloccavano o che rinunciavano in partenza, siate onesti!
Scordatevi il vecchio planisfero con tanto di bandierine in corridoio, oggi si va nel particolare parlando di singole città e quest’ultime si mettono a nudo solo grazie ad una cosa: la metropolitana.
La sua mappa, racchiudendo i luoghi più importanti e lasciando qualche elemento legato alla geografia del posto, raggiunge la perfezione stilistica con quella nota di design legata ai colori sgargianti e alle linee articolate come serpenti. Ecco, ho detto la parola magica, oggi parliamo anche di design.
L’architetto e artista Constant Nieuwenhuys aveva immaginato nel 1959 un prototipo di città senza confini in una teoria che è rimasta solo sulla carta. Nella città ideale New Babylon l’uomo, liberato dall’automatizzazione del lavoro, scopre una vita in perenne viaggio attraverso le regioni della Terra, sempre in cerca di nuovi stimoli ed esperienze. Che meraviglia utopica, no? Un’eredità che oggi è stata ripresa: il collettivo newyorkese ArtCodeData ha infatti riproposto questo concetto visivo espandendolo.
La mobilità degli essere umani diventa un gioco di Lego con ben 214 metropolitane collegate tra loro, 791 linee mai in ritardo perché solo disegnate. Totale: 11.924 stazioni, tra cui quasi sicuramente anche la vostra.
Il prodotto finale è un’immensa mappa immaginaria che collega il mondo (The World Metro Map, appunto): i 5 continenti con le loro arterie principali e noi dentro che facciamo da globuli rossi – citazione da devoto fan di “Siamo fatti così” -.
Chissà quante linee bisognerà prendere per arrivare da Time Square ad Anagnina, no? La mappa meritevole di cornice – perché se l’adolescenza è finita da un pezzo, dici no al poster con il nastro adesivo – è ancora disponibile su Kickstarter in vari formati e supporti.
Il progetto ha raccolto ben oltre la cifra sperata. A quanto pare non solo l’unico dinosauro che deve eliminare il planisfero in cucina.
Eugenio Caterino
Nato a Napoli, laureato a Roma, scappato a Berlino dove conduce una vita che ha imparato a pedalare da sola. Da bambino, le caldi e noiose estati in casa lo mettono davanti a un bivio: le repliche di Italia1 o la storia del cinema, la fotografia e l'arte. Superquark addicted, quando ha dei problemi pensa a quanto essi siano insignificanti in relazione alla grandezza dell'universo.