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A colpi di luce 3.0: Lorenzo Serafini Boni

A colpi di luce 3.0: Lorenzo Serafini Boni


Lorenzo Serafini Boni

Ciao Lorenzo, la prima cosa che ti chiedo è di parlare di te attraverso due scatti: fotografa ciò che hai in tasca e dove ti trovi adesso, raccontaci se (e perché) rappresenta il posto in cui vorresti essere.
In tasca c’e solo uno scontrino, una ricevuta di un berretto che ho comprato un paio di giorni fa, in un negozio di “suppellettili“ per il freddo nella downtown di Montréal.
Il mio piccolo studio ha una bianca cornice di neve e freddo secco e pungente tipico del clima artico. Ho 28 anni e 17 giorni e sono in Canada.
Non conosco un posto in cui vorrei stabilmente stare, così come uno dove vorrei andare con certezza più di altri. Cercando di non essere troppo allusivo affronto la noia di vivere prendendo la vita come fosse un viaggio (ci sono molte cose che ho lasciato).

Metto continuamente like alle tue foto in Canada, una domanda indiscreta: ma che ci fai lì?
Sono di passaggio, starò per l’inverno in Quebec, nel Canada che guarda l’Oceano Atlantico, ho in mente qualcosa ma non ci sono ancora arrivato.

Ho letto su di te che sei molto autocritico e rigido con te stesso nella produzione di materiale fotografico, l’hai detto qualche anno fa, volevo sapere se sei ancora così e ad oggi come è cambiato il tuo concetto di fotografia da allora?

Come ieri produrre è disegnare qualcosa che abbiamo in mente con un’azione immediata, condividere contenuti utilizzando un mezzo espressivo molto bistrattato.
Rimane tutt’ora il miglior esercizio che conosca per non smettere di osservare.
Spesso la fotografia è solo esibizione esteriore, magari facile e piacevole. deve essere in grado di far riflettere piuttosto che far piacere, scolpire piuttosto che colpire.
ci sono altre strade che dobbiamo percorrere che non necessariamente devono guardare solo avanti. il lavoro artistico è quello di lasciare prove, come fossero mappe, di esperienza reale, aperta al pubblico: educarci per educare, senza stravolgere nulla, innovare piuttosto.
la rivoluzione è roba vecchia, solo nell’evoluzione possiamo trovare salvezza.

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Cos’è per te una foto ‘vuota’?
non voglio creare stupore costruendo un mostro artificiale.
Se abbiamo 10 oggetti intorno, ne vediamo 2, io cerco di guardare il terzo, non di portare l’undicesimo.
Luci, linee e pensieri non devono uscire dal lavoro ventiquattro ore su ventiquattro di documentare ciò che vedo e che sento componendo un itinerario per immagini. Cerco di trarre ispirazioni dalla natura, e dalle esperienze incredibili che offre la vita di tutti i giorni e dall’amore chiaramente; credo davvero nell’amore. Senza lo stimolo costante di qualcosa che ci affascina, spesso le cose rischiano di diventare sterili. Non possono bastare una serie di apprezzamenti e logori commenti di ammirazione da parte degli altri, l’ispirazione è insita in noi e nel nostro modo di affrontare la quotidianità.

Come passi il tuo tempo libero, intendo quello mentre non stai scattando foto?
Mi piace l’aria aperta e l’avventura, ma cedo volentieri (e spesso) alla bella vita come mangiare e bere bene. Tempo fa scrivevo anche molto, un pò di tutto.

L’esperienza più bella che hai fatto grazie alla fotografia?
Ce ne sono state tante, per quanto non ne abbia mai cercate troppo con intenzionalità:
ricordo i giorni in Islanda, una giornata imprevedibile agli Elevator Studios di Liverpool, giornate di brezza di mare a osservare i surfisti o le trasferte in montagna, sognando lo snowboard. Le risate e i bicchieri di vino rosso ai matrimoni, Claudio Bisio e le belle chiacchierate di fotografia sulla terrazza con il Jameson sotto il braccio o il Dogajolo, aperto con una scarpa perche ci eravamo dimenticati il cavatappi.
Out of your league.

Se dovessi partire per un viaggio oggi, cosa porteresti nel tuo zaino e cosa lasceresti a casa?
Il mio zaino è sempre pronto. Con me sempre un paio di occhiali e non troppe cose. A casa lascio le cose più pesanti, come dice Mr.Bingham (interpretato da Clooney) in “Up in the air”.

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Un sogno ricorrente, uno irrealizzabile e uno espresso. Raccontaceli.
Sto attualmente cercando di rendere realtà un progetto nato quasi per caso. Si tratta di un’idea per un lavoro ma è ambiziosa e necessita l’aiuto di altre persone. Ci sto lavorando. Occupa gran parte dei miei “sogni ricorrenti: …” mi piacerebbe dire di non avere sogni irrealizzabili. Vorrei sempre essere in salute.

Ho chiesto per un anno, a tutti I fotografi, quali fossero I loro progetti futuri, ho deciso di cambiare e chiederti, cosa vuoi fare oggi e cosa farai veramente?
Oggi nevica bene, ho già fatto colazione da un paio di ore. Ho dedicato un pò di tempo a scrivervi: l’Italia sembra meno lontana (anche se ho controllato e ci sono quasi 30° gradi di differenza tra noi).
Mi aspetta un tranquillo pomeriggio in centro a Montréal, un’ora circa di palestra nella “centre-ville“ e stasera faremo un po’ di ritratti per un Open-Mic (una jam session) nel quartiere di Leonard Cohen. Hallelujah.
Cosa farò davvero te lo dico domani.

Intervista conclusa, prima però, consigliami un film, un libro, un disco e un fotografo.
“Man on the moon”, del 1999 con Jim Carrey
“family happiness” di Tolstoy
“ongiara” un disco del 2007 dei Great Lake Swimmers
e vi consiglio pure l’amico mio, il Walter Valentini dell’Incisa nel Valdarno, gran classe.

Ringrazio Lorenzo Serafini Boni per la sua disponibilità, potete seguire qui le sue foto: http://lorenzoserafiniboni.tumblr.com/

 

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Giuliana Massaro

Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.

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