In Italia costruire è difficile. Non tanto per l’aspetto economico, che certo, pesa quanto un macigno, ma più che altro per ciò che concerne la burocrazia.
Serve attenersi ai parametri di fabbricabilità (che sarebbe anche giusto, se solo l’amico del sindaco non costruisse dieci villette a schiera in 2000 metri quadrati), serve rispettare i vincoli paesaggistici (che sarebbe anche giusto, se solo l’amico del consigliere comunale non costruisse la sua casa in riva al lago), verificare il Regolamento edilizio comunale, rispettare la distanza dalla strada, dagli altri edifici, i vincoli della Soprintendenza alle Belle Arti, le altezze massime raggiungibili dal fabbricato, e una serie di altre norme tecniche con il quale preferisco non annoiarvi, ma che se fossero rispettate da tutti (e sottolineo con un grosso pennarello “cicciotto”, tutti) garantirebbero città sicuramente più vivibili e intelligenti.
Con un po’ meno difficoltà, (ma non dico che sia semplice), in Italia, quello che riesce meglio in questo periodo è sicuramente ristrutturare.
Nelle grandi città, molte vecchie fabbriche e laboratori artigianali (chiusi anche per via della crisi) sono stati convertiti in splendide attività commerciali o loft in stile industrial, da fortunati magnati che hanno deciso di investire in locali decadenti e fatiscenti ristrutturati con tutti i crismi del caso.
Nelle campagne e nei paesi più piccoli, ristrutturare diventa ancora più interessante e divertente, grazie all’enorme tipologia di fabbricati, abbandonati o lasciati in eredità da nonni, bisnonni o prozii fuggiti dall’altra parte del mondo.
Quella fatta da Alex Nielsen e Liz Walsh (entrambi addetti ai lavori, visto che hanno studiato Progettazione Ambientale e Architettura) è proprio la ristrutturazione di un vecchio fienile a Hobart (Tasmania) trasformata in maniera attenta e coerente nella loro casa.
Un edificio targato 1829, di appena 9×5 metri realizzato con tecniche e materiali locali relativamente antiche e in condizioni strutturali tutto sommato buone, che ha permesso ai due progettisti di concentrarsi più sull’aspetto estetico e funzionale.
Molti elementi “vecchi” sono stati tenuti e trasformati, come la mangiatoia dei cavalli diventata un lavatoio per il bagno, o i vecchi travetti lasciati a vista.
Nei 62mq della casa, divisi in due livelli, trovano spazio un soggiorno, una sala da pranzo, bagno e angolo con letto di riserva al piano terra, mentre una camera da letto con zona studio al piano superiore. A livello volumetrico, i due progettisti, hanno giocato molto con spazi bassi (ingresso e zona pranzo) e doppie altezze ( il salotto), donando dinamicità spaziale, nonostante una metratura relativamente ridotta.
Sul tetto in legno (lasciato a vista), compare un lucerario che oltre a diffondere la luce, offre una buona vista sul quartiere.
In definitiva, l’ennesima dimostrazione di come un anomalo e alquanto inusuale edificio, possa (ri)trovare una sua collocazione urbanistica e architettonica attraverso una buona progettazione.
Alessandro Rossi
Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.