Come regalo di promozione agli esami di terza media, mio padre (che negli anni ’80 fu un audiofilo/deejay) mi comprò dei giradischi, preso com’ero anche io dalla smania di voler fare il deejay in un’epoca (davvero stiamo parlando di epoca? Sto invecchiando così tanto?) in cui i cdj -che per i non addetti, altro non sono che giradischi che funzionano a cd- sembravano fantascienza, gli mp3 erano solo per chi aveva una connessione ad internet ed ovviamente la banda larga non era nei pensieri di noi comuni mortali ( ma lo storico rumore elettronico del 56k che scaldava le luci per entrare in rete, quello si, me lo ricordo benissimo).
Da lì, fu un susseguirsi di paghette spese in dischi, pomeriggi passati nei negozi a scegliere, ascoltare, con oculatezza certo, perchè i soldi erano pochi e dovevo decidere se portare a casa quel vinile o l’altro.
Passarono pochi anni, i negozi di dischi della mia città chiusero. “I dischi non si vendono più”, dicevano. “Con quello che costano”, pensavo e in giro era tutto un fermento di tracce digitali, programmi per il computer, masterizzatori e convertitori mp3 che di fatto sancirono la fine dei vinili, come fenomeno di massa.
Poi arrivarono gli hipster. E tutto tornò (pellicole e polaroid comprese), ma questo è un altro discorso.
Nel mondo, (e in una piccola parte d’Italia) c’è chi i vinili li produce ancora, per appassionati, nostalgici cronici, fedelissimi, hipster (appunto) e modaioli che amano fare gli anticonformisti e godersi lo scricchiolio e il suono caldo e imperfetto della musica. Che poi, dicono, sia quello, il vero suono.
Com’è fatto un vinile? Perchè costa così tanto? Quanto lavoro c’è dietro? Quanto ci vuole per realizzarne uno? E 10? 100? Come vengono stampate le etichette? E l’incisione vera e propria come avviene? Come vanno preparate le tracce durante il mastering?
A queste (e a molte altre) domande, la storica casa londinese The Vinyl Factory, attiva dal 2001 con collaborazioni del calibro dei Massiva attack, The XX e Burial, ha provato a rispondere con una splendida infografica (commissionata al graphic designer Jonathan Chadwick), supportata da un altrettanto splendido reportage fotografico realizzato orgogliosamente da chi, ha recentemente acquistato l’unica fabbrica mobile di vinili, e che mostra in maniera incredibilmente chiara, il faticoso lavoro artigianale che sta dietro la realizzazione di un disco.
Alessandro Rossi
Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.