A colpi di luce 3.0: Stella Bonasoni


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Ciao Stella, parlaci di te attraverso due scatti: fotografa ciò che hai in tasca e dove ti trovi adesso, raccontaci se (e perché) rappresenta il posto in cui vorresti essere.
In tasca non ho mai nulla: se non è nella mia testa, è nella mia borsa.
Ci troviamo nel mio studio. Avendolo sistemato come desideravo, risponde perfettamente ai miei bisogni di lavoro e distrazione: essenziale e funzionale, una scrivania enorme con tanto spazio da riempire con pc, monitor, di tazze di tè e scoperte del giorno, una immancabile stampa autocelebrativa che mi ricorda che non sono poi così male come fotografa. E un angolo per il mio gatto Anubi, quando vuole farmi da assistente. Quindi ho pensato di omaggiarti di una sua foto, piuttosto del vuoto cosmico delle mie tasche, Se potessi prendere questa stanza e metterla in un palazzo di Meguro a Tokyo, sarei indubbiamente nel posto in cui vorrei essere, anche quando esco.

Hai mai pensato ad un lavoro diverso da quello di fotografa? Se dovessi cambiare cosa faresti e perchè?
Prima di arrivare alla fotografia ho pensato a mille cose -anche perché sono finita a fotografare pochi anni fa mentre facevo tutt’altro-. Dopo tante scelte fatte perché “bisognava scegliere”, la fotografia è stata l’approdo sull’isola: l’unico ambito che mi ha fatto sentire appagata in ogni senso e che non mi fa sentire il bisogno di cercare qualcosa di nuovo per sentirmi stimolata. Quindi non penso minimamente di dover (o poter) cambiare.

Racconta episodio che ha in qualche modo segnato il tuo avvicinamento o la tua visione fotografica.
Quello che mi ha fatto prendere in mano una macchina fotografica facendomi pensare a cosa dovevo fare per ottenere un determinato risultato, piuttosto che scattare a caso per ricordo, è stato vedere tutte quelle immagini all’insegna del bokeh sui primi food blog. Notare che si potevano mantenere nitidi solo certi elementi desiderati mi ha portata a voler tentare e sperimentare quanto più potessi per ottenere risultati per me del tutto nuovi. L’idea dell’accennare e di instradare la visione a priori secondo la mia scelta continua ad accompagnarmi.
Il secondo passo è stato lasciarmi profondamente affascinare dall’eleganza, dalla cura e dalla raffinatezza di Paolo Roversi e Horst P Horst.

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Fotografia di moda, spiegaci cos’è per te la fotografia e cosa la moda, cosa pensi del rapporto tra queste due arti?
Per me la fotografia è l’arte che permette di creare mondi e raccontare storie di cui sarà il fruitore a scegliere le parole. Una fotografia è un mondo in cui si entra in un istante -mentre, per esempio, un libro ti accompagna e crea la propria struttura portante lentamente- in cui, come in un sogno, tutto è già predisposto, tutto è autosufficiente e con la propria logica. Solo dopo averci passato un po’ di tempo all’intero, si potrà cominciare a parlarne, a intuire cosa rendeva le cose possibili in quel luogo e in quel momento, a chiedersi cosa creava la magia.
Vedo, poi, la moda come espressione, come rappresentazione di idee e pensieri attraverso l’accostamento e la realizzazione di prodotti di immediata fruibilità. E’ un elemento integrante della civiltà che utilizza i più vari sistemi espressivi, ed è nella sua propria natura essere periodico, quindi ingrado di offrire numerosissimi nuovi possibili modelli di comportamento tra cui scegliere e da cui prendere spunto.
Tra tutte le “branche” della fotografia, ho trovato che quella di moda rispondesse più di tutte le altre al mio desiderio fotografico creativo, dandomi la possibilità di realizzare diverse visioni ma partendo da elementi fortemente e innegabilmente ancorati al vivere quotidiano. Non essendo io in grado di creare qualcosa dal nulla, la contingenza creativa della moda è il punto di partenza perfetto per la mia fotografia.

Quando scatti fotografie com’è il tuo stato d’animo? A cosa pensi?
Uno dei pochi momenti in cui non penso (e io penso davvero troppo!) è quando fotografo. Scattare fotografie è come una sorta di ritiro interiore per me. Mettere in silenzio la mente mi permette di essere più ricettiva in tutti i sensi, recuperare immagini e storie che un pensiero compiuto e organizzato non credo mi permetterebbe di fare così liberamente.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Quali sogni nel cassetto ancora da realizzare?
Ho intenzione di lavorare tanto per consolidarmi e crescere come professionista e come artista. Non ho un piano specifico, perché mi piace considerare tutto quello che incrocia il mio cammino.
Per quanto riguarda i sogni nel cassetto, i miei hanno una sorprendente capacità di spuntare come funghi -quindi sto pensando di passare dal cassetto al comò-. Forse perché mi sento sempre di avere realizzato meno di quanto vorrei. Se dovessi aprire questo famoso cassetto e prendere i primi due, non ho dubbi che sarebbero realizzare un servizio per Numéro e vivere almeno per un po’ a Tokyo.

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Moda, arte, fotografia, infine non si non parlare di bellezza, che intendi tu per “bellezza”? Esiste questo concetto o c’è dell’altro per te?
Il mio concetto di bellezza rimanda completamente all’armonia. Sono attratta irresistibilmente dall’armonia ed è ciò voglio ricreare quando rappresento qualcosa attraverso le mie foto. Sono per la grazia profonda, l’allusività, il suggerimento e la moderazione.
Basta guardarsi intorno per vedere che non è un’idea condivisa da tutti. Così come io non riesco proprio a considerare l’arte fiamminga “bella” secondo il mio punto di vista, c’è chi non vede alcuna bellezza nell’arte simbolista. Se dovessi pensare a cosa sia la bellezza in senso generale, direi che si tratta di un insieme di fattori -estetici, culturali, psicologici- in grado di suscitare una reazione di piacevolezza, appagamento e desiderio nell’osservatore. Lo considero un concetto assolutamente soggettivo, per quanto si possano allo stesso tempo trovare dei denominatori condivisi da tantissime persone.
Non sono un granché a parlare di massimi sistemi, ma credo di poter dire che il mio concetto di bellezza è molto vasto e compenetrato di elementi psicologici e sociologici non indifferenti.

Cosa pensi della figura femminile nella fotografia e nella fotografia di moda? Ci spieghi perchè si sceglie di non rispecchiare molto la realtà?
Come ho detto, la moda, attraverso il mezzo fotografico, crea storie, crea immaginari, nonché desideri e aspirazioni. Una campagna o un editoriale non sono un reportage per uno o più brand, ma la rappresentazione per immagini di svariate idee e pensieri. La figura femminile della moda è per me un veicolo, che solo secondariamente può diventare un modello a cui ispirarsi (e non da ricalcare); prima di tutto è uno dei pilastri della rappresentazione, una delle parti di quell’armonia che andrà a creare il mondo completo dell’immagine finale. Abbandoniamo per un attimo tutta la poesia che ho fatto fino a qui: alla fine è anche -e soprattuto- marketing ciò che sottende alla creazione di un lavoro. Come mai il sofficino della pubblicità non rispecchia quello della realtà?

Intervista conclusa, per ultimo, consigliaci un film, un libro, un fotografo e un album.
Film: Memento
Libro: Tre Camere a Manhattan – Georges Simenon
Fotografo: Anton Giulio Bragaglia
Album: Divenire – Ludovico Einaudi

 

Ringraziamo Stella Bonasoni per la sua disponibilità, qui il link al suo sito: http://www.stellabonasoni.it/

 

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Giuliana Massaro

Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.

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