Ciao Francesco, parlaci di te attraverso due scatti: fotografa ciò che hai in tasca e dove ti trovi adesso, raccontaci se (e perché) rappresenta il posto in cui vorresti essere.
sono in camera mia. Amo così tanto questo posto tanto quanto lo odio. Lo amo perchè è il luogo dove mi guardo negli occhi osservando una foto mia di quando ero bambino e mi commuovo chiedendomi se dovrei sentirmi in colpa verso di lui o dovrei invece sentirmi fiero. Lo odio perchè in quella camera ci ho pianto troppo. Non è il posto in cui vorrei essere perchè considero questa casa come la casa di una parte di me soltanto. La parte codarda, debole, impaurita della mia persona.
Non avendo notizie generali su di te penso che ti chiederò in ordine: chi è davvero Francesco, quanti anni ha, cosa fa nella vita, dove vive.
Ho 22 anni, a giugno ne farò 23. Un anno e mezzo fa ho aperto una Partita iva e ho cominciato a lavorare in qualità di grafico, fotografo e web designer. E’ probabile che ad aprile proverò un po’ di test per l’università; mi sono accorto che ciò che mi interessa di più è studiare, imparare, conoscere. A Rovereto, il luogo in cui vivo, non ci sono molte opportunità di lavoro e a causa di una brutta esperienza passata, che ha coinvolto me e la mia famiglia dal punto di vista economico, sento che il soldo mi sta privando dell’ anima. E’ per questo che sento di aver bisogno di cambiare. Mi sento in gabbia e sono sicuro che solo la conoscenza mi renderà libero.
Racconta l’episodio che ha in qualche modo segnato il tuo avvicinamento o la tua visione fotografica.
Tra i 17 e i 18 anni ero insicurissimo. Mi sentivo inutile e senza significato. Mi sentivo diverso dagli altri ragazzi della mia città e non abitando in una città molto grande non ho mai avuto l’ occasione di incontrare persone con i miei stessi stili di vita. Mi sentivo solo. Mi sentivo diverso. In qualsiasi cosa facessi, in qualsiasi cosa sentissi. Cominciai a fotografare me stesso in diverse situazioni cercando di dare colori diversi rispetto alla realtà. Usavo la fotografia per apparire diverso rispetto alla massa. La cosa curiosa era data dal fatto che io non decisi di usare la fotografia per farmi accettare dagli altri. Ero totalmente convinto che non avrei mai trovato nessun altro come me e mi ero messo l’ anima in pace, se bisogna dirla così. Cominciai a fotografare perché ero stupito da come il mondo non si accorgesse del mio dolore interiore.
Le tue foto sono dei racconti di viaggio, spesso raccontano di solitudine, altre volte invece ritrai i tuoi amici, questo è il tuo stile, il tuo modo di fare fotografia. Cosa senti quando sei in viaggio e ti fermi a scattare? Come nasce in te questo bisogno di ricordare? È di ricordare che hai veramente bisogno o c’è dell’atro?
Ci sono delle volte in cui esistono frammenti di tempo che racchiudono magia quasi fiabesca . Quei piccoli pezzettini di vita, quegli attimi, quei momenti che si manifestano spesso ma sono sempre molto difficili da notare. La difficoltà non sta nel riuscire a vederli tramite gli occhi, ma tramite il cuore. Noi esseri umani dell’ età moderna siamo ormai troppo abituati a pensare che i veri “traguardi “ sono quelli che si manifestano 4 o 5 volte nella vita. Questo perché le convenzioni sociali, politiche ed economiche hanno quasi costretto la nostra anima a credere che sia veramente così. Penso che il mondo di oggi concentri la sua attenzione sul risultato e non sull’ “operazione”. Chi vive secondo questa concezione, pone la sua esistenza su una scala determinata dal mondo e vive i suoi giorni gareggiando e confrontandosi continuamente con l’ idea di “come deve essere una vita”. Con questo non voglio discriminare le persone più sfortunate di me. So perfettamente che a loro questo tipo di discorso forse non andrebbe giù, credo mi risponderebbero “ che ci vuoi fare? Se non gareggio muoio”. Io credo li capirei. So cosa vuol dire essere in difficoltà, so cosa vuol dire essere un umano. Significa essere debole. Significa piangere. Significa essere organismi che un giorno aprono gli occhi e cominciano a vivere, chiedendosi dall’ inizio fino alle fine del “perché” di tutto ( E il primo sono io). Tutto questo mattone per affermare che il livello di umiltà dell’ essere umano” standard” si è abbassato e si sta abbassando. Tutti cercano qualcosa di più. Non ci accontentiamo mai, appunto perché siamo in gara. Con umiltà intendo quella capacità di rendersi conto di cosa si sta vivendo, di cosa si ha e di cosa si vuole veramente. Se ci sforzassimo di essere più umili verso la vita ci potremmo accorgere di quanto è meravigliosa e magica in ogni momento. Ed è questo che sento quando mi fermo a fotografare. Quel minuto dove si è tutti intorno ad un falò, con la testa alta verso le nuvole, dopo un mese di esami, di andate e ritorni in treno, di lavoro , bollette e ansie. Dove sei li che guardi un tramonto, fumi una sigaretta e guardi negli occhi un tuo amico chiedendoti se del futuro abbia più o meno paura di te. Per me quelli sono i veri traguardi. Quelli dove ti accorgi di cosa vuol dire vivere la vita, nelle piccole e nelle grandi cose. Quelli dove ti accorgi di quanto è bello accorgersene. I momenti nei quali ti rendi conto di quanto sei fortunato ad avere due gambe con cui correre, e di quanto sei fortunato ad avere un amico con il quale poter esprimere le più grandi paure. Salire su una montagna, guardare giù, guardare su e dire, “vivo la vita e posso viverla”. Ovviamente questo è un ragionamento personale e le fotografie rappresentano i miei momenti di serenità, dove mi accorgo di quanto è bella la vita anche se piena di pericoli e di dolori. Ma con le mie fotografie cerco in tutti i modi di spingere le persone ad accorgersi delle piccole cose che insieme costituiscono la sua vita, diversa da tutte le altre. Quei momenti dove senti la vita come un qualcosa che possiedi e che devi proteggere, come se fosse un libro che racconta di te. Unico, raro e prezioso del quale tu sei l’ autore. Tramite la fotografia voglio quindi ricordarmi di quegli attimi semplici e perfetti per non smettere mai di innamorarmi della mia stessa vita e nello stesso momento voglio ricordare alle altre persone che esse possono trovare il motivo per amarla. Io credo che ci sia per tutti, o almeno quasi.
Il tuo lavoro mi ricorda i fotografi theo Gosselin, Myke Brodie e Ryan Mcginley, super mostri della fotografia, per questi tuoi scatti “on the road” da cosa ti lasci ispirare?
Hayao Miyazaki ha incentivato la mia voglia di scorgere la magia in qualsiasi momento della mia vita. Con le sue storie mi ha sempre aiutato a vivere la vita come se fosse raccontata da uno dei suoi film. Oltre all’ influenza cinematografica vi è quella poetica di Montale Pascoli e quella dei romanzi di Ken follett e di Gregory David Roberts.
Ho letto da qualche parte che dopo aver scattato una foto al fuoco spento ti sei seduto a guardarlo e ti sei chiesto se eri contento di te, che risposta c’è stata?
Ho risposto “no”. Ma mi sono anche detto “fidati di te”.
Quali sono i tuoi progetti futuri? come ti vedi fra 10 anni? Hai qualche sogno nel cassetto da realizzare?
Ho in progetto un “on the road” in Italia sul quale spero di realizzare un film o un cortometraggio; non sarà un semplice “on the road” non si vedranno i classici ragazzi nudi che bevono birra e fumano sigarette, sdraiati sul tetto di un van. Ho in mente di raccontare, come se fosse uno di quei film di Miyazaki. Ho un’ eternità di sogni nel cassetto ma procedo con calma cercando di realizzarne uno per volta. Tra dieci anni non so né come né dove sarò. Spero con un figlio piccolo in riva al mare o in un bosco.
Se dovessi scegliere tu una domanda che puntualmente non ti fanno mai, cosa chiederesti a te stesso?
Leggo la domanda come se fosse una cosa del tipo “te fotografi anche per te?” Dovrei mettermi a scrivere due ore di fila per rispondere a questa domanda. Sia per il “quante cose avrei da dire” e sia per la difficoltà nell’ esprimerle, ma voglio limitarmi a dire questo: amo le mie fotografie. Le ricordo tutte. Ma non quell’ “attimo” soltanto. Mi ricordo la temperatura del luogo in cui ero. Mi ricordo ogni singolo colore presente nella scena. Mi ricordo se avevo fame o no. Questo perchè mi costringo a ricordare e ad amare quei momenti di armonia. Quei momenti dove tutto è bello. Dove ti senti il dovere di dire “grazie” verso ciò che vivi. Quell’ umiltà di cui parlavo prima. Nel mio caso questi “momenti” sono semplici e banali e sono contento e fiero di me per questo. Perchè mi basta poco per strappare un sorriso vero di fronte alla vita. Continuo a fotografare per autoraccontarmi la mia storia. Sia nel presente che nel futuro. Voglio provare a me stesso che la mia vita può essere affascinante e meravigliosa come i film di Miyazaki. Voglio arrivare a 70 anni con un hard disk e guardarmele tutte. Voglio assaporare quel momento di felicità celeste. Voglio commuovermi e indipendentemente da qualsiasi condizione fisica, psichica, sociale, economica, familiare, sentimentale in cui io mi trovi, voglio ancora una volta ringraziare di tutto ciò che ho vissuto fino a quel momento. Ho bisogno di queste foto. Perchè quelle foto sono “quei dettagli di cui a volte mi accorgo”. Sono i miei piccoli pilastri su cui sto. Sono i valori per cui mi batto. Sono io.
Ultima richiesta: ci consigli un disco, un film e un pittore preferito?
Disco: Ratatat, dei Ratatat. Film: Cast away from the moon. Pittore: Matisse e Gericault.
Ringraziamo Francesco Frizzera per la sua disponibilità, qui il link al suo sito: http://francis-flower.tumblr.com/
Giuliana Massaro
Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.