Even a Doll Can Do It è il titolo della seconda personale di Kazuki Takamatsu alla Dorothy Circus Gallery che vi avevo segnalato qualche settimana fa e ovviamente non mi sono lasciata sfuggire l’occasione di partecipare all’inaugurazione avvenuta lo scorso sabato nello splendido scenario di velluto rosso della galleria romana. Nato nel 1978, Kazuki Takamatsu è un artista formidabile, ama combinare la tecnica Gouache e quella definita Depth Mapping contemporaneamente, creando un’illusione ottica davvero emozionante. Sono riuscita ad intervistarlo a pochi minuti dall’apertura della mostra, mentre gli organizzatori si preparavano ad accogliere gli invitati che già suonavano alla porta, curiosi come me di conoscere questo artista giapponese straordinario e davvero molto simpatico. Inoltre, durante l’inaugurazione è stata presentata la prima monografia dedicata alla sua arte, curata dalla Dorothy Circus Gallery e pubblicata dalla casa editrice Drago Publishing. Se potete leggere le righe che seguono è grazie all’aiuto di Davide Bitti, il quale ha fatto da traduttore durante l’intervista. Buona lettura!
Even a Doll Can Do It è il titolo di questa tua nuova mostra presso la Dorothy Circus Gallery che si inaugura oggi. Perché hai scelto questo titolo?
In Giappone su internet molte persone, sia ragazze che ragazzi, utilizzano come avatar personaggi femminili appartenenti al mondo manga, anime e a quello delle bambole. E dietro questi personaggi si nasconde una grande sofferenza e ciò che le mie opere vogliono mostrare è che da quella sofferenza ci si può salvare. Quindi dietro queste opere si nasconde un messaggio bello, salvifico.
Cosa rende diversa questa seconda mostra rispetto a quella precedente?
Il pensiero di base è lo stesso, però rispetto alla prima volta che ho esposto qua mi sono molto sentito coinvolto dall’arte sacra che si trova in Vaticano e che ho avuto modo di apprezzare. Questa componente è ciò che ho cercato di trasportare nelle opere esposte in questa mostra rispetto alla prima.
Parlaci di come realizzi le tue opere
Il percorso di realizzazione delle mie opere inizia attraverso la creazione di un modello in 3d, poi si prosegue con la stampa di ciò che ho disegnato e il passaggio finale è proprio la pittura sulla stampa che conferisce all’opera quell’effetto tridimensionale ben visibile.
Raccontaci il tuo percorso artistico
Da bambino ero un bambino molto vivace, mi chiamavano discolo appunto, poi ho frequentato un liceo di scarsa qualità dove chi riusciva poi ad entrare all’università decente era quasi un miracolo. E intanto avevo iniziato a disegnare. Un giorno, durante una lezione, un professore mi ha chiesto cosa volessi fare dopo il liceo, quale attività lavorativa avrei intrapreso, e io risposi che avrei voluto continuare a studiare. Allora lui si è tolto una ciabatta per tirarmela in testa dicendomi: “allora sei più stupido di quanto pensassi!”. In realtà ho provato ad entrare alla Tokyo University senza successo e allora mi sono iscritto all’Accademia Delle Belle Arti di Tohoku e contrariamente alle aspettative sono riuscito a terminare gli studi. Non so perché ma mi sono accorto che la mia arte non poteva andare in Giappone, non sarebbe piaciuta, allora navigando su internet ho scoperto che altrove forse sarebbe stato più semplice esportare il mio pensiero. E infatti ho avuto quasi subito dei riscontri positivi da molte gallerie e oggi mi trovo a inaugurare questa nuova mostra alla Dorothy Circus.
Ti ricordi la prima opere che hai realizzato?
Dipinto ad olio fatto in maniera molto grossolana.
Quale sarà la prossima tappa dopo Roma?
Tornerò il 16 in Giappone perché il 17 inaugurerò una mostra in una galleria di Tokyo.
Crediti: Paola D’Amario
Eva Di Tullio
Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!