Fino a pochi giorni fa queste prime righe dell’anno sarebbero dovute diventare uno spensierato “articolo” sui buoni propositi, più o meno realizzabili, per questo nuovo 2015. Ma alle volte arriva qualcuno che muove i fili dell’esistenza, che sia un dio, il caso o qualsiasi altra cosa in cui ci affidiamo, ricordandoci quanto ogni briciolo del nostro percorso sia piccolo ed insignificante, pronto ad essere soffiato via in ogni spaventosa precarietà di un istante. Così, negli stessi attimi in cui queste righe prendono vita nella forma eterea del web, con una settimana di anticipo di un altro mercoledì, lasciava la corporeità un amico sincero e fraterno, compagno stupendo di irripetibili avventure, destinato ad incamminarsi sulla stessa tragica intangibilità dell’aria. Non aveva trent’anni il mio amico. Ma il tempo, si sa, non lascia spazio ai calcoli anagrafici se decide che è il tuo momento. Quello stesso tempo si è portato via quel mercoledì i buoni propositi vagamente concepiti, spazzandoli via uno per uno assieme ai pezzi rimasti.
Il mio amico era uno del giro. Quello della birra di Roma intendo, ovviamente. E questo mi spinge a ricordarlo in questa sede, probabilmente più nella mia goffa ricerca di un senso, che al suo bisogno di “essere ricordato”. Il mio amico se ne infischiava di queste cose, ed io lo ammiravo così tanto per tutto questo. Il mio amico era amico di molti, anche se fratello di pochi. Giocava con l’esistenza più di ogni altra persona di cui abbia ricordo, per quanto libera potesse allora apparirmi, vivendo ogni istante in maniera così fottutamente intensa da interrogare chiunque sul senso più opportuno da dare agli attimi in cui esistiamo.
Il mio amico era uno che tutti quelli del giro conoscevano e che speravano di incontrare al bancone nella serata giusta, o in giro per fiere birrarie o semplicemente si auguravano di imbattere per locali nei consueti giri di consegne, sempre più una magica scusa per la ricerca di sorrisi, incontri e trasversali cambiamenti di programma sull’orario e lo stato di ritorno a casa che sterile motivo di vendita commerciale. Il mio amico era uno che sembrava mandato lì a posta per far scintillare quegli istanti, come se avesse un sacco da contrabbandiere di polvere di stelle da sprigionare magicamente nell’aria.
Il mio amico era uno di un gruppo di altri pazzi e assetati amici a cui va tutta la mia forza, membri di una amata “beer firm” che compie in questi giorni un anno intenso di attività nel mondo della Birra della capitale e che si apprestava pochi giorni prima del suo incidente a dare fondo ai sacrifici per la realizzazione del tanto bramato sogno di tirare su un birrificio vero e proprio. Assieme, in questo anno da emergenti “addetti al settore”, ne abbiamo passate di indimenticabili, assieme ai ricordi che continuano ad affiorare momento dopo momento, vividi come brividi in un sorriso interminabile.
Il mio amico era tutto quel che mi spinge da qualche tempo in questo piccolo mondo in espansione, spesso ostico, spesso chiuso, spesso ipocrita, ma così denso di atmosfera e sentimenti, della passione che ho cercato sempre di descrivere in queste mie pagine, sperando di farne cogliere l’essenza. Quell’essenza è il senso che portava il mio amico al desiderio di farne parte, come me e molti altri, anche se non sapeva che ne sarebbe diventato lui stesso, inconsciamente, il senso. Almeno per me. Per quegli attimi trascorsi al bancone, a ridere a crepapelle, conditi dai ricordi del giorno seguente e, dentro, il cuore così leggero di felicità.
Sono ancora convinto che non siano le vendite, non il successo né le rivalità degli stolti i motivi sinceri che spingono gli adepti di questo piccolo paesello della birra in Italia all’irresistibile stimolo di diventarne parte. Credo che ciascuno che lo viva come faceva il mio amico ci si trovi, in fondo, per nutrirsi di quell’essenza fatta di persone e da un pizzico di magia dei momenti migliori, per cui la birra alla fine ne è solo una occasione. Quell’atmosfera che da quel mercoledì, nonostante tutte le paure, le lacrime e il senso di mancanza, per me ha preso il nome del mio amico e non mi stancherò di rincorrere e respirare a più non posso.
Al mio amico che ha vissuto nel vento, e nel vento è andato via.
Keep on Rockin’, Davide “Skizzo”.
\m/
Umberto Calabria
Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.