He Took His Skin Off For Me


He Took His Skin Off For Me

La pelle, quella che abitiamo tutti i giorni, che protegge organi e tessuti interni del nostro corpo, che ci tiene caldi in inverno e freschi d’estate, quella oggetto di discriminazioni razziali, quella che radiamo ogni mattina o che lasciamo riempire di peli dopo una settimana, quella che ci sbucciamo cadendo da piccoli o sfilettando una bella spigola da mettere in tavola, quella elastica, quella che cicatrizza, a volte bene, altre volte un po’ meno, quella pelle che curiamo, impomatiamo, profumiamo, ringiovaniamo, spesso maltrattiamo con noncuranza e menefreghismo, quella pelle a cui cerchiamo spesso compagnia, che lasciamo accarezzare alla persona che amiamo, qualche volta anche a sconosciuti. Dicevo, quella pelle, è il baluardo più esterno di come siamo dentro, l’estrema manifestazione dell’ansia e dello stress  che accumuliamo durante il giorno.
Ma è anche la corazza della nostra più intima casa, che poi è l’unico luogo in cui possiamo toglierci le “pelli” di dosso ed essere veramente noi stessi.
E magari scoprire che farlo davvero, essere sempre noi stessi, non è così facile come pensavamo che fosse.

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Finanziato più di un anno fa, grazie ad una campagna su kickstarter, e avallato da maghi degli effetti speciali come Colin Arthur (La storia infinita e  2001: Odissea nello spazio), He Took His Skin Off For Me è una storia viscerale scritta da Maria Hummer, incredibilmente potente per la qualità del lavoro ma anche e sopratutto per il messaggio con il quale colpisce (duramente) lo spettatore.
Interamente girato senza aiuto della grafica computerizzata, quello che vedi nello short movie è frutto di oltre 8 ore di trucco al giorno, con 1152 muscoli ricostruiti e tutto documentato, tra l’altro, in 20 minuti di backstage (e persino tutorial per il trucco) che mostrano la minuzia e l’attenzione utilizzata per la realizzazione.

Un capolavoro in miniatura, uscito dalla mente di Ben Aston, che mi ha ricordato moltissimo il geniale Primo Amore di Matteo Garrone (che inserii tra l’altro persino nel percorso della mia tesina liceale) che puoi gustarti per intero (12 minuti circa) direttamente qui sotto, con tanto di sottotitoli (un po’ dozzinali ma comunque utili per chi l’inglese lo mastica poco).

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Alessandro Rossi

Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.

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