Ciao Elena, dicci come sei, cosa fai nella vita, dove vivi.
Ciao, sono Elena Fortunati, vivo in un paesino con lago, boschi e castello vicino Roma. Sono una studentessa alla magistrale di Storia dell’Arte contemporanea alla Sapienza, dormo otto ore al giorno, colleziono foto datate, sono un po’ ipocondriaca, mi piacciono le colonne sonore dei film di tanto tempo fa, mi piacciono i film di tanto tempo fa e compro tutto ciò che abbia a che fare con una volpe.
Come hai iniziato con la fotografia? Da quanto tempo fotografi?
Ho chiesto ai miei di avere come regalo la prima macchinetta fotografica compatta all’età di 18 anni con l’obiettivo di fotografare i momenti di divertimento con gli amici perché mi ero accorta di non aver molti ricordi visivi della mia adolescenza. Per quanto amassi già l’arte figurativa, non c’era da parte mia al principio interesse artistico nel realizzare quelle foto. Ma con il tempo diventava sempre più divertente passare momenti anche da sola con la camera a scattare ciò che avevo intorno.
Come è nato il tuo progetto fotografico “sea you project”? Che pensiero c’è dietro, quanto tempo ci dedichi o stai dedicando per la realizzazione e come mai quei colori così tenui, ci spieghi questa scelta?
Al principio è nato senza nome e senza un percorso ben delineato con le prime foto della prima parte del progetto. Avevo in mente questa immagine di una ragazza bendata e completamente vestita di bianco in un contesto tenue e calmo perché volevo in qualche modo ricostruire quella bellissima sensazione che si prova quando si è per così dire accecati da una forte luce bianca. Da lì ho iniziato a sviluppare l’idea. Mi sono dedicata alla ricostruzione di situazioni che esprimessero degli stati d’animo e ho voluto usare l’acqua come componente comune. Ho sempre visto nell’acqua e le sue mille forme (pioggia, neve, mare, sorgente) un elemento naturale affascinate e metaforico. Il progetto è terminato con la quarta serie. Ci è voluto più o meno un anno per concluderlo, ma non mi sono obbligata a seguire delle scadenze o ad avere un limite nelle serie. E’ , per dirla in modo banale, andata così naturalmente . La scelta di quei colori invece è un leitmotiv che non riesco ad abbandonare. Sono nuances cromatiche che ricerco costantemente anche nella vita reale per le bellissime sensazioni di calmo benessere e contemporaneamente vitalità che mi danno. La speranza è che facciano lo stesso effetto a chi le guarda.
Le tue foto hanno uno stile minimal che non è possibile trovare altrove, anche solo per i tagli o i colori come dicevo prima, per il tuo progetto “fenster” ad esempio, mixando vecchie con nuove fotografie, da quale idea sei partita e cosa vuoi trasmettere con questo mix tra passato e presente?
Stavo giocando da tempo con le immagini presenti sul web. Da fruitrice, ne sono sia produttrice che bersaglio. Mi piace studiarle.Capire cosa le accomuna, come si influenzano tra di loro, cosa trasmettono. Entrando in queste dinamiche, mi sono ovviamente sempre più convinta che la distanza tra la vecchia fotografia e quella contemporanea sia sempre maggiore. Considerando la sua scena anche più amatoriale che artistica e non etichettando questo dato di fatto per forza come negativo. La prima rappresentava un mondo che andava ancora del tutto scoperto, oggi è una fotografia molto più incentrata su un individualismo. Ho ripreso dagli archivi del national geographic le foto degli anni ’40 e ’50, e davanti ho posto degli scatti che ho realizzato cercando di ricreare un immagine che potesse rispecchiare lo stile di fotografia che stiamo realizzando in questi anni. Mi sono accorta che avvicinandole, oltre che a creare visivamente qualcosa che mi piaceva e mi stuzzicava, potevano aprire un dibattito interessante sull’argomento, che poteva anche ampliarsi oltre la mia visione del progetto. Che credo principalmente sia il modo giusto per non far morire mai un’idea. Utilizzare poi la “finestra” del Mac, non faceva che amplificare questa differenza tra le due immagini e rappresentava la reale visione che abbiamo ora della fotografia attraverso l’uso di uno schermo.
A cosa ti ispiri per le tue foto? Quando esci di casa con la macchina fotografica cosa pensi di dover fotografare?
Esco di casa con la macchina fotografica solo quando so già cos’è che voglio fotografare. Nella maggior parte delle volte nasce prima l’idea, poi cerco di ricostruire il contesto in cui ho immaginato lo scatto. A meno che non abbia a disposizione una bellissima giornata libera dove poter girovagare senza meta.
Cosa fai invece quando non scatti foto, come passi il tuo tempo libero?
Negli ultimi due anni, da quando ho iniziato la magistrale all’università, ho iniziato anche a coltivare un’altra mia grande passione che definirei “la condivisione di cose belle” . Collaboro con un sito che promuove la creatività in tutte le sue forme, che è Collater.al, per cui scrivo post e realizzo videointerviste ad artisti del panorama della street art e non, e scrivo di arte e seguo e organizzo eventi con il Dude Magazine, una rivista, per ora, online di Roma. E sono entrambi due modi entusiasmanti per conoscere e promuovere l’arte, nelle mille forme in cui si è trasformata in questo XXI secolo e approfondire con persone coinvolgenti e ispiranti, temi artistici che mi incuriosiscono.
Progetti per il futuro? Qualche sogno nel cassetto da realizzare?
Poter continuare su questa strada intrapresa sarebbe già un bellissimo traguardo. Ho tenuto la fotografia, volontariamente, lontano da quello che si definisce “un lavoro”, perché potesse sempre essere incontaminata dagli altri e rimanesse sempre un espressione e una passione senza regole. Posso che augurarmi che le cose continuino così.
L’intervista è finita e questa è l’ultima domanda, ci consigli un libro, un film e un fotografo da tenere d’occhio?
Leggete i “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes, poi guardatevi “Un’ora sola ti vorrei” di Alice Marazzi e il mattino seguente, quando vi sveglierete, cercate il portfolio di Anni Leppala, per una visione femminile e estera della vita, e Vittorio Ciccarelli, per tornare in patria. E un disco? Beach house, Teen Dream.
ringraziamo Elena per la sua disponibilità, qui il link al suo portfolio: http://cargocollective.com/aupresdetoi
Giuliana Massaro
Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.