Oggi mi prendo una pausa, la pioggia mi mette sempre un po’ fuori dal mondo. E dunque pensavo di lasciare incidentalmente l’amata birra – almeno in via, diciamo, collaterale – e dedicare qualche curiosa riga ad altro. Sia chiaro, non sto pensando, ancora per lo meno, di buttarmi sul vino o chissà quale altra diavoleria. E’ solo che c’è un mondo di fuori, anche molto antico nel tempo e nello spazio, in cui la Birra come bevanda fermentata che tutti conosciamo lascia spazio a differenti prodotti fermentati di altra origine, legati alla Birra stessa ma anche no.
Ed oggi di questo parliamo, tecnicamente di “non birre” diciamo, ovvero di ALTRE bevande fermentate, magari non così attuali e sicuramente in voga come l’amata, ma sicuramente affascinanti. Del resto sempre di alcol si parla. Beoni.
Mi hanno sempre colpito alcune bevande antichissime, originarie in particolare dei popoli del latino-America, definite “birre insalivate“. E qui già so che penserete ai feticismi più strani ma questo è… In pratica cosa succedeva: queste realizzazioni, chiamate Chicha o Caium venivano ottenute masticando del materiale amidaceo, in particolare mais appena raccolto e manioca, assieme a frutta in alcuni casi, sputando successivamente la poltiglia all’interno di un recipiente di terracotta. Gli enzimi contenuti nella saliva, infatti, trasformavano l’amido di mais in zuccheri semplici, dando poi luogo al processo di fermentazione spontanea da parte dei microrganismi presenti naturalmente nell’ambiente. Quanto alle origini, all’apparenza insolite del masticare e insalivare qualcosa e di estrarlo poi dalla bocca, è fatto in realtà “naturale” che l’azione della masticazione era – ed è tutt’ora – pratica materna diffusa, allo scopo di rendere maggiormente digeribile il cibo per il bambino.
Sarebbe altrettanto “normale”, quindi, che la plausibile scoperta della fermentazione alcolica di materiale insalivato sia attribuibile alle donne, risultando tutt’oggi tale pratica – a millenni di distanza – compito esclusivo femminile per il conseguimento di bevande alcoliche in alcune popolazioni indigene del Cile, Bolivia e Colombia.
E qui casca l’asino.
Sam Calagione di Dogfish Head, uno dei più estrosi e pazzi birrai statunitensi, autore in quasi venti anni di attività di innumerevoli esperimenti basati sulla ricerca archeologica di birra e bevande fermentate, non si è ovviamente lasciato sfuggire la possibilità di realizzare una sua folgorante ed unica versione di Chicha. Già prodotta nel 2009 per la prima volta e successivamente nel 2010, la piccolissima produzione di Dogfish Head Chicha 2014 – brassata unicamente per il brewpub del birrificio – è stata centrata in particolare sulle tradizioni birrarie del Perù, con ingredienti indigeni per assicurarne la più autentica interpretazione possibile: pepe rosa peruviano, mais giallo e tradizionale “maiz morado” (“purple maize”).
E’ stato inoltre aggiunto nella versione 2014, al posto delle fragole usate delle edizioni precedenti, del Soursop, un frutto originario dell’America centrale e meridionale, con caratteristiche simili al mango e altri frutti tropicali.
Quanto al processo produttivo, come per tradizione, il maiz morado è stato precedentemente masticato dal personale del birrificio, aggiungendolo poi al resto degli ingredienti in ammostamento. Dal momento che la masticazione dei grani è stata effettuata precedentemente alla bollitura il composto è stato quindi sterilizzato, liberandolo contemporaneamente dalla possibilità di contaminazione da parte di lieviti e batteri “selvaggi”tipici delle fermentazioni spontanee.
Il risultato è stato una birra rilasciata alla spina lo scorso 15 agosto, di 5.7 gradi alcolici, non filtrata, dal bel color viola/rosato e dalle caratteristiche fruttate, complesse e rinfrescanti. Naturalmente non ho avuto l’occasione per provarla… ma alla fine, magari superate le incertezze iniziali sul procedimento, che male potrà fare? Magari si abbina da paura al formaggio con i vermi.
Umberto Calabria
Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.