Ciao Martina, parlaci di te, dove vivi, quanti anni hai, da quanto tempo fotografi.
Ciao! Sono Martina Civardi, ho 22 anni e vivo in un paese in provincia di Milano. La mia prima memoria fotografica risale ai tempi della scuola elementare. Usavo una macchina fotografica usa e getta solo durante le gite scolastiche e tornavo a casa con i rullini pieni di fotografie del bambino che mi piaceva. Quelli sono stati i miei primi ritratti.
Da chi o cosa ti lasci ispirare per realizzare le tue serie di scatti e cosa ti ispira, più in generale?
Mi lascio ispirare dal mondo nel suo insieme, dalle sue luci, dalle sue stranezze e dai suoi abitanti. Sono sempre stata una bambina curiosa. Mia madre racconta sempre che nel passeggino piangevo se non potevo guardare fuori e osservavo il mondo con gli occhi tanto aperti da sembrare due fari. Ciò che mi circonda mi ha sempre raccontato un sacco di storie. Tutt’oggi quando cammino per strada vedo tombini che mi sorridono, autoradio con gli occhi e borse con la lingua di fuori. Quando non è il mondo, sono i sogni a darmi degli spunti. Riesco a ricordare tutti i sogni che faccio. Spesso sogno di scattare fotografie e quando mi sveglio ecco che ho una nuova idea. Inoltre amo il cinema e il teatro, anche loro sono una gran fonte di ispirazione. Sfoglio anche tanti streams di altri fotografi. Ogni foto ha qualcosa che mi cattura. La luce, l’ambientazione, la posa del soggetto. Le immagini si depositano dentro di me e riemergono inconsciamente quando scatto, suggerendomi qualcosa.
Fotografi molto in analogico, ci vuoi spiegare il motivo di questa scelta e come la vivi?
Mio padre mi fa spesso questa domanda. Non se ne capacita. Non capisce cosa trovi di bello in una vecchia macchina fotografica che spesso si blocca, cosa mi piaccia di un immagine sporca e perché spendo tanti soldi per far sviluppare i rullini quando con il digitale avrei tutte le immagini che voglio e per giunta gratis. Il fatto è che mio padre è nato con le macchine fotografiche analogiche e ha pian piano abituato il suo occhio alla perfezione. Io invece sono una nativa digitale stufa di immagini così perfette da non sembrare vere. Mi sono avvicinata all’analogico circa un anno fa. C’è voluto poco tempo per rendermi conto di quanto il tutto fosse magico. Dall’oggetto di per sé, più vecchio di me e con la sua bellezza nostalgica. Al rullino che fa pensare, aspettare e poi scoprire.
Cosa pensi della fotografia ritrattistica e cosa vuoi trasmettere con i tuoi ritratti immersi nella natura “misteriosa”, passami il termine, ci parli dei tuoi scatti e di come nascono?
Mi piace creare con la forma umana, giocare con i corpi. Ma ancora di più mi piace immergere i soggetti negli ambienti che li circondano. I miei ritratti sono sopratutto una commistione di luoghi e persone. A volte è la persona è passiva e sovrastata dall’ambiente, altre volte invece il soggetto a predominare sul paesaggio. Molto spesso però si amalgamano alla perfezione. La maggior parte delle ispirazioni, infatti, mi vengono studiando la location. Osservando gli angoli di una stanza o i rami di un albero.
Cosa fai invece quando non scatti foto, come passi il tuo tempo libero?
Passo almeno un’ora al giorno cercando offerte aeree. Ogni tanto mi capita anche di acquistare il biglietto, di preparare le valigie e partire per un viaggio inaspettato. Ma spesso purtroppo rimango a viaggiare solo mentalmente, guardo posti lontani e sconosciuti, sogno di camminare sulle spiagge della Polinesia francese, di fare un giro in mongolfiera sopra la Cappadocia, di camminare zaino in spalle tra le lande sconfinate dell’Islanda… Poi chiudo la pagina di eDreams e torno alla vita di tutti i giorni…
Quali sono i tuoi progetti, un sogno da realizzare?
Sogno di realizzare una fotografia che sopravviva al tempo. Non per i posteri, non nei secoli a venire. Ma che sopravviva al mio tempo personale. Una di quelle foto che vista dopo anni ancora mi piaccia e continui a sentire mia. Ogni volta che sviluppo un rullino mi innamoro subito di una nuova foto. Spesso non so nemmeno come mai, ma la guardo e subito me ne affezione. Forse perché mi ci è voluto molto tempo per realizzarla oppure perché è venuta fuori inaspettatamente. Magari era quella fatta all’ultimo momento, oppure scattata per finire il rullino. Ha qualcosa di magico e subito dopo averla vista me la ripropongo un elevato numero di volte. Così tante che alla fine mi stufa, mi annoia, quasi mi nausea. Nessuna foto è ancora riuscita a sopravvivere a tutto questo.
C’è qualcosa che la fotografia ti ha insegnato? Pensi che sia uno strumento adatto alla conoscenza interiore?
La fotografia è una compagna di vita e le devo moltissimo. Mi ha da sempre tenuto compagnia, e mi ha aiutato a distrarmi e a sfogarmi nei momenti più tristi. Mi ha insegnato a vedere il mondo in maniera diversa, scoprendo aspetti sempre nuovi. Mi ha permesso di mentire, a me stessa e agli altri. Tagliando fuori dall’inquadratura ciò che non voglio che venga mostrato e incorniciando ciò che io ritengo importante. Mi aiuta a raccontare me stessa al mondo, oltre a farmi scoprire ogni giorno lati caratteriali che non sapevo di avere.
Ti ringrazio per la tua disponibilità, giunte all’ultima domanda, consigliaci un artista, una canzone che ami, un libro.
La fotografa e artista Alison Scarpulla –http://shuttermade.com/alisonscarpulla
La canzone How to disappear completely dei Radiohead, da ascoltare di sera in macchina.
E il libro di Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia.
Ecco il cargocollective di Martina.
Giuliana Massaro
Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.