È vero che di Italiani all’estero ce ne sono tanti. È vero anche, che molti stanno tornando, con l’intenzione di affrontare l’amico a cui per anni avevano predicato il “si ma all’estero è tutta un’altra cosa” e distruggere un mito che a loro spese, hanno capito non essere vero. O meglio, vero solo in parte.
Molti stanno tornando perchè in questo momento di crisi hanno fiutato il profumo dell’opportunità, altri ancora perchè stufi di fare i camerieri laureati a Londra, guadagnando il doppio della paga media italiana e spendendo tutto in affitto e mantenimenti vari. “E considera che io non ho vizi” aggiungono, quasi a voler giustificare il successivo “a questo punto faccio il cameriere in Italia”.
E intanto tu sei lì che ridi sotto i baffi preannunciando un “te l’avevo detto” che non dirai mai. Perchè sì, alla fine da ridere c’è ben poco e la barca in cui navighi tu, è più o meno la stessa.
Di tanto in tanto poi, capita di trovare qualcuno che pur essendo nato in Argentina, in Italia si è traferito all’età di 4 anni (ok, era quando l’Italia era una nazione a cui aspirare, ma questa è un’altra storia) scegliendo addirittura di restare.
Classe 1979 Hernan Chavar è nato a Buenos Aires, da padre argentino e mamma italiana, con base a Porto Recanati (Macerata) dove vive e lavora.
Ha esposto in molte gallerie nazionali e internazionali, da Bari a Milano, passando per Roma, Ancona, arrivando poi ad Amsterdam e Berlino.
I lavori di Chavar indagano, esplorano, scavano come minatori dell’anima. Intrappolano te che osservi, in un mondo onirico, con scenari post apocalittici, in cui animali e astronauti sono le figure che compaiono e colpiscono di più, fondendosi a volte, in episodi kafkiani in cui l’animale del passato si trasforma nell’uomo del futuro.
E la palette cromatica usata dall’artista, contribuisce in maniera vertiginosa ad acuire il senso di non appartenenza all’ambiente, l’incapacità di ritrovare se stessi e il mondo in cui viviamo.
La tecnica di Chavar è sublime e raffinata, estremamente dettagliata e si avvale di penne ecoline, matite, acquerelli e pastelli tutto rigorosamente su quei Fabriano ruvidi, che si trasformano inconsapevolmente in texture e diventano parte integrante di ogni lavoro.
Alessandro Rossi
Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.