Ciao Luca, per iniziare, chi sei, dove vivi da quanto tempo fotografi e come hai iniziato?
Ciao Giuliana, cominciamo subito con le domande difficili… scherzo, solo non sono molto bravo quando devo parlare di me. Sono un fotografo freelance, attualmente vivo e lavoro tra Bologna e Ferrara, ma mi sento anche un po’ nomade in quanto negli ultimi anni ho viaggiato molto per esigenze prettamente lavorative. Le arti visive mi hanno interessato da sempre ma il mio approccio alla fotografia è stato un po’ casuale, tutto cominciò quando presi in mano per la prima volta la vecchia reflex analogica di mio papà. Sono passati ormai quasi 10 anni da quel momento che, effettivamente, mi ha cambiato la vita. Da lì è iniziato il mio percorso, che anche attraverso qualche studio sulla fotografia mi ha portato dapprima a lavorare come fotografo in strutture e località turistiche e poi a fare il grande “salto” e a lavorare come fotografo freelance.
Sei un fotografo freelance, ti è mai capitato di non sentirti a casa? Come hai vissuto quest’esperienza?
Credo che il “sentirsi a casa” sia un concetto molto ampio, troppo ampio per essere riassunto in poche righe.
Ci si può sentire a casa in una camera d’albergo così come in compagnia di un amico, a casa sua. Ci si può non sentire a casa, a casa propria. Oppure il contrario. Per questo motivo penso che il sentirsi a casa non sia determinato da un luogo o da un riferimento fisico, ma sia determinato da un percorso, da una strada, da persone che ci possano portare a sentirci a nostro agio ovunque. Rispondendo alla tua domanda; credo di poter dire con certezza che finora non ho mai provato la sensazione di non sentirmi a casa.
Ho visto che ti soffermi molto sui luoghi di passaggio, i non luoghi e quelli che cambiano con le stagioni, cosa ti attrae di questi?
Mi piace l’idea di fermare in uno scatto luoghi in continuo e perpetuo divenire, mutevoli. Creare una sorta di ossimoro fotografico. In particolare i non luoghi attraggono la mia attenzione in quanto spazi progettati dall’uomo, per l’uomo, ma non identitari, relazionali. Sono invece l’espressione di una forma di precarietà assoluta, di passaggio. Tutti vi transitano ma nessuno li abita. Il mio fotografarli vuole, in un qualche modo, dare loro un’anima, fermando per un attimo il “passaggio” e quella precarietà perpetua e incessante, ormai tipica della nostra epoca. E poi ci sono i paesaggi; li vedo come giganteschi contenitori, come scatole, come sfondi mutevoli, sui quali l’uomo si muove e lascia il segno. Mi piace studiare il paesaggio e l’influenza dello stesso sull’uomo che lo vive. E viceversa, l’influenza dell’uomo sul paesaggio che lo circonda. Come questi due fattori, a volte siano così distanti ma anche così vicini, tali da entrare quasi in simbiosi.
Le tue foto hanno uno stile e dei colori ben precisi, mi ricordano molto i progetti dei maestri della fotografia italiana degli anni ’70, quali sono i fotografi che ti ispirano di più e da dove proviene questo modo di vedere le cose così pulito, preciso e lineare?
Mi piace la fotografia pulita e lineare, senza fronzoli, quasi minimalista. Buona parte di questo stile deriva dalla mia passione per le linee e per la simmetria. Siamo circondati da linee, sono ovunque, sono indispensabili, danno la forma a qualsiasi cosa animata e inanimata, ma spesso non le notiamo. Mi piace dare loro importanza. E poi credo che in particolare nella fotografia paesaggistica lo stile pulito aiuti a creare una sorta di bilanciamento tra l’autore e il soggetto rappresentato, poiché ognuno dei due ha qualcosa da dire. Come in una conversazione. Da emiliano non posso non citare due grandi maestri che ispirano i miei lavori come Luigi Ghirri e Franco Fontana.
Quali sono i pensieri più ricorrenti che hai quando viaggi?
Ne faccio tanti, dai più banali ai più elaborati. Ma in generale penso che solo attraverso i viaggi possiamo sapere dove c’è qualcosa che ci appartiene oppure no, dove siamo amati e dove siamo rifiutati.
La domanda ora sorge spontanea, cos’è per te viaggiare? Come si pone tra te e l’esperienza di viaggio lo strumento fotografico?
Viaggiare è movimento. Fisico, di norma, ma anche e soprattutto mentale. Per me lo strumento fotografico diventa uno strumento necessario per catturarne gli attimi, per raccontare storie, per scolpire pensieri. La stessa importanza che ha la penna per lo scrittore. Viaggio e fotografia sono intrecciati, legati indissolubilmente.
Che macchine fotografiche hai e quali usi per i tuoi spostamenti?
Da amante della fotografia analogica possiedo diverse macchine a rullino. Una Yashica Fx3-Super 2000, una Nikon F80, una Lubitel, e poi c’è la mia preferita, quella che non manca mai dentro alla mia borsa e che mi accompagna ovunque: una Nikon f2. Per esigenze lavorative ho anche una Nikon digitale full frame, anche se, scatterei sempre e solo in analogico. e’ un tipo di fotografia più intima, la senti. Devi decidere molto bene il momento giusto per scattare, con i parametri giusti per quel momento, poiché non puoi post-produrre e se sbagli l’esposizione sei fregato. E poi mi piace pensare prima di scattare e credo che la fotografia analogica mi aiuti a farlo al meglio.
Cosa fai quando non scatti foto?
Quando non scatto foto penso a quali foto posso scattare e quali progetti far crescere. In questo mi faccio aiutare dalla musica, dal jogging e anche dallo snowboard.
L’intervista è ormai terminata, consigliaci un album, una canzone, un fotografo da tenere d’occhio.
In questo momento sto ascoltando il nuovo album degli Alt-j “This is all yours”, mentre c’è una canzone che ascolto spesso quando sono in viaggio che si intitola “Postcards from Italy” di Beirut. Uh, fotografi bravi da tener d’occhio ce ne sono tanti ma butto lì un nome: Simone Mizzotti.
Giuliana Massaro
Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.