Mentre la street art italiana fa tappa a New York con la mostra curata da Simone Pallotta intitolata From Street to Art, inaugurata lo scorso venerdì presso l’Istituto Italiano di Cultura, in cui partecipano oltre al nostro caro amico Agostino Iacurci, anche Aris, BR1, Cyop&Kaf, Dem, Eron, Hitnes, Sten&Lex, Ufo5 e 2501, continua la partecipazione di artisti internazionali al festival Memorie Urbane che si sta svolgendo ormai da diversi mesi, segno del continuo scambio e afflusso di menti creative che operano in questo settore dell’arte che vanno lodati a mio avviso sia per la capacità organizzativa sia per il positivo apporto culturale che infondono attraverso i loro valori. Non potendo visitare la mostra di New York faccio il mio in bocca al lupo a Simone Pallotta e ai ragazzi coinvolti in questo progetto.
Oggi torniamo a parlare di Memorie Urbane perché è arrivato il momento giusto per presentarvi un’artista molto brava, la quale ha proprio da poco realizzato il suo lavoro per il festival che si sta svolgendo sul litorale laziale.
Illustratrice, graphic designer e street artist, Natalia Rak e’ nata nel 1986, ha compiuto i suoi studi presso l’Università di Lodz laureandosi in belle Arti e specializzandosi in arti grafiche e oggi è una bravissima interprete dell’arte urbana polacca assieme al duo Etam Cru, con cui condivide la tendenza all’uso di colori particolarmente intensi, alternandoli alla chiarezza dei volti e delle parti del corpo dei suoi soggetti.
Il lavoro realizzato per Memorie Urbane colpisce non solo per le sue dimensioni a cui ci ha ormai abituati ma anche per quell’intensità dei colori di cui accennavo po’ anzi e per la vivacità dello sguardo sorpreso del soggetto disegnato, ovvero una bambina con la faccia vispa che osserva il mondo circostante attraverso una lente di ingrandimento.
In tutti i suoi lavori, così come quello di cui vi ho parlato sopra, Natalia Rak mette in scena l’individualità del genere umano attraverso la rappresentazione di azioni semplici come la bambina che innaffia fiori o il signore seduto sulla panchina che riflette mentre lo spazio circostante è inondato di acqua. Gesti semplici apparentemente che riescono in modo audace ad insinuarsi tra le pareti e negli sguardi di chi li osserva, inducendo a riflettere sul contrasto tra la semplicità incarnata dai suoi soggetti e l’intricata quotidianità che si nasconde dietro ogni azione del genere umano.
Zelda
Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.