E’ cosi assurdo, a ripensarci, come le cose nascano in fondo dal niente. Era un sabato pomeriggio di metà aprile e nel bel mezzo della corsa al supermercato per la spesa settimanale arrivò la telefonata del “principe” Eugenio di Malto Misto, a preannunciarmi che bisognava mettersi subito all’opera per la messa in scena di un festival birrario del quale avevamo solamente immaginato una ipotetica attuazione in qualche momento di scarsa lucidità alcolica, ma nella cui organizzazione ero immediatamente ed inesorabilmente coinvolto. Da quel momento decisivo una crew di sei (più o meno) sgangherati passarono settimane in telefonate, incontri e mille fantasticherie prima di rendersi conto che oramai era troppo tardi per tornare indietro dal BEER PARK FESTIVAL, perché c’eravamo già dentro fino al collo.
E quindi, senza sfociare in romantici dettagli su tutto quello che intercorse tra quella chiamata e il 13 e 14 giugno, vi racconterò, molto parzialmente, come è andato questo evento nato e cresciuto così inconsciamente da poter sembrare un caro amico di lunga data.
Il festival è stato incentrato sulla fantastica location del parco esterno appartenente al Brancaleone, ottimamente allestito in brevissimo tempo dalla gestione dei ragazzi del “Giardinetto” e che ci saremmo goduti anche di più se non fosse intervenuto il maltempo a romperci le scatole, perché, immaginate, uno tutto si aspetta tranne che il ritorno dell’autunno a metà del mese di giugno.
Anyway… la cosa più fica che abbiamo fatto è stato mettere in pratica una grande festa di amici, perché questo era l’obbiettivo principale, e tra lo staff, il personale e i 12 birrifici ospiti devo dire che le cose sono andate alla grande in tal senso.
Altra prerogativa era dare spazio a realtà emergenti o poco conosciute nella capitale, al fianco di qualche nome ormai largamente affermato, convinti che avrebbero potuto ben figurare per la qualità delle loro birre.
E così di fatti è stato, offrendo degli standard altissimi ai visitatori e, cosa ben più importante, alle bevute degli organizzatori.
Ma bando alle ciance sceglierò in pochi dettagli una birra che mi ha colpito per ciascun birrificio, in rigoroso odine “ad minchiam”. Di BSA – Birrificio Sant’andrea non avevo mai bevuto nulla ma gli scellerati di MM che lo raccomandavano ci hanno preso in pieno: eccellente la Hey-ho! To-go!, Ipa con amaro ed aromi molto eleganti, perfettamente calibrata e senza esagerazioni.
Dei compagnoni di PBC – Piccolo Birrificio Clandestino, la Gatta Nera – Black Ipa caratterizzata dal luppolo tedesco Polaris, pochi fronzoli, ampia bevibilità ed armonia – mi piace sempre più.
Del Birrificio Le Fate mi ha stupito la Lunilia, Blanche eccellente nella sua semplicità, con le dosi ottimamente bilanciate tra scorza d’arancia e coriandolo, spesso “spremuti” a dismisura.
Di Opperbacco tradisco la amata Overdose per prendere la Trippin’ Flower, esperimento originale a metà tra una Saison ed una Ipa, con l’aggiunta di fiori di mandorlo ed altre diavolerie, che quando è in forma ha ben poco da farsi dire.
Di quei caciaroni fratelli di bevute di ECB – Eternalcity Brewing agguanto la Tiber, American Lager monoluppolo tanto “semplice” quanto perfetta nella sua bevibilità con l’afa da clima subtropicale.
Sempre di ottima fattura poi la 7vene di Aurelio, classico ormai consolidato tra le Ipa con il marchio della capitale.
Quanto agli emergenti padovani di Birra Camerini pesco la Birichina, Kolsh ottima e fragrante, tra le repliche meglio “italianizzate” dello stile nel nostro paese: elegante, genuina e con tutte le note al posto giusto.
Di BlackBarrels invece – in persona del mitico “Pirata” – e dei suoi intriganti esperimenti scelgo la The Yellow Doctor, Golden ale passata rapidamente in botte, davvero una straordinaria combinazione di freschezza, bevibilità, note del legno e gli aromi inusuali dell’aromatizzazione con timo a fianco del luppolo Cascade.
Di Karma premio volentieri una birra difficile la realizzare, la De Rinaldi, Belgian Ipa dall’alcol marcato e ottime note di caramello, frutta secca e liquirizia, con leggere note erbacee e l’utilizzo del luppolo prevalentemente in amaro.
Il prode Angelo del Birrificio La Fucina, con l’impianto di produzione finalmente in arrivo, ha confermato la riuscita di un suo classico, la Monamour, altra Blanche ottimamente realizzata, perfetta per il clima estivo.
Per ultimi ma ben lontano da esserlo per il loro progetto in larga crescita i ragazzi di Luckybrews, con i quali abbiamo praticamente allungato di un giorno il festival in altre bevute: molto apprezzata l’ultima nata, la Whale, una White Ipa che lega molto bene le caratteristiche di una blanche alle note più marcate e aromatiche dei luppoli.
Manca in realtà il “belgioso” Julien, che per la bontà della sua Curtius e la lunga strada percorsa si è guadagnato un bell’articolo personale per la prossima puntata.
Di grandissimo piacere come sempre è stata la visita di Beer in Italy, continuando a scambiare chiacchiere e riflessioni con questi ragazzi che credono davvero in quello che fanno sin dal primo giorno. E poi, grandi anche i gruppi che hanno suonato dal vivo, in gran chiusura con i più “suonati” di tutti, i Potaporco, giunti dalla lontana Brescia per il finale con i botti a tarda notte.
Ma al di là dei singoli aspetti devo dire che la soddisfazione va al festival nel suo complesso, perché cavolo se è fico vedere che prende forma nel modo che immaginavi un figlioccio che ti ha dato tanto da penare. Spero che il coinvolgimento che molti ci hanno comunicato sia pervenuto ai tantissimi avventori delle due serate e ancor più ai temerari antipioggia del sabato pomeriggio. Mi prendo solo due righe per ringraziare Eugenio, Edoardo, Tommaso, Gabriele e Ferdinando, vecchi e nuovi amici, compagni di squadra di questa prima edizione e, mi auguro, di tante altre avventure a venire. Se birrarie meglio ancora.
Umberto Calabria
Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.