Ieri è stato il giorno della grande mostra di street art che tutti stavano aspettando nella capitale, una mostra pubblicizzata in ogni dove, persino nelle stazioni della metro, con tanto di concerto di un gruppo famoso che doveva accompagnare le prodezze della galleria che la organizzava. Una fucina di soggetti interessati solo al profitto che vogliono farci credere che l’arte urbana è quella roba la organizzata attraverso i consensi di consiglieri e presidenti di municipi in cerca di consensi. L’arte di cui voglio parlarvi in questa nostra rubrica della domenica deve avere un sapore ed un odore diverso. Fino a quando sarò io ad occuparmene non ci saranno sviolinate per galleristi furbacchioni.
Ma lasciamo la mostra di ieri al passato perchè oggi è la volta di un artista andaluso, esattamente di Linares, il quale viene molto spesso descritto come lo street artist del surrealismo urbano per via delle sue opere molto particolari e che potete vedere in queste immagini selezionate per voi. Questa domenica vi porto a conoscere Migule Angel Belinchon aka Belin, un artista spagnolo un pò girovago, il quale ha iniziato a dedicarsi all’arte nei primi anni novanta attraverso la pittura per poi passare all’arte urbana e alla scultura, forme d’arte che utilizza per esprimere le sue doti nel rappresentare caricature iperrealiste, dagli occhi grandi e dalle facce buffe. Alcuni di questi personaggi che compaiono sui muri delle superfici urbane dove ha lasciato il suo segno, in Spagna, Italia, Germania, Francia e persino negli Stati Uniti e Israele, Belin tenta di esprimere un mondo dove l’espressionismo scardina ogni tentativo di avvicinare i suoi soggetti alla realtà: ogni essere rappresentato somiglia ad una versione alterata dell’individuo che si sofferma a guardare le sue opere. In ognuno di essi chiunque può trovare quella parte nascosta di noi stessi che ci chiede cosa siamo diventati e quanto il mondo ci sembra diverso da come ce lo aspettavamo. Attraverso l’utilizzo del 3D e 2D l’artista spagnolo crea un effetto che si mescola alla sua vicinanza ai pittori del periodo surrealista, in particolare a Salvador Dalì e al suo modo di raccontare l’esistenza umana attraverso un particolare che produce empatia agli occhi di chi si sofferma ad osservare. Buona domenica!
Zelda
Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.