Tutte le storie più sporche che macchiano di sangue il sogno americano si svolgono in provincia. In una provincia davvero piccola. E non sto parlando di una piccola città. Quanto di un pugno di case, una tavola calda e una centrale di polizia circondate da chilometri e chilometri di neve, qualche lago dove si può pescare o occultare un cadavere, e una super strada bianca, bianchissima, sulla quale sfrecciano (per quanto il ghiaccio possa permetterlo) poche macchine. Poche, ma buone.
Le superstrade che portano alle città di provincia non vengono mai percorse per caso. Nessuno di noi andrebbe mai a Bemidji se non per questioni urgenti. O per deviazioni obbligatorie. Ma non quel tipo di deviazioni che ti fanno bestemmiare, fermo, a lato della strada, domandandoti come ha fatto quell’unico chiodo sulla bianchissima super strada bianca, a forare la gomma della tua auto. Questi sono imprevisti che capitano in città. Alle 12.45. Immancabilmente nel giorno di mercato.
No. Forare non è una di quelle cose che ti capitano sulla strada per Bemidji. È più plausibile che un alce ti tagli la strada. Tu sterzi, colpisci la testa sul cruscotto. L’uomo nudo, che fino a quel momento si è dimenato annegando nel terrore, recalcitrante alla cattività ma nonostante tutto rinchiuso nel bagagliaio della tua auto, approfitta dell’urto violento e scappa.
Questa è una di quelle deviazioni obbligatorie che ti può capitare di dover affrontare sulla strade innevate del Minnesota. Ma già che ti sei dovuto fermare in città, tanto vale divertirsi un po’, non trovi? Forse Bemidji non offre un grande intrattenimento, ma un sicario come te sicuramente troverà un modo per passare il tempo.
Queste le premesse di Fargo, serie televisiva targata Fx, benedetta a quattro mani dai fratelli Coen che dopo A proposito di Davis vestono i panni dei produttori esecutivi, legittimando l’ampliamento dell’universo finzionale dell’omonimo film del 1996.
Premesse più che buone che, a quattro episodi dal finale, si trasformano in un ottimo risultato, in uno di quei prodotti audiovisivi che, pur arrischiandosi sul terreno scivolosissimo rappresentato dalla trasposizione televisiva di un’opera cinematografica, raramente mette il piede in fallo. L’ultimo colpo di reni di uno studente che ha passato tutto l’anno nel cesso a fumarsi le sigarette e che a un mese alla fine dell’anno scolastico, o meglio sarebbe, in questo caso, televisivo, si caga addosso e cerca di raccattare qualche sufficienza. Massimo rispetto per la tenacia, Televisione, ma non ti credere di poter fare così anche anno prossimo…
Per alzare la media, basta davvero poco. Una serie di personaggi nitidi, ben misurati, che ricalcano, senza eccedere mai, i personaggi di Fargo, il film. L’omuncolo di bassa statura morale che si sporca le mani, il killer (questa volta ben organizzato), la poliziotta dalla grande intuizione, la moglie cagacazzo, una coppia mal assortita di malviventi di città, il tutto sullo sfondo di una vita senza aspettative.
La vera sorpresa è l’accoppiata Freeman/Thornton, dove Thornton, sicario trasformista e dall’intraprendenza particolarmente creativa, rappresenta il capobranco e Freeman, orfano di Sherlock, orfano di Sherlock che doppia Smaug, veste (ma non mi dire) i panni del gregario al quale scendono finalmente i testicoli dopo anni di asessuata, incapacità di imporsi.
Ma, tranquillo Martin, non importa se marchi ogni taciuta necessità espressiva con quel caratteristico respiro interno pieno di “non detti”, la tua classica sniffatina che ti porti dietro qualsiasi ruolo tu interpreti, noi ti perdoniamo e ti vogliamo tanto, ma tanto tanto bene lo stesso.
Le vite dei personaggi si intrecciano, si toccano e poi si lasciano, apparentemente, per poi ritrovarsi ancora. A metà strada tra la trasposizione senza filtri degli eventi e il dialogo interiore, Fargo raffredda con grazia una primavera partita con lentezza ma sicuramente assolata, prestando soccorso a chi, ancora, combatte con le unghie e con i denti cercando qualcosa di buono da guardare.
Composta da soli dieci episodi di magnifica fattura, si inserisce all’interno di quella schiera di prodotti audiovisivi che assomigliano molto più a un lungometraggio che a un prodotto seriale.
Una serie, questa, che scava a fondo nelle mille possibilità aperte dall’opera cinematografica, riprendendo le fila di un discorso iniziato nel 1996 e facendo l’occhiolino ai fan che hanno amato il film, attraverso piccole incursioni degli elementi della trama della pellicola.
Se non avete mai visto Fargo, la serie vi ammalierà con i suoi dialoghi ben studiati e la minuziosa messa in scena rappresentando una vera e propria boccata d’aria fresca.
Se invece siete tra quelli che conoscono enciclopedicamente l’opera omnia dei fratelli Coen, vedere Fargo la serie può essere un bel rincontrarsi dopo tanti, troppi anni. Dimostrando come nulla sia cambiato, e come basti accendere di nuovo le telecamere per immortalare incredibili, semplici e complessissime, storie di vita vissuta di provincia.
Beatrice Lombardi
Laureanda presso il CITEM di Bologna è nata 26 anni fa dal tubo catodico. Dopo anni di amore e odio con mamma Televisione e papà Cinema ha deciso di percorrere nuove strade ed è scappata con il Web.