Seduti da Giufà, con intorno le librerie rosse e il pavimento a scacchi, il mio amico Dario Morgante sorseggia birra mentre parliamo ovviamente di Mondo Bizzarro, street art, pop surrealism, fumetti e naturalmente di Roma. Tra le persone che più stimo lui è di sicuro tra i primi posti, un uomo brillante (editore, gallerista, scrittore e tanto altro), con tante idee che pullulano nella sua mente, l’ultima è Fluffer, la rivista di fotografia erotica, e una certa pacatezza che sprigiona appena inizia a raccontare delle sue esperienze nei suoi viaggi. Senza freni e nemmeno peli sulla lingua. Questa intervista è dedicata a suo nonno Federico Morgante e anche a sua zia Norma che ballava al Moulin Rouge.
Un nipote d’arte, oserei dire. Buona lettura!
Iniziamo dal mondo dei fumetti. Cosa stai leggendo ora? Un fumetto sugli altari e un fumetto sulla polvere.
Io leggo solo roba comprata in edicola, tipo Dylan Dog della Bonelli. Le serie che mi leggevo le hanno chiuse tutte. Sto leggendo i francesi della Cosmo Editoriale. Poi L’ultimo uomo sulla terra della Lion di Napoli. Però leggo Zerocalcare su internet gratis.
Sugli altari metto tutti i fumetti che escono in edicola, tutti quelli che insistono sull’edicola, perché è un linguaggio popolare The walking dead di sicuro lo raccomando.
Nella polvere metterei tutto quello che riguarda il tentativo di intellettualizzare il linguaggio popolare e certe operazioni come il BilBolBul.
Parliamo delle metamorfosi di Mondo Bizzarro, una creatura nata dalla tua mente.
Mondo Bizzarro è nato in un tempo in cui non c’era internet, negli anni novanta esattamente. Poi ci siamo trovati di fronte alla fine di un modello in cui una programmazione coraggiosa e underground veniva appoggiata da una libreria in cui si reperivano testi della cultura underground di tutto il mondo che non si trovavano altrove. Ora invece si trovano dappertutto quindi il concetto di libreria è fallito, noi abbiamo tentato di trasformare questa tendenza cercando di mantenerci da soli ma anche questo si è rivelato impossibile perché la modalità di galleria sta cambiando e anche le gallerie arrancano. Un esempio è il fatto che negli ultimi due anni molte gallerie romane hanno chiuso o hanno dovuto ridimensionare la loro attività. Dunque è cambiato anche il rapporto con gli artisti, i quali hanno la possibilità di vendere le proprie opere anche senza l’ausilio della galleria ma servendosi soprattutto di internet che è più raggiungibile anche dagli acquirenti, da un pubblico anche più vasto ovviamente. L’attuale condizione di Mondo Bizzarro è un modo per tenere la fiaccola accesa, è un’associazione culturale con cui cerchiamo di portare avanti le nostre attività, continuando a lottare per la sua sopravvivenza. Vedremo cosa succederà in futuro.
Hai viaggiato in molti posti, anche in alcuni molto particolari, sostando anche per periodo molto lunghi. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
Pensa che a me neanche piace viaggiare. Sono un viaggiatore pigro, ecco forse rendo meglio l’idea. Se devo scegliere tra un posto che ho già visto e un posto nuovo scelgo sempre il primo, mi piace tornare negli stessi posti. E questo però non spiega come ho fatto a viaggiare in posti strani. Forse perché ho avuto la fortuna di viaggiare in un periodo in cui si spendeva poco e ancora c’erano degli stipendi veri. Ora la tendenza è cambiata, il costo dei voli si alza e gli stipendi si abbassano, quindi volare tornerà ad essere una cosa per pochi. Ho vissuto un po’ a Londra, mia madre è proprio di Londra, sono capitato la nel 2000, quando il capitalismo sembrava una cosa pazzesca per tutti, una città che sembrava una cattedrale del capitale, stazioni della metro automatizzate su alcuni vecchi quartieri industriali riconvertiti, sembrava di vivere in un film di Oliver Stone. Avevo la sensazione che ci fossero un sacco di opportunità, tutto andava veloce, c’erano tante occasioni. Quella era la percezione.
A Parigi ho avuto una sensazione diversa, c’era uno stile di vita più rilassato rispetto a Londra, culturalmente molto viva. Eppure né Londra né Parigi, due capitali importanti del mondo occidentale, mi hanno cambiato la visione del mondo. Credo che la vera visione del mondo me l’abbia cambiata la Serbia. Ci sono stato quando ancora c’era Milosevic al potere e sono capitato quando c’era allora una forte opposizione al suo regime che proveniva anche dall’Europa. Sono andato con una certa idea di regime e invece mi sono accorto che la situazione era come qua: un centinaio di canali televisivi privati, tanti statali, cantanti, video music. C’era il grande sciopero generale, la Blokada contro Milosevic, io ho partecipato e il telegiornale ne parlava, non era la prima notizia ma arrivava dopo la seconda, se ne parlava per il disagio che quella manifestazione aveva provocato. Per strada vedevo ancora i manifesti delle elezioni che c’erano state poco tempo prima e guardavo questi manifesti giganti con la faccia di Milosevic e sullo sfondo gli operai. Erano gli stessi che trovavi in Italia con la faccia di Berlusconi, identici. Allora mi sono chiesto: ma esattamente il regime in cosa consiste? È stato proprio in Serbia che ho capito che sono molti i modi di interpretazione della realtà.
In Corea invece ricordo che guardando la televisione mi sono accorto che si parlava solo di Asia, non c’erano accenni all’Europa o agli Stati Uniti. Quindi in questa esperienza ho capito che esiste ancora un’altra percezione del mondo e quindi che quella scala di valori che abbiamo noi altrove non esiste o è diversa.
Parliamo di street art romana e delle sue evoluzioni
La street art mi ha stupito perché pensavo fosse finita. Sono cresciuto con graffiti, crew e posse, il che allora andava tanto di moda quandoad un certo punto si sono spenti i riflettori. Quindi anche io pensavo che fosse un’esperienza conclusa, finita. Ora invece ha preso una strada diversa, più commerciale, molto più americana, anche discutibile se vogliamo. I nostri artisti romani, Sten&Lex, Lucamaleonte, JBRock sono arrivati quando io pensavo che la street art che si vedeva in giro fosse la coda di una cosa morta e invece è grazie anche a loro che siamo tornati a interrogarci sul futuro della street art. Io l’ho fatto tramite la rivista Lo Stile, ci siamo interrogati sulla sua situazione e abbiamo organizzato delle istallazioni occupando alcune stazioni della metro e chiunque poteva portare quello che voleva. Lo abbiamo fatto nella stazione di Cipro, in quella di Monti Tiburtini, a Garbatella nelle quali tutto il giorno si facevano graffiti e murales.
A Monti Tiburtini abbiamo fatto un’istallazione dal titolo “Commemorazione preventiva delle vittime di un attentato” per ricordare gli attentati che ci furono a Madrid, attraverso un’istallazione su una parete con i fiori, borsette, cuoricini e con tutte le foto nostre, simulando di essere state tutti vittime di un attentato. Distribuivamo i volantini con scritto Boom! La gente quasi aveva paura a prendere la metro.
Per me la street art a Roma è stata questa. Allora lo immaginavo ancora un fenomeno underground, non pensavo che poi sarebbero saltati fuori eventi importanti, gallerie, investimenti.
Spiegaci cosa è secondo te il Pop surrealism.
È una sub corrente dell’arte low brow che a sua volta è molto legata alla cultura americana che in Europa è ancora difficile da capire. A partire dalla fine degli anni ottanta quasi anni novanta c’è un ritorno all’ordine: basta con il post-concettuale e post-moderno. Si avverte an soprattutto nell’artista un sentimento di ritorno alla cultura tradizionale, all’olio, alla tela, all’artigianato, alla fattura. Le avanguardie degli anni settanta vengono superate da questa sferzata verso l’underground. Questa è sostanzialmente la grande lezione del low brow e del pop surrealism.
Che rapporto hai con Roma?
Difficile dire una cosa su Roma che possa sembrare intelligente su due piedi. Prima cosa Roma è una città imperiale e come tutte le città imperiali anche Roma è difficile da inquadrare. Secondo, Roma è la città della mia infanzia, dei miei ricordi, è una città accogliente, ma anche provinciale e questa dimensione paesana e provinciale è la sua grande forza. Credo che Roma meriti più carezze. Più amore. Da parte di tutti.
Eva Di Tullio
Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!