Roma umilia il suo paesaggio: le sue campagne urlano grida di cemento e la grande bellezza è devastata da una corsa cieca al reddito della cubatura. Le nuove periferie sono mostri edilizi, aridi e scomodi nidi, attori estranianti di un mercato anomalo. Non c’è spazio per l’architettura nei bilanci delle imprese, non c’è margine di qualità, né di onesto buon senso.
Anche Tokyo soffre di una corsa incontrollata alla cementificazione del paesaggio, ma a volte i costruttori lasciano spazio all’architettura. Sarukagu, di Hakihisa Irata, è ad esempio un piccolo villaggio che fa della dimensione umana l’elemento fondante del progetto. Ogni rapporto spaziale è calibrato in un disegno percettivo di estrema eleganza e piacevolezza. Il risultato non è mero oggetto di profitto, ma spazio per l’uomo.
Luca Di Carlo
A 19 anni ho smesso di straziarmi su dilemmi esistenziali per iniziare a chiedermi: "può l'architettura essere poesia?". Adesso, che di anni ne ho 25, sono qui ogni settimana a condividere con voi le risposte che ho trovato (e quelle che ancora cerco)