La puntata di oggi la voglio dedicare alla città di Napoli, non solo per rendere onore all’artista di cui vi parlo oggi che nella città partenopea è nato e vive ancora, ma perché credo che sia una delle città italiane più belle, un gioiello dell’arte e della cultura. Da sempre. Del suo valore artistico e culturale potremmo parlare per una settimana, notte e giorno ad elencare i bei monumenti e le piazze, la vista sul Vesuvio, la storia della città così vicina a Roma, così particolarmente satelliti l’una dell’altra, la loro rivalità. E poi una città non è bella solo per la sua architettura ma anche e in molti casi soprattutto per le persone che la vivono ogni giorno. La creatività e la spontaneità sono due caratteristiche dei napoletani, cortesi ma allo stesso tempo non te la mandano a dire, non ti fanno mai sentire straniero nelle loro piazze affollate e chiassose, dove sembra che tutto può accadere. Ecco, se fossi nei panni di uno di quei secessionisti vestiti di verde e bevono birra come irlandesi nel giorno di san Patrizio sul ponte di legno a suon di rutti e cazzate (quindi sarebbe giusto concedergli la secessione così avremmo qualche coglione in meno in questo paese) allora direi anche che nei vicoletti di Napoli può accaderti di essere scippato, che qualcuno voglia fregarti mentre fai la fila al porto e tante altre cose del genere. Potrei dirlo, lo scrivo soltanto per dovere di cronaca ma aggiungo che a me non è mai successo nulla di tutto ciò, mentre altrove, in alcune città del nord Italia e anche in Europa mi è successo invece. Non è un anatema contro i nordisti, tantomeno contro l’Europa, anzi un invito a tutti, per quanto queste parole possano essere gradite, a visitare Napoli, a scoprirla se ancora non l’avete fatto e a riapprezzare una città che ha dato tanto al nostro paese, come Milano, Torino e Venezia. Non scendete nella retorica dei pregiudizi, questo vuol dire essere limitati.
Nei miei vari soggiorni a Napoli, in compagnia di amici che Napoli conoscono bene, ho avuto modo di apprezzare i lavori di Diego Miedo, proprio l’artista di cui vorrei parlarvi oggi.
Spero almeno lui sia felice della presentazione.
Diego Miedo è nato a Napoli, quando io avevo all’incirca tre anni, una mocciosetta con i capelli ricci che faceva i dispetti alle tre sorelle sceme.
Diego ha studiato arte a Napoli e poi nel 2004 ha frequentato una scuola di fumetto a Bologna, città in cui altri artisti come lui hanno trovato spunto (leggi alla voce Andrea Pazienza, per esempio); collabora con la rivista mensile Napoli Monitor in qualità di disegnatore e poi è anche uno street artist davvero molto bravo.
È proprio dei suoi lavori per strada che vorrei farvi vedere in questa domenica di sole e di romanata al Circo Massimo.
Attraversando Napoli in quelle famose trasferte di qualche anno fa mi sono trovata spesso di fronte alle sue strane creature, alcune belle, altre cicciottelle e tutte deformi che a dirla tutta mi hanno fatto sorridere. E pensare, riflettere.
Le sue creature giganti ma anche quelle più piccole realizzate su poster attaccati un po’ ovunque a Napoli, dal centro alla periferia senza alcuna distinzione, mi sembra proprio che provengano dai suoi fumetti e mi piace immaginare che la superficie urbana fosse sia per Diego semplicemente un foglio più grande, magari uscito male dalla tipografia ma su cui può creare senza limiti di spazio. Un unico pensiero che si adatta bene su tutte le superfici. Anche su quelle della pensilina dell’autobus, un lavoro realizzato a Gaeta per il progetto INATTESA del festival Memorie Urbane 2014.
I suoi lavori sono poetici, poesie anatomiche di esseri umani e animali che vagano negli spazi urbani, così teneramente sospesi, in attesa di trovare un filo conduttore che li leghi alla realtà che forse è più deforme della loro stessa fisionomia. È proprio questo l’effetto che sento vibrarmi dentro quando guardo i lavori di Diego, non capisco più quale è questo e quale è quello, cosa è reale e cosa è irreale.
Forse viviamo in un mondo surreale ma non vogliamo dircelo?
Buona domenica!
Zelda
Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.