Gli oscar sono ormai passati da più di una settimana, siamo stati invasi da una sovraesposizione mediatica fatta di vestiti d’alta moda, red carpet, Brangelina, selfie di gruppo, Liza Minelli troppo bassa per entrare nella selfie di gruppo, selfie con Liza Minelli che sennò poi s’ incazza, vittorie italiane, vittorie italiane “ma a me la grande bellezza non è piaciuto”, vittorie italiane “ma a me la grande bellezza non è piaciuto perché l’Italia non è così”, vittorie italiane “ma a me la grande bellezza non è piaciuto anche se non l’ho visto finire”, vittorie italiane e “Maradona”, Leonardo di Caprio con le pive nel sacco, Leonardo di Caprio “ma doveva vincere lui”, Leonardo di Caprio triste, Leonardo di Caprio fair play, Leonardo di Caprio “sarà per la prossima volta”.
Si, sembra strano, ma delle cinque ore di diretta, sembra che solo queste cose abbiano attecchito nella memoria di massa.
Quindi pure noi, ci inseriamo nell’enorme dibattito globale, dove il dolce Leonardo di Caprio fa la parte del povero reietto e Mattew McConaughey quella del vile usurpatore del trono. Mi dispiace Leo, ma ti tocca.
Esordirò dicendo la stessa cosa che vado dicendo a destra e a manca da qualche settimana, quella cosa che mi ha permesso di non stupirmi più di tanto quando Mattew, con la sua meravigliosa e per niente tamarra giacca bianca, è salito sul palco del Dolby Theater per ricevere la statuetta come miglior attore protagonista.
Questo è indubbiamente l’anno di Mattew.
Non so bene il motivo, ma il ragazzo texano con la protesi dentale più sibilante di Hollywood ha messo da parte le commedie romantiche, le parti secondarie in commedie non romantiche, i perizomi da spogliarellista e ha cominciato a scavarsi dentro, per trovare la verità e la motivazione che si nasconde nel cuore di ogni personaggio. Come la compagna di classe un pò sciatta che veniva a scuola sempre in tuta e non si truccava mai, che un giorno si presenta acchittata da vera signorina e diventa la protagonista delle vostre fantasie.
Ecco, Mattew McConaughey è quella ragazza. E l’oscar è il limone duro che vorreste somministrare a quella ragazza, perché improvvisamente è diventata tutto quello che avete sempre desiderato. Dall’altra parte Leo è quella strafiga allucinante di cui siete innamorati da sempre ma che non vi caga mai.
E dopo un pò, anche basta.
Nel giro di un paio d’anni, McConaughey ha girato due prodotti audiovisivi di alta qualità, che forse non ha scritto lui, di cui non ha diretto la fotografia nè le riprese.
Tutte cose, queste, che fanno sembrare il lavoro dell’attore sul personaggio una passeggiata.
Ma più ci penso, più i risultati raggiunti lo rendono superiore alla maggior parte delle persone che conosco, compresa me stessa che in confronto, nel giro di due anni, al massimo ho smesso di mangiarmi le caccole, e nulla di più.
Ma andiamo un attimo per ordine.
Tra il 2012 e il 2013, McConaughey si è buttato anima e corpo nello studio, nell’interpretazione e nella successiva incarnazione di due personaggi complessi: il detective socoipatico Rusty Cole della miniserie da 8 episodi prodotta da HBO (che Dio l’abbia sempre in gloria) True detective, e l’eroe moderno Ron Woodroof, elettricista di Dallas, sieropositivo prima e malato di Aids poi, che ha la sfiga di vivere in quel periodo storico maledetto in cui non si sapeva ancora che il binomio cocaina e puttane non portava a niente di buono.
Quest’ultimo ruolo, quello del protagonista della pellicola delicata e toccante Dallas buyers club, gli è valso il meritato (per quanto mi riguarda) oscar di cui tutti parlano.
In molti si sono domandati come, il riconoscimento più prezioso al quale chi lavora nel magico mondo del cinema aspira, sia potuto cadere nelle mani di un attore di cui pochi ricordano una performance positiva o degna di nota.
Si affollano le comparazioni tra di Caprio e McConaughey su ogni piattaforma mediatica, twitter impazzisce, facebook diventa monotematico.
Si fanno congetture, si grida allo scandalo, al complotto massonico e templare, e si ride. Parecchio.
Ma visto che a classifiche, a 10 motivi per cui di Caprio non ha vinto l’oscar, siamo già messi parecchio bene, ho deciso di elaborare una formula matematica attraverso la quale una vittoria inaspettata diventa plausibile, anzi, scientificamente accurata.
Prendete un attore dello star system hollywoodiano che nella sua vita non ha mai fatto niente di che, ma che ha un faccino talmente adorabile che glielo perdoni. Fatto? Dategli in mano un copione scritto come Dio comanda. Dategli una spalla strabiliante, un Jared Leto se ce l’avete. Fate in modo che nello stesso anno, questo attore scarsino ma carino sia presente sia in televisione che al cinema.
Mi raccomando però, se deve reggere una stagione televisiva, accertatevi che anche la serie tv sia altrettanto qualitativamente alta. Tipo che deve essere scritta da Nick Pizzolatto, che il co-protagonista sia Woody Harrelson, e che sia talmente sporca, brutta e cattiva da far capitolare quei dubbiosi che vivono nell’oscurità delle loro camerette.
Ma questo non basta. Non può bastare. Esiste una componente che più che scientifica è magico alchemica.
La paraculata hollywoodiana.
All’Academy piace da morire quando un attore bello bello in modo assurdo smette i panni della divinità greca e si abbruttisce, ingrassa, dimagrisce, invecchia, si storpia, in un moto di stanislavskijismo estremo. Motivo per cui una delle poche cose che si dicono in giro di Dallas Buyers Club sono riconducibili all’incredibile dimagrimento del protagonista.
Ma il film com’è? McConaughey è dimagrito 45 chili! Ok, ma il film è bello? McConaughey è dimagrito 45 chili! Rispetto ad Antani, ma per due, anche se fosse supercazzola bitumata ma con lo scappellamento a destra? McConaughey è dimagrito 45 chili! Va bene, lascia perdere. Ci piacerebbe pensare che il mondo fosse un posto migliore, e che tali manovre non contassero più di tanto, ma questa è la triste verità. Chi si violenta vince. Ultima componente, forse la più importante: la sfiga, non del vostro attore prescelto, ma degli altri. Fate in modo che l’attore da voi selezionato venga nominato agli oscar nella stessa categoria di Leonardo di Caprio che si, magari non ha fortuna in questo frangente ma che è bravo, ricco (schifosamente ricco) e bello da morire.
E direi che può bastare per due vite almeno. Però casomai, e lo dico per correttezza, Leo, se ti senti triste, dammi un colpo di telefono.
Ci ordiniamo una pizza, guadiamo Ginnaste vite parallele e ti lascio piangere sulla mia spalla finché non ti addormenti.
Beatrice Lombardi
Laureanda presso il CITEM di Bologna è nata 26 anni fa dal tubo catodico. Dopo anni di amore e odio con mamma Televisione e papà Cinema ha deciso di percorrere nuove strade ed è scappata con il Web.