Tuesday poison: Rose Wong


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La puntata di questo martedì è tutta al femminile.
Innanzitutto vorrei dedicarla alle donne che leggono la mia rubrica, anche a me che sono donna dalla punta dei capelli fino ai piedi, e poi l’ospite di questa puntata è proprio una donna. Questo per ricordare che essere donna è un privilegio, non una condanna alla sofferenza come hanno voluto farci credere coloro che hanno scritto i testi sacri che molti uomini hanno preso alla lettera visto il numero infinito di casi di vittime ogni anno. In ogni paese del mondo la donna è vittima di mobbing, stalking, persecuzioni, infibulazioni,  violenze, omicidio.
Non si è donne solo l’8 marzo quando il collega innamorato ma timido ci regala la mimosa.
Siamo donne sempre, nella mente. Con il cuore. Ricordalo tu che stai leggendo.

E con il cuore vi parlo oggi di Rose Wong, un’artista esordiente, talmente esordiente che è ancora a scuola, infatti studia al Pratt Institute di Brooklyn ma già ha dimostrato di cavarsela bene con gli strumenti dell’arte.
Sul suo sito, che vi consiglio di sbirciare, ci sono le immagini delle sue opere a cui non ho staccato gli occhi per un po’.
Sia quelli realizzati con la grafite che quelli con l’inchiostro mettono in evidenza la sua particolare predilezione per un surrealismo che potremmo definire delicato e anche molto colorato.
Al centro dei suoi lavori ci sono adolescenti perse nei loro mondi paralleli fatti di pensieri e immagini che si intrecciano, mentre intorno il mondo reale si fa piccolo al cospetto della fantasia che nutre le giornate di quelle fanciulle irraggiungibili.
Guardando le opere di Rose Wong mi è venuta nostalgia di un tempo passato, proprio quello della fase tra l’adolescenza e l’avvicinamento verso la fase adulta, quando il tempo è ancora amico e l’immaginazione prende il largo tra le ore di studio e quelle rubate al sonno mentre tutto ciò che sta intorno finisce nel vuoto.
Questo concetto di mimesi che viene fuori dai miei pensieri che si incastrano attorno alle opere di Rose Wong credo sia il fine ultimo di un’opera d’arte, di qualsiasi genere; non parlo della fruibilità quanto la capacità di indagare i meccanismi della memoria emotiva dello spettatore e sviscerare tra i colori sbiaditi di un passato a cui è caduta solo un po’ di polvere sopra e basta veramente un soffio per rivivere quelle sensazioni.
Forse Rose Wong non leggerà mai queste mie righe ma già il fatto di averle scritte mi lega a lei.
Empatia la chiamavano i greci.

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Eva Di Tullio

Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!

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