Carissimi lettori, sul quotidiano la Repubblica di ieri è stato pubblicato un articolo dal titolo: “Dai graffitari alla monnezza: il magnifico fallimento di una Capitale in svendita”.
Più che un articolo è una riflessione del giornalista Francesco Merlo assieme a Carlo Verdone sulla situazione di degrado della capitale.
Oltre ai borseggiatori, agli abusivi, ai vigili che fanno finta di non aver visto nulla e alle buche stradali, nell’articolo si parla anche di graffiti e dei graffitari e di un tale Massimiliano Antonelli che nel suo Romafaschifo.com li definisce come “peggio della mafia dei cartellonisti, dei caldarrosta i che dominano il mercato dei camion-ristoro e dei bulli travestiti da antichi romani.” (ndr)
È vero che la città è arrivata ad uno stato di degrado e di abbandono e credo anche che la colpa sia imputabile soprattutto alla incapacità gestionale di chi sta al potere, non importa il colore del partito, fino ad ora Roma è sempre stata al centro di scandali finanziari, raccomandazioni, mancanza di raccolta differenziata, prostituzione, riciclaggio di denaro, droga a cui si aggiungono quelli descritti nell’articolo ma paragonare un graffitaro, come viene definito nell’articolo, ad un mafioso credo sia paradossale. La tag che dà fastidio agli occhi di chi arriva con il treno in città potrebbe essere l’ultima delle sue preoccupazioni.
E poi, carissimo collega, vorrei ricordarti che il graffito è stata la prima forma d’arte, nelle caverne gli uomini hanno imparato a disegnare la selvaggina che avevano cacciato e nei secoli successivi è diventato anche una forma di comunicazione e di dissenso nei confronti dell’oppressione e del potere. Non scambiamo l’arte con la mafia: la prima crea, la seconda distrugge. Impariamo a leggere i segni della città prima di sparare sentenze.
Restiamo un po’ in tema perché la questione del ruolo dell’arte, dei graffiti e dell’espressionismo di strada è alla base della nostra rubrica della domenica e ultimamente io e la mia collega Eva la sentiamo particolarmente vicina. E noi ne andiamo fiere perché spesso la street art fa riflettere tra le vetrine e i palazzi del centro mentre dà un po’ di colore nelle periferie delle metropoli dove Carlo Verdone dice che finisce il mondo. Per me, che ho vissuto in una delle zone periferiche di Roma, non è stata la fine del mondo, anzi, un luogo da cui ho tratto ispirazione e che mi ha aiutato a conoscere meglio la mia città.
Andiamo al sodo. L’artista di oggi è un ragazzo spagnolo che vive a Valenzia, città meravigliosa in cui hanno lasciato il loro segno anche Blu e Ericailcane, nonché i padroni di casa Escif e Hyuro. Lui si firma Deih e ha da poco realizzato un pezzo favoloso che non mi stanco mai di guardare perché ha qualcosa di magico ai miei occhi: in una parete di via San Ramon, a Barrio del Carmen, a Valenzia c’è una grande figura femminile che potremmo definire cosmica, a ben guardare dalle sue sembianze stellari, la quale tiene in mano un minuscolo essere umano con cui dialoga segretamente.
È proprio l’immagine di copertina che ho scelto con cui presentarvi questo artista che mi piacerebbe davvero vederlo cimentarsi nella mia città. Magari, chissà tra qualche anno o in qualche festival.
La Spagna è indubbiamente una grande fucina di giovani talenti, ne ho visto molti al lavoro e ogni volta resto stupita: dai Boa Mistura che ho avuto modi di conoscere personalmente, così come Borondo, passando per Sam3 e Escif e Hyuro, già menzionati qualche riga fa, e poi ancora Aryz, davvero non saprei dire quale sia il migliore.
L’artista di questa domenica incanta soprattutto per la capacità di proiettare il suo mondo surreale sulle pareti urbane, dando vita ad una moltitudine di personaggi coloratissimi che sembrano proprio provenire da un altro pianeta. In questo mi ricorda molto Aryz anche se Deih usa delle tonalità più forti, più intense.
Sono dei personaggi cosmici, cosmonauti pensierosi e malinconici che si muovono indisturbati tra le superfici, in mezzo a noi che non possiamo fare a meno di notarli. Sono soggetti indiscutibilmente affascinanti, non solo per la loro diversa natura ma perché danno una scossa all’immaginazione dell’osservatore che, disciolta nei pensieri quotidiani, si lascia andare a dirottamenti fiabeschi verso un mondo che si esprime solo con i colori e la fantasia.
Con le immagini dei capolavori di Deih vi lascio sognare ad occhi aperti e vi auguro di trascorrere una buona domenica.
Zelda
Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.