C’è una cosa di cui sono fermamente convinto da tempo: gli artigiani salveranno il mondo.
E lo so, lo so che detta così suona strano, lo so che non fanno altro che ripeterci che gli antichi mestieri stanno sparendo, che andiamo incontro a un abbandono dei lavoro manuali e che il futuro passa per internet, ma gli artigiani a cui mi riferisco io, sono quelli in grado di coadiuvare la meticolosità del lavoro manuale alla comunicazione 2.0.
Che poi qualcun altro li chiamerebbe Makers. Io preferisco nuovi artigiani.
A tal proposito vi consiglio il libro Futuro Artigiano di Stefano Micelli, un saggio dal sapore provocatorio che va a riscoprire l’arte del “saper fare”.
La parola artigiano mi fa pensare all’odore del legno lavorato, al rumore delle macchine accese, al falegname con gli occhiali che osserva e rifinisce con pazienza i suoi oggetti. Mi fa pensare alla polvere nelle scarpe, alle mani un po’ provate ma belle e soddisfatte per aver dato vita a oggetti unici, mi fa pensare alla bottega di mio nonno, al tempo che ha trascorso lì dentro, ai suoi capelli impolverati, alla dedizione che impiegava nel realizzare i suoi lavori.
La parola artigiano mi fa pensare alle martellate del fabbro nell’officina vicino casa, all’amore che percepisci quando ti trovi davanti un qualsiasi oggetto fatto a mano, mi fa pensare ai cesti che realizzava il mio bisnonno. Lui li sapeva fare resistenti, diceva.
La parola artigiano mi fa venire in mente le mani, il cuore, il cervello, gli illusionisti, i trasformisti, i maghi, gli apprendisti stregoni, gli apprendisti semplici, i trucchi di magia, la ceramica di mia madre, un biscotto d’ argilla che diventa un piatto, un vaso o una scultura, un tronco d’albero che diventa una cover per iphone, un pezzo di stoffa che si trasforma in un vestito da sera, un cartone ondulato che diventa una lampada a sospensione. Non può che essere magia questa.
Quando parlo di nuovi artigiani mi riferisco a quelle persone che hanno saputo unire l’esperienza e la minuzia del lavoro manuale (che per anni ha contraddistinto quel fenomeno chiamato Made In Italy) a quella dose di intraprendenza moderna, tipica di chi non è in grado di trovarsi un lavoro (per questioni non proprie), ma è certamente bravo nel saperselo inventare.
Uno di questi è il mio eroe Peter Bellerby, un 48enne ex responsabile di un circolo di bowling. La storia di Peter (che ormai conosco a memoria) è sempre stato per me un esempio di come l’arte del make e del DIY combinati tra loro riescano a dar vita a progetti che si trasformano o si reinventano.
Peter Bellery tiene il mondo in un mano (facciamo due va). E non in senso metaforico.
Lo fa con una semplicità imbarazzante, con l’amore che userebbe qualsiasi padre con il proprio figlio, perché lui il mondo lo costruisce.
Se per l’80° compleanno del papà non riesci ad accontentarti di un mappamondo normale, proveniente da chissà quale industria cinese (con annessi e connessi difetti dovuti a un controllo qualità inesistente) è chiaro che nella vita hai il sacrosanto diritto di diventare qualcuno. Perché hai l’ardire di voler cambiare le cose.
E magari ci riesci pure.
Dopo 10 mesi di intensa autoproduzione atta alla realizzazione del regalo per il padre, Peter capisce che nel mercato mondiale c’è una profonda lacuna: manca qualcuno che costruisca planisferi qualitativamente degni di tale nome.
La Bellerby & Co, è oggi la più importante azienda di planisferi costruiti artigianalmente e con una qualità così alta, da essere usati addirittura in film come il recente Il Grande Gatsby in cui il solito Leonardo Di Caprio dimostra a tutti cosa voglia dire recitare davvero.
Tutto è rigorosamente prodotto a mano, i disegni, il calco, la pittura, l’incollaggio, in un’artigianalità ricercata, che sfiora la psicosi ma garantisce un lavoro altamente qualitativo.
Realizzare il mappamondo perfetto, spiega Peter ha richiesto mesi e mesi di pratica, tanti calchi buttati e tanta carta finita nel cestino. Perchè il margine di errore è bassissimo e nell’incollare a mano i 24 spicchi di mondo la probabilità di sbagliare è altissima.
I have a trainee at the moment who has been with me for a few months learning to paper the globe, it will probably be another five until she does her first perfect one.The papering process is long and requires complete concentration. The paper is wet so it will take the shape of the globe properly, but that makes it very fragile.
At times there will be five of us papering away on a big project and there won’t be a word shared between us, you just can’t take your eye off it.
Il video al seguito (che vi consiglio di vedere assolutamente) completa quella che è la storia di un artigiano 2.0, o di un maker o più semplicemente di un costruttore di mappamondi. Il più importante. Forse l’unico. Di sicuro un esempio da seguire per la tenacia e la capacità di reinventarsi.
Alessandro Rossi
Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.