La ricerca architettonica fallisce quando sposta il suo interesse dalla percezione spaziale alla mera speculazione formale, dal soddisfacimento dei nostri sensi alla ricerca tecnologica fine a se stessa.
La biblioteca di Foster per la Free University di Berlino ne è un esempio: una bolla dagli interni asettici senza pregi di eleganza o fascino né apparenti motivazioni funzionali. Non che ogni forma debba a tutti i costi rispettare un obsoleto funzionalismo, specialmente in un’era in cui la tecnologia ha liberato il campo creativo degli architetti, ma questa libertà dovrebbe quantomeno portare a un arricchimento del contenuto culturale, della qualità urbana degli spazi che l’edificio occupa e della fruibilità di quelli che crea.
Sou Fujimoto c’insegna ad esempio che si può ripensare una tipologia architettonica a partire da un’originale idea di fruizione. La sua biblioteca per la Musashino Art University (Giappone) è una spirale di libri, il cui unico elemento costitutivo, degli interni come degli esterni, è la libreria stessa.
Se per Kahn una biblioteca comincia con “un uomo con un libro in mano che va verso la luce”, per Fujimoto è centrale l’idea dell’uomo che tra i libri si perde, vagando in un’onirica atmosfera che è la fusione tra i libri e la luce.
Luca Di Carlo
A 19 anni ho smesso di straziarmi su dilemmi esistenziali per iniziare a chiedermi: "può l'architettura essere poesia?". Adesso, che di anni ne ho 25, sono qui ogni settimana a condividere con voi le risposte che ho trovato (e quelle che ancora cerco)