Eunjung Shin, illustrator and artist of Indivisualplay.
così si presenta sulla sua pagina Facebook: semplice ma enigmatica, proprio come i lavori che sforna dalla Corea del Sud. I più significativi sono quelli appartenenti allo studio “Indivisualplay”(Dio, quanto amo il giochino di parole in questo nome!), che ingloba la figura di quest’artista sul web (le sue meravigliose illustrazioni le potete trovare su Facebook ma anche sul sito e su Behance).
Armata di invidiabile pazienza, dopo uno sketch in matita rifinisce ogni sua tavola con le penne a sfera colorate e crea opere che ammaliano ma al tempo stesso fanno accigliare: se una serenità quasi infantile traspare da una furtiva occhiata, soprattutto per l’uso dei colori, c’è poi sempre qualche (piccolo o grande) particolare che non sfugge ad uno sguardo più attento e che ogni tanto fa rabbrividire.
Ma d’altronde va così, nulla è ciò che appare (come abbiamo già imparato in qualche altro articolo), per questo i titoli delle opere rivestono qui una discreta importanza, aiutandoci a capire il messaggio che l’artista vuole esprimere.
In “Someone saw it” notiamo banchi di scuola occupati da studenti-automi tutti uguali (ahimè lo stereotipo degli scolaretti asiatici) nelle prime file della classe e, come in ogni scuola che si rispetti, i casinari in ultima fila.
Stavolta però troviamo qui un polipo gigante che stringe fra i tentacoli una studentessa invece che quattro bambocci che si lanciano palline di carta. Studio design industriale a Treviso nel tempo libero dei miei 20 anni. Per il resto sono fissato con l'esoterico, cerco messaggi nel mondo, parlo con persone.
E’ evidente la gigantografia del reale e la sua successiva manipolazione che Shin ci mostra nelle opere: vuole usare un filtro pastello per descrivere fatti, vicende e punti di vista personali che, senza di questo, risulterebbero disturbanti e spaventosi.
In “The girl piper” invece, forse non facciamo una smorfia di disgusto nel vedere la scena rappresentata, ma siamo piuttosto sorpresi ed affascinati. Non mancano i pezzi in bianco e nero ovviamente, oltre che ad una serie di schizzi che riprendono fedelmente (a volte con alterazioni fisiche volontarie) l’anatomia animale e vegetale, dimostrando che l’abilità di questa artista arriva a toccare anche le corde della raffigurazione realistica oltre che di quella onirico-surreale.
Ma d’altro canto a lei piace di più starsene fra una fiaba ed un horror a quanto pare e se ci riesce, sfruttando l’immagine un po’ mistica e sognatrice che intuiamo dal logo di Indivisualplay, meglio per tutti!
Roberto Todone
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