Questa settimana abbiamo una fotografa, docente e direttrice artistica. Sara Munari è una viaggiatrice, i suoi soggetti non appaiono mai in posa e i suoi colori assorbono in pieno il senso della realtà rappresentata, mostrando una fotografia libera da vincoli e costrizioni.
Ciao Sara, potrei aver dimenticato qualcosa ci racconti chi sei?
Sara Munari è una fotografa, in questi anni, quasi per caso, ho avuto l’opportunità di insegnare Storia della Fotografia all’Istituto Italiano di Fotografia, e Reportage per Obiettivo Reporter. In altre occasioni anche tecnica ed editing. Grazie all’insegnamento, mi sono avvicinata al settore teorico della fotografia con la possibilità di tenere letture portfolio e conferenze. Per produrre le mie mostre viaggio molto. Mi piace il mondo relativo all’immagine, ora tutto sembra filare liscio, tengo duro e mi impegno, cerco di dare il massimo in entrambi i settori.
Ci descrivi la tecnica usata per il lavoro “I delfini dormono con gli occhi aperti”?
Se ti riferisci alla ricerca del materiale fotografico, tutto è avvenuto all’interno di diversi zoo europei, nei quali ho tentato di trovare animali e rappresentazioni degli stessi. Volevo spiegare il concetto che mi ero prefissata; in molti casi la riproduzione fotografica, scultorea e cartacea degli animali, appariva più reale e viva, degli animali dello zoo. Ho voluto mostrare questo ripetersi di riproduzioni, rendendo quasi indistinguibili gli animali reali da quelli riprodotti. Per quanto riguarda la tecnica fotografica, invece, si tratta di dittici scattati in digitale e assemblati.
I tuoi scatti sulla comunità Rom, mi ricordano alcune scene del film “Il tempo dei gitani” di Kusturica. Ogni viaggio lascia un segno, quali risposte cercavi, e quali sei riuscita a trovare alla fine di questa esperienza?Nonostante la volontà di comprenderla, non è compito semplice avvicinarsi a una cultura che si presenta così profondamente articolata. Si tratta di nomadi, Rom e Gitani, spesso profughi apolidi e girovaghi. Non mi piace la retorica che li beatifica, ma non sono tutti ladri o cattivi individui. Così sono andata a vedere di persona, a Tirana, in Albania. Ne ho conosciuti molti, sono stata con loro, ho visto le loro case e giocato coi loro bambini. Tra i giovani Rom, e lì erano tanti, c’era grande curiosità e disponibilità nei nostri confronti. Questo mi ha colpita positivamente, così ho subito abbandonato l’idea di rappresentarli come li avevo già visti, e ho tentato di raccontarne le caratteristiche. Non hanno storia scritta, spesso non hanno futuro, si spostano in continuazione, in molti casi sono legati a eventi che rifuggono dalla logica a cui siamo abituati.
In quale dei tuoi viaggi hai avuto più difficoltà a fotografare?
I posti dove ho avuto più difficoltà a scattare, sono stati quelli di religione musulmana. Sono luoghi in cui esistono grandi difficoltà ad accettare l’indipendenza di una donna e mi capita di non essere vista molto bene. Anche qui la difficoltà è solo iniziale, ho sempre tentato di organizzarmi, adeguandomi alle regole del paese in cui mi trovavo.
Ho notato che in alcuni scatti sono presenti degli elementi grafici. Provo a descriverti in tre parole: simmetria, ordine, silenzio. Ho sbagliato qualcosa?
Non avevo mai notato questa caratteristica ricorrente. Ho realizzato un lavoro con elementi forzatamente grafici, è l’ultimo, “P|P|P| Place Planner Project”. Il progetto è realizzato in diverse città e paesi di Israele e Palestina. Ho tentato di lavorare sulla definizione dello spazio e qui si è concentrata la mia ricerca fotografica. Non sono in grado e non sono voluta entrare nel merito politico e religioso. La mia è solo una considerazione sugli spazi vitali di ogni singola persona, per questo motivo mi sono ritrovata ad aggiungere anche elementi grafici.
Quali sono i consigli principali che dai ai tuoi studenti di fotografia?
Consiglio di individuare il settore fotografico al quale dedicarsi, studiare e perseverare, tenere duro e “combattere” per il proprio lavoro. Questa è un’epoca di mordi e fuggi, di giudizi frettolosi, di “mi piace” su Facebook. La fotografia, se fatta con passione, implica rinunce e forza di volontà.
La mia domanda finale: uno dei libri sulla tua scrivania, un film che dovrei assolutamente vedere, un fotografo che dovrei conoscere?
Lezione di fotografia di Stephen Shore, Smoke di Wayne Wang e una dura lista di fotografi…André Kertész, Brassaï, Diane Arbus, Willy Ronis, Elliott Erwitt, Garry Winogrand, Stephen Shore, William Eggleston, Duane Michals, Chema Madoz, Mary Ellen Marz, te ne potrei elencare altri 100!
Martedì scorso è avvenuto un fatto insolito, a distanza di poche ore ho ricevuto le risposte alle domande di due interviste. Sono rimasta molto colpita dal film consigliato da Monica Leggio, e solo qualche ora dopo, Smoke di Wayne Wang, è arrivato anche con Sara Munari. Potrete immaginare la mia curiosità, invito quindi tutti gli amanti delle chicche d’artista a non esitare, questo weekend avete un film da vedere.
Ringraziamo Sara per averci concesso questa intervista, vi invitiamo a visitare il suo sito: http://www.saramunari.it/
Deianira Vitali
Da quando vivo a Roma, penso al cibo per buona parte della giornata. Abbandonati i cocktail serali, ho scoperto l'amore per lo Jagermeister. Il lavoro è solo una pausa tra le mie instancabili ricerche: arte, fotografia e grafica. E quando il sonno tarda ad arrivare, c'è sempre tempo per disegnare.