Cristina è giovanissima, ed è stata una delle prime scoperte fotografiche per le quali devo ringraziare i social network. Non ricordo quanto tempo sia passato dalle prime immagini pubbliche dei suoi autoritratti, quello che so, è che con il suo bianco e nero, Cristina ha intrapreso un percorso fotografico che vale la pena approfondire. Nata a Savigliano nel 1987, il suo primo incontro con la fotografia avviene alle scuole superiori, all’Istituto di Grafica Pubblicitaria. Sensibile a diverse forme d’arte, come la pittura e il teatro, Cristina decide nel 2009 di usare la fotografia come suo principale mezzo di espressione.
Cristina, ho provato a raccogliere informazioni su di te ma non è stato facile. Sono passati alcuni anni dal tuo approccio alla fotografia, come descriveresti questo percorso?
Un percorso di conoscenza personale, innanzitutto, e di crescita. Realizzando progetti per molti versi autobiografici, affronto le mie paure e insicurezze, ma non solo, esterno le mie emozioni, dalla gioia, alla rabbia, al dolore, all’amore. Queste forme di esternazione e condivisione mi sono state di grande aiuto e lo sono tutt’ora.
Che significato ha per te l’autoscatto, come mezzo di espressione, e quali sono i motivi che ti hanno spinto a consolidare questa tecnica?
L’autoscatto è stata una scoperta anche per me! All’inizio non pensavo di riuscire a mettermi davanti alla macchina fotografica. Inizialmente realizzavo progetti con altri soggetti. Un giorno ho avuto voglia di comunicare un mio “sentire” e ho pensato che solo io ero in grado comunicarlo. Da quel momento è iniziato questo percorso meraviglioso perché, come anticipavo, mi ha aiutata a crescere. Prima ero molto riservata e, per problemi di autostima, faticavo a far sentire la mia voce. L’autoscatto è stata una sorta di auto-terapia, come succede a molti fotografi che utilizzano questa tecnica. Col tempo, anche la mia grande passione per il teatro mi ha aiutato a “mettere in scena” alcuni progetti, un esempio è Kontakt.
L’immagine qui sopra è una delle mie preferite e vorrei cogliere l’occasione per indagare cosa c’è dietro un autoscatto. Chi si nasconde al di là dell’obiettivo, chi altro partecipa al progetto e in che modo contribuisce al risultato?
L’autoscatto solitamente è molto intimo, ci siamo la macchina ed io, e la macchina è come se fosse uno specchio, interiore. Mi apro e finalmente comunico quello che penso e quello che sento.
Per prima cosa, in mente ho un progetto ben preciso, faccio una prova; imposto l’autoscatto, 10 secondi e, in quel lasso di tempo, cerco di dare il meglio di me nell’interpretazione, movimento o emozione.
A volte realizzo più scatti per la stessa posizione, altre volte la prima è buona. Sicuramente, se non fossi solo io con la macchina, molti scatti non sarebbero autentici. Ho anche voluto realizzare alcuni progetti con l’aiuto di persone a cui sono molto legata e con cui ho una certa confidenza. Per esempio, per realizzare Imprigionata, il primo vero progetto, devo ringraziare Nicoletta, una cara amica senza la quale alcuni scatti sarebbero stati irrealizzabili.
Kontakt è stato invece il progetto collettivo. Inizialmente eravamo in due, poi le persone che hanno collaborato sono progressivamente aumentate. Credo sia stata una grande evoluzione.
Chi è Chiara Miretti? I suoi testi sono la guida senza volto dei tuoi lavori.
Questa sì che è una bella domanda! Grazie per avermela fatta. Chiara è innanzitutto una grande amica ed è una persona di grande talento. Fin dall’inizio, ho capito che le sue parole comunicano le stesse emozioni che, con i miei lavori, cerco di trasmettere. Quando ho realizzato Urla nel Silenzio, ho pensato subito a lei; solo lei avrebbe saputo cosa comunicare, attraverso un testo.
Per ogni progetto, le lascio le foto; lei le osserva a fondo e, dalle emozioni che le immagini suscitano, scrive. Ogni volta rimango colpita da ciò che riesce a esprimere, abbiamo pensieri simili e, ognuna delle due ha il suo linguaggio.
I tuoi lavori raccontano, da diverse angolazioni, il disagio e la rabbia che conseguono temi complessi quali la libertà, il silenzio, la fisicità e l’amore. Ci racconti le tematiche a cui sei più legata?
I temi che affronto dipendono da cosa sto vivendo. Fino all’anno scorso, mi sentivo oppressa, quindi concetti quali “libertà” e “maschera” erano molto più forti rispetto ad altri. Il “corpo” e il “movimento”, invece, sono emersi attraverso un percorso teatrale, legato alla fisicità ed alla percezione corporea. Temi quali “ascolto”, “rispetto” e “andare oltre all’apparenza”, sono ricorrenti, perché particolarmente importanti. Negli ultimi lavori è presente il tema “amore”, sto vivendo questa emozione e sento il bisogno di comunicarla.
In questi anni ti sei avvicinata anche al teatro e i tuoi ultimi progetti si possono definire delle vere e proprie performance. Ci racconti il video di Kontakt?
Kontakt è nato nel dicembre del 2011. Iniziai a notare quanto i corpi sono distanti tra loro, quanto poco veri sono i contatti tra le persone e quanto poco ci si abbraccia, anche nell’ambiente famigliare e tra partner.
Lo studio di Kontakt ha richiesto molto tempo perché il progetto non prevedeva solo me e la macchina, avevo bisogno di un’altra presenza. Questa è stata la ricerca più difficile, cercavo una persona con un certo tipo di sensibilità e ascolto. L’incontro con Anastasia Pirogova, danzatrice e coreografa, è stato fondamentale. Man mano abbiamo iniziato a elaborare i movimenti e scelto le location. L’idea d’indossare la benda è stata molto costruttiva, togliendo la vista, gli altri sensi si accentuano, soprattutto l’udito e il tatto. Proprio con questo esercizio si comprende a fondo come vivono i non vedenti, ed è incredibile quanto ci sia da percepire attorno a noi, ogni singolo suono e tocco acquisiscono un grande significato. Kontakt è stato realizzato come performance. In futuro vorrei presentarla in altri spazi, organizzando un vero e proprio evento, con l’obiettivo di sensibilizzare più persone a questo tema.
Cristina, è arrivato il momento di salutarci. Ti chiedo di provare a fare un mix tra il tema “il ruolo della donna nella tua vita” in quanto nelle tue foto riesci a esprimere con grande essenzialità il tuo lato maschile e femminile, e le tue fonti d’ispirazione esterne, qualunque esse siano.
Tutti abbiamo una parte maschile e femminile dentro, e mi piace l’idea di “giocarci” lasciando vivere entrambe proprio perché fanno parte di me. Mi piace sperimentare.
Le fonti d’ispirazione possono essere molte, le emozioni che vivo, qualcosa che leggo, una persona che conosco. Catturo sensazioni che successivamente riproduco in immagini.
Ti ringrazio per quest’intervista, fa sempre piacere sentire l’interesse di un’altra persona nei confronti di ciò che crei.
Ringraziamo Cristina per averci concesso l’intervista e vi invitiamo a dare un’occhiata al suo sito: http://www.cristinapedratscher.com/
Deianira Vitali
Da quando vivo a Roma, penso al cibo per buona parte della giornata. Abbandonati i cocktail serali, ho scoperto l'amore per lo Jagermeister. Il lavoro è solo una pausa tra le mie instancabili ricerche: arte, fotografia e grafica. E quando il sonno tarda ad arrivare, c'è sempre tempo per disegnare.