Durante i miei studi di Storia dell’architettura I ( leggi: serie di mattoni che mi hanno portato ad abbandonare lo studio degli stessi, dopo un primo tentativo miseramente fallito) ho imparato una cosa: la prospettiva non ha padroni o inventori (nonostante molti chiamino a gran voce sor Filippo Brunelleschi), ma se proprio dobbiamo dare la colpa merito a qualcuno questo é sicuramente Leon Battista Alberti che per primo mise nero su bianco, degli studi scientifici a riguardo.
Il termine prospettiva deriva dal termine prospetto, dal latino prospectus, participio passato di prospicere cioè “guardare innanzi” (Prendete appunti perché poi non ripeto) e indica la tecnica con la quale é possibile riprodurre in tre dimensioni, un oggetto o uno spazio , attraverso l’utilizzo di piani geometrici e di un punto di vista.
Ora prendete l’evidenziatore e passatelo bene sulle parole Punto di vista, perché é di questo che parleremo nell’articolo di oggi.
Bene bambini ( non mangiate le merendine mentre spiego), dopo questo breve ma doveroso excursus sulla prospettiva, che ha contribuito ad acuire la mia depressione universitaria, il vostro maestro non(ancora)-laureato (anche io come molti, sono diventato maestro a suon di raccomandazioni) vi vado a presentare l’artista Georges Rousse.
Nato a Parigi nel 1947 (non proprio un artista di primo pelo) potremmo definirlo un fotografo, un pittore, uno scultore e persino un architetto. Georges si diverte a scovare edifici abbandonati, fabbriche dismesse, sull’orlo della demolizione o della ristrutturazione, per fare degli spazi all’interno, il soggetto delle proprie opere.
L’artista, con tanto di cavalletto, dopo aver fatto un giro di ricognizione disegna su carta il modo in cui immagina lo spazio. Poi piazza la sua macchina fotografica con un grandangolare e con l’aiuto della sua troupe, si arma di pennello e altri oggetti, riplasmando in maniera incredibile un’architettura che si presta come un’amica fedele a giochi illusori e paradossali.
Rousse riesce così a creare una sapiente sinergia tra il luogo e l’opera stessa, in un connubio che manifesta la sua perfezione nell’istante ultimo della fotografia. Quell’istante in cui si ha un solo Punto di vista e un unico modo di testimoniare che l’opera è esistita.
Le sue immagini destabilizzano lo spettatore, lo fanno interrogare sul come certi giochi siano possibili e lo trascinano in un tunnel che lo vedono a inseguire forme e geometrie su muri, cornicioni, colonne e tutti gli altri elementi dello spazio.
Alessandro Rossi
Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.