Le conseguenze della guerra raccontate attraverso uno sguardo esterno ma perlustrativo, che penetra con la stessa efficacia di un doloroso dettaglio. Sono le immagini di Antonio Ottomanelli, che testimonia con la serie «Collateral Landscape» la situazione urbana postbellica in regioni del Medio Oriente come Iraq, Afganistan e Palestina in cui la distruzione degli spazi è all’ordine del giorno.
Dal 2009 ad oggi Ottomanelli ha raccolto una serie di scatti che documentano, quando c’è, una ricostruzione graduale e tardiva, sempre faticosa.
Il punto di partenza del suo progetto è un silenzioso lavoro di ricerca volto ad offrire una rilettura inedita di quei luoghi che solitamente fanno da sfondo alle immagini di guerra. Sono aree geograficamente lontane, (Kabul, Baghdad, Sadr City, Herat, Dokan, New York City, Gaza) unite da un solo unico evento: l’11 Settembre 2001. Da allora le realtà di questi luoghi sono state stravolte, distrutte e ora in fase di ricostruzione. Come dice anche l’autore, lo stesso Collateral Landscape è un’esperienza di ricostruzione che inizia, oggi, con la fotografia. Perché con la fotografia si può fare anche questo”.
L’arte si fa dunque strumento di indagine e intervento sociale.
Così, in un sottile andamento che si alterna tra sequenze di dettagli urbani e presenze umane Ottomanelli opera un tentativo di ricostruzione di territori lontani, ricomposti attraverso dittici o trittici che confondono sullo stesso piano una serie di situazioni considerate molto differenti tra loro, ma figlie di schemi e simboli conosciuti che li rendono un unico paesaggio, uno nuovo ed immaginario, capace di fornire la lucida analisi del meccanismo con cui la comunità umana affronta uno shock.
Gli edifici restano così, intoccati ma non dimenticati, e assumono il ruolo di marchi dolenti che affliggono le comunità che continuano ad agitarsi attorno ad essi, adattandosi ad un paesaggio che diventa lamentosa implorazione.
Gli spazi accolgono le interrogazioni dell’uomo sul senso delle cose e sono quindi riflessivi, e mai prevedibili.
Collateral Landscape è il ritratto sintetico di ciò che può essere trovato nel mondo al limite tra l’emergenza e la crisi. Il riassunto capace di partorire una visione del nostro territorio, delle nostre città, proveniente dal futuro: una collezione di linee e sottili frammenti che vengono da un paesaggio post globale, come scrive Eugenio Alberti Schatz nel suo testo critico: “La forza di queste immagini sta non solo nel fatto di essere documento per la memoria, o immagini delle trasformazioni contemporanee, ma anche a volte una profezia del futuro. Quando la fotografia ci riesce è uno stato di grazia”.
COLLATERAL LANDSCAPE
frammenti di paesaggio ai margini della ricostruzione postbellica
In mostra alla Triennale di Milano, via Alemagna 6
dal 12 maggio al 23 giugno 2013
a cura di Joseph Grima
L’allestimento è concepito per permettere un importante grado di interazione con il pubblico, in linea con gli intendimenti stilistici e di informazione che sottendono e hanno sempre guidato il lavoro. La sequenza lineare delle immagini che compongono il paesaggio collaterale potrà di volta in volta essere ridefinita dal visitatore. Le opere potranno infatti essere spostate costruendo nuovi accostamenti, nel tentativo di comporre ogni volta nuovi paesaggi e narrazioni.
La mostra è il frutto di una collaborazione tra Luz e la Fondazione La Triennale di Milano
Orari
martedì-domenica 10.30 – 20.30
giovedì 10.30 – 23.00
lunedì chiuso
Stefano Gizzi
A volte cerco di ricordare a quando possa risalire il primo fotogramma della mia esistenza, ma non sono mai riuscito a trovare un punto d’inizio. Perché da che ne ho memoria la fotografia ha sempre fatto parte di me.