C’è un paese dove le persone non parlano quasi mai. È il paese della grande fabbrica delle parole. In questo strano paese, per poter pronunciare le parole bisogna comprarle e inghiottirle.
Così inizia uno dei libri più belli che io abbia mai letto e assaporato, una deliziosa creaturina di carta colorata e profumata di parole e immagini che raggiungono il cuore, dritto al centro.
“La grande fabbrica delle parole” (La grande fabrique de mots) è un libro illustrato, per grandi e piccini, nato dalla collaborazione tra la fantasia della scrittrice francese Agnès de Lestrade e la creatività del disegno di Valeria Docampo, un’artista di Buenos Aires ma che attualmente risiede a Lione, in Francia e ha partecipato al Children Bookfair’s di Bologna nel 2008.
È la prima volta in questa nostra rubrica del martedì che mi dedico a un’opera anziché al suo autore e lo faccio con gli occhi illuminati e un grande sorriso come quello di Philéas, il piccolo protagonista del libro.
Il libro parla di una storia tenera tra due bambini, Philéas e Cybelle, i quali vivono in un paese in cui per parlare bisogna comprare le parole e come qualsiasi altra cosa che si indossa anche queste spesso si possono comprare in offerta, oppure racimolarle dalla spazzatura. E qualche volta succede anche che le parole volino nell’aria e i bambini allora corrono ad acchiapparle come si fa con le farfalle, così da poterle dire ai loro genitori.
Philéas è innamorato di Cybelle, una bambina graziosa dai capelli bruni raccolti in due codine sulla testa che la fanno sembrare una piccola principessa adornata da fiori bianchi e un vestito rosso vivace, come l’amore che le gira intorno, quello del piccolo Philéas, sperando di poterla conquistare con semplici parole catturate con il suo retino fuori dalla sua finestra.
La tenera storia e il disegno minuzioso, così come la semplicità delle parole e l’intensità dei colori creano davvero qualcosa di surreale, che oltrepassa l’epidermide e rimane attaccato con un’emozione infinita. Gli occhi scorrono sulle immagini e sui dialoghi e quasi si perdono tra le righe inesistenti e le forme armoniose dei suoi piccoli personaggi, i quali inducono il nostro sguardo a ricominciare daccapo la lettura, a compiere lo stesso percorso e a cibarsi di amore.
A Philéas non rimane che una parola sola: ancora!
Eva Di Tullio
Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!