Guardate un pò chi ho intervistato per voi in questa bella (si spera) domenica di primavera?
Buona lettura e soprattutto buona domenica!
Raccontaci chi è Giulio Vesprini?
Giulio Vesprini è un ragazzo nato nel 1980 a Civitanova Marche.
Da sempre legato al mondo artistico, anche se non propriamente figlio d’arte, ha combattuto la sua lotta attraverso il linguaggio creativo dedicandosi principalmente all’illustrazione, l’installazione ed il wall paint. Oggi trentenne ricerca instancabilmente quella tematica artistica che possa far emergere al massimo le sue innumerevoli idee.
Cosa pensavi di diventare da piccolo?
Da piccolo come credo il 90% dei bambini nati sotto il cartone Grisù volevo fare il pompiere.
Questo desiderio come nel 90% di quei bambini non si è avverato;
c’era però anche la professione dell’ingegnere civile. Fin da piccolo visitavo gli studi di un collega di mio padre e avevo sempre matite e righelli nelle mani; ero affascinato dal normografo e componevo scritte sul modello tipografico. Avevo circa 8/9 anni. Oggi sono laureato all’accademia delle belle arti ed alla facoltà architettura, quindi qualcosa in quegli anni di determinante deve essere successo…
Cosa significa essere un “artista indipendente”?
L’indipendenza è una parte predominante del mio essere. Non ho mai amato le grandi flotte di persone e le tante tendenze che spesso caratterizzano generazioni intere. Al contrario ho sempre cercato di dare alla mia ricerca un taglio trasversale. Oggi essere indipendente significa non far parte dei circuiti più radicali e conservatori del sistema arte, ma essere presente nella scena underground dell’auto promozione e dell’auto produzione. Questo non significa che non desideri lavorare con curatori e spazi espositivi in maniera professionale e seria, il fatto è che fin ora non ho trovato il progetto giusto per me. Il non dipendere da un’idea prestabilita, da una commissione o semplicemente essere fuori dai siparietti artistico-politici, mi ha portato a muovermi spesso da solo, a cercarmi gli spazi in maniera autonoma, trovare eventi ed i contatti con gente sempre diversa.
Tirarsi su le maniche e lavorare…poi ogni tanto il telefono squilla anche a me!
Quanto influisce la geometria degli spazi urbani sulle tue opere?
E’ tutto, per lo meno in questo preciso momento dove riesco a trasportare opere di matrice puramente grafica sulle pareti; non solo, le mie installazioni di terra e farina sono molto legate alle geometrie naturali e si sviluppano su diversi pavimenti occupando in maniera omogenea tutte le aree prese in esame. Nelle mie opere vedo molto il connubio tra i miei studi accademici e quelli architettonici.
Quali sono i tuoi punti di riferimento?
Molti sono gli artisti di riferimento, sicuramente tutta la scena minimale degli anni 60, cosi come i grandi maestri della Land art americana e non. Richard Long, Walter de Maria, le linee di Frank Stella per citarne alcuni, ma anche l’architetto Adolf Loos con le sue Parole nel Vuoto. Io studio sempre, credo che studiare sia la base di ogni ricerca creativa.
Non ho la presunzione, spesso respirata negli ambienti moderni, di fare qualcosa di “nuovo”, penso più a difendere delle idee, difendere quei concetti che sposano il mio punto di vista; se poi un giorno tra questi studi riesco a contribuire spostando in avanti l’asticella dell’arte ben venga.
I tuoi impegni futuri?
Vorrei preparare una bella personale, dove e quando è tutto da vedere…
Zelda
Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.