Howard Hughes (1905-1976) ha avuto una vita movimentata. Milionario, magnate dell’industria, produttore e persino regista cinematografico, è noto per essere stato un aviatore ma, ancor prima, un costruttore di aerei. Una mente versatile, insomma, un ingegno senza pari, legato a una sanità mentale resa precaria da frequenti crisi di ossessione compulsiva, dovute – probabilmente – a una forma di sifilide contratta in gioventù. Non certo il tipo di malattia che ti colpisce all’improvviso mentre giochi a golf.
Howard era, infatti, anche un amante delle belle donne: è stato sposato per anni con l’attrice Jean Peters e gli sono state attribuite relazioni con Katharine Hepburn, Bette Davis, Jean Harlow e Ava Gardner. Con buona pace di tutte le ragazze della porta accanto.
Un ricco, ricchissimo costruttore, eccentrico, con la passione del volo.
Non c’è bisogno di addentrarsi ulteriormente nella vicenda umana e industriale di Hughes, con le sue luci e le sue ombre, per individuarlo come uno dei volti più rappresentativi e scintillanti del sogno americano della prima metà del novecento.
E’ per questo motivo che, nel 1963, in piena Guerra Fredda, è a lui che guarda Stan Lee, deus ex machina della nascente Marvel Comics, quando gli viene in mente un’idea controversa per un nuovo super eroe:
Se c’era una cosa che odiavano i giovani lettori era la guerra, l’esercito, così ho preso un eroe che era un produttore di armi, riforniva di armi l’esercito, era ricco, era un industriale… ho pensato che sarebbe stato divertente prendere il tipo di personaggio che nessuno dei nostri lettori vorrebbe, e spingerglielo giù per la gola, e renderli come lui… ed è diventato molto popolare”.
Contento tu, Stan.
Lee voleva appunto creare quella che definì “la quintessenza del capitalista”, un individuo che combattesse il comunismo – e, in generale, i nemici degli Stati Uniti – sul piano più importante della Guerra Fredda: quello industriale. Nel pieno rispetto dello stile Marvel, inoltre, il nuovo eroe avrebbe avuto un punto debole mortale (una scheggia nel petto, tenuta lontana dal cuore grazie a una sorta di pacemaker) contrapposto all’invincibilità della sua corazza. E avrebbe avuto una corazza, appunto, avanzatissima, volante.
“Howard Hughes – aggiunge Stan – era uno degli uomini più colorati del nostro tempo: era un inventore, un avventuriero, un multimiliardario, uno sciupafemmine e, infine, uno svitato. Tolta la parte dell’essere pazzo, lui (il suo nuovo personaggio, ndr) era Howard Hughes”.
L’autore di punta della Marvel si fece aiutare dallo sceneggiatore Larry Lieber e dal disegnatore Don Heck per la realizzazione del nuovo eroe in questione. E nacque Iron Man.
Anthony Stark detto Tony è un multimiliardario avventuriero e costruttore di armi che viene ferito al petto e fatto prigioniero durante la guerra. Quale guerra? Originariamente si trattava della guerra del Vietnam, ma la storia ha subito vari ringiovanimenti: negli anni ’90 infatti è stata trasferita nel Kuwait ai tempi della Guerra del Golfo, e più recentemente in Afghanistan. Come se agli Stati Uniti mancassero guerre dove ambientare le proprie storie nel tempo.
Tony è un genio, un inventore senza rivali al mondo e, di conseguenza, costruisce un’armatura potentissima, collegata al suo pacemaker, che lo aiuta a fuggire e a tornare in America, dove potrà difendere gli interessi delle sue avanzatissime Industrie Stark e diventare il più importante super eroe tecnologico della storia del fumetto. Tutti i suoi nemici iniziali sono vietnamiti, cinesi e russi: comunisti, ognuno con un suo piano per dare filo da torcere al sistema americano, si vedano il Mandarino, Crimson Dinamo e Titanium Man su tutti. Per vederlo fronteggiare spietati capitalisti come lui, ma dipinti come malvagi, bisognerà aspettare il 1979, con il magnate rivale Justin Hammer, e il 1982, con il perfido Obadiah Stane, creato da un autore da sempre attento ai temi sociali come Dennis O’Neil.
In 50 anni di storie editoriali, Iron Man ha indossato decine e decine di armature diverse, ognuna sempre più al passo con il progresso tecnologico. I vari modelli della sua corazza possiedono come capacità ricorrenti: razzi propulsori su guanti, stivali e schiena, raggi repulsori, lanciafiamme e laser che fuoriescono dai guanti e dal petto, vari generatori di impulsi magnetici, campi di forza, scudi, missili e raggi di calore. L’armatura funziona benissimo sott’acqua (l’antiruggine dev’essere miracoloso) e nello spazio. Inoltre possiede un comunicatore satellitare incorporato, raggi x, infrarossi, computer, database, scanner, sistema gps e, presumibilmente, anche l’adsl e svariate pennette usb, che non si sa mai.
Pensate a lui come al tizio perennemente online su tutti i social media, che magari nel frattempo sta tenendo testa, da solo, al fuoco di un esercito, pensando alla prossima modella da invitare sul suo jet privato. Che stronzo.
Invidie personali a parte, Iron Man è sempre stato dipinto come un personaggio estremamente carismatico ma dalla personalità complessa: è cordiale e ragionevole ma spregiudicato e incline al sotterfugio, più desideroso di perseguire il progresso tecnologico – e di vincere sempre nuove sfide in questo campo – che di ispirare il prossimo o di sacrificarsi per esso. Anche tra gli eroi viene spesso contrapposto a personaggi “onesti” come Capitan America (insieme al quale è una delle due coscienze di riferimento del supergruppo dei Vendicatori) e tratteggiato come un uomo perennemente schiavo propri demoni interiori. Nel 1978, infatti, gli autori Bob Layton e David Michelinie fanno di Iron Man uno dei primi personaggi di carta a confessare una debolezza inusuale e rivoluzionaria per un eroe: l’alcolismo, con il quale combatterà per anni.
Beone, arrogante, individualista, costruttore d’armi, donnaiolo: il successo di Iron Man sta proprio nella diversità intrinseca del personaggio dallo stereotipo supereroistico: Tony Stark è nato con un intelletto superiore e con una ricchezza smisurata, è quello il suo vero super potere, la tecnologia è il mezzo attraverso il quale lo esprime. Chi non vorrebbe essere ricco, geniale e affascinante come lui?
Ed è proprio nella risposta a questa domanda che trova una sua spiegazione il suo fascino, che è lo stesso del capitalismo, e su questo Stan Lee non sbagliava: ciò che sei viene meglio definito da ciò che hai. Se nasci genio e hai i soldi per costruire la tua invincibilità, allora il mondo è tuo. A quel punto fare qualcosa per gli altri magari è eroismo, magari è beneficenza. O magari è elemosina.
Simone Vacatello
Simone Vacatello, 28 anni, laurea magistrale in Lettere moderne. Umanista e randagio della comunicazione, non è qui per farvi apprezzare l'invasione di fumetti e super eroi, ma per aiutarvi a farvene una ragione