Il fango si staccò dalle loro cosce, come la placenta da un neonato. Poi, come fosse il primo vagito, ogni Antenato aprì la bocca e gridò: « Io sono! ». « Sono il Serpente … il Cacatua … la Formica del Miele … il Caprifoglio … ». E questo primo « Iosono! », questo primordiale « dare nome», fu considerato, da allora e per sempre, il distico più sacro e segreto del Canto dell’ Antenato.
Ogni Uomo del Tempo Antico (che ora si crogiolava al sole) mosse un passo col piede sinistro e gridò un secondo nome. Mosse un passo col piede destro e gridò un terzo nome. Diede nome al pozzo, ai canneti, agli eucalipti: si volse a destra e a sinistra, chiamò tutte le cose della vita e coi loro nomi intessè dei versi.
Gli Uomini del Tempo Antico percorsero tutto il mondo cantando; cantarono i fiumi e le catene di montagne, le saline e le dune di sabbia. Andarono a caccia, mangiarono, fecero l’amore, danzarono, uccisero: in ogni punto delle loro piste lasciarono una scia di musica.
Avvolsero il mondo intero in una rete di canto; e infine, quando ebbero cantato la Terra, si sentirono stanchi. Di nuovo sentirono nelle membra la gelida immobilità dei secoli. Alcuni sprofondarono nel terreno, lì dov’erano. Altri strisciarono dentro le grotte. Altri ancora tornarono lentamente alle loro « Dimore Eterne», ai pozzi ancestrali che li avevano generati.
Tutti tornarono « dentro».
Così Bruce Chatwin in Le Vie dei Canti (1987) parla del rapporto tra uomo e natura e proprio con queste parole che mi hanno affascinata vorrei presentarvi l’artista di oggi, un personaggio che proprio di questo rapporto da sempre al centro di studi filosofici, antropologici e letterari ha fatto la sua arte.
Lui si chiama Fulvio Di Piazza ed è nato ad Agrigento ma vive e lavora a Palermo, ha conseguito il diploma all’Accademia delle Belle Arti di Urbino e le sue opere sono esposte in molte gallerie italiane e anche all’estero, dove ha di recente chiuso la sua mostra dal titolo Ashes to Ashes alla Jonahan LeVine Gallery di New York.
Guardando i suoi lavori ci si rende conto di come la natura irrompa con tutta la sua turbolenza, letteralmente avvolgendo qualsiasi essere vivente in essa si trovi a vivere; non c’è motivo di contrastarla, neanche volendo nessuna altra forza potrebbe sconfiggerla, lei trionfa con i suoi colori e le sue forme strane e divertenti.
Il verde dei prati e delle chiome arboree, il rosso del fuoco e le diverse tonalità di azzurro del cielo sono al centro delle sue opere, forse specchio della natura che lo circonda e da cui trae ispirazione, quella terra stupenda che è la Sicilia per cui la vicinanza con il mare e l’esplosione dell’Etna giocano con la fantasia dell’artista nel creare soggetti surrealisti e storie apocalittiche.
Nelle sue opere l’uomo si arrende di fronte alla bellezza della natura e delle sue manifestazioni e di fronte all’arte le parole, anche quelle di un filosofo, sbiadiscono.
Eva Di Tullio
Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!