Cosi presi coraggio ed entrai. In Belgio da meno di ventiquattrore e quel nome impronunciabile che mi ronzava continuamente in testa già da molto tempo prima. Aprii la porta del piccolo beershop e mi rivolsi dopo un lungo respiro al fagiolone (n.d.a. neologismo coniato a pennello per la descrizione del maschio beta di origine olandese, biondo, altissimo e slavato, un po’ inebetito e la voce grossa, ma perfettamente adattabile ad una certa tipologia di maschio belga, tedesco o francese. Sinonimi: tordello, faggiano) ancora sonnacchioso: “Buongiorno, hai per caso una Westvleteren 12?”
Lui cambia espressione fissandomi con l’occhio furbo, quello da rispolverare nelle occasioni migliori, come per dirmi “eheh bello mio, t’ho capito al volo a te”. Si alza e con circospezione, quasi bisbigliando per non farsi sentire dall’altro visitatore del negozio chissà già li da quanto a selezionare le etichette, mi fa: “guarda, non la chiedono in molti, non è tanto facile da trovare, vado ogni tanto all’abbazia a prenderne un po’ ma, sai, devi prenotarla in anticipo…comunque aspetta un attimo, vado a vedere nel sottoscala, forse ne sono rimaste un paio…”
Non ricordo come passai quei secondi interminabili ma lui ritornò con le classiche due bottiglie da 33 cl, con il solo tappo dorato mezzo arruginito ad identificare inconfondibilmente la birra come da tradizione. “Purtroppo sono un po’ care, 10 € a bottiglia”. Faccio un po’ il sostenuto ma in realtà avevo già il cash arrotolato nella mano ancor prima di entrare. “ok, dammene una, grazie”.
Uscii con il trofeo in mano e ancora mi guardavo intorno quasi per accertarmi che nessuno mi avesse visto. Chissà quale tipo di strana droga pensavo di aver comprato per come era andata la scena. “Una” birra.
La Trappist Westvleteren 12 è considerata da gran parte del mondo brassicolo la migliore birra al mondo. Negli ultimi anni in particolare, quando ha raggiunto la prima posizione nelle graduatorie dei due dei maggiori siti internet più frequentati da hopsters internazionali – Ratebeer e Beeradvocate – la sua fama è ulteriormente cresciuta a livelli d’isteria collettiva. Ma partiamo dal principio.
Situata nelle fiandre nord-occidentali, nel territorio della città di Westvleteren e non lontano da Poperinge – città regina della produzione del luppolo belga – la Sint-Sixtusabdj fu fondata nel 1838 all’interno dell’Abbazia di Nostra Signora di St. Sixtus (1831) per permettere, al pari di altri monasteri cistercensi in passato, il sostentamento della comunità monastica. Di fatto, la produzione molto limitata rimase appannaggio esclusivo dei monaci sino al 1932. Tra in 1946 e 1992 fu concesso alla vicina abbazia di St. Bernardus nella città di Watou di produrre su licenza sotto il nome di St. Sixtus, ma al termine dell’accordo l’abbazia di Westvleteren decise di rimprendersi carico della produzione mentre St. Bernardus ha da allora continuato a produrre birre molto simili, basate sulle ricette “apprese” negli anni dai monaci di Westvleteren.
La produzione di questi ultimi si è attestata su tre birre, tutte imbottigliate in confezioni da 33 cl senza etichette, secondo una decisione dell’abate Delaye per mantenere in tal modo l’“anonimato” e non mettere a rischio l’equilibrio della comunità.
- Westvleteren Blonde (tappo verde), 5.8% ABCV, introdotta il 10 giugno 1999.
- Westvleteren 8 (tappo blu) (precedentemente “Extra”), 8% ABV.
- Westvleteren 12 (tappo giallo) (precedentemente “Abt”), 10.2% ABV, introdotta nel 1940.
Un elemento ha contribuito in particolare a rendere questo Monastero – attualmente l’unico tra gli otto birrifici fregiati con il marchio trappista nel quale solamente monaci partecipano a tutta la fase produttiva – tanto ricercato: l’irriperibilità delle sue birre. I monaci stessi (circa una trentina) si sono sempre imposti una produzione molto limitata (circa 4750 hl annui) e una ristrettissima commercializzazione all’esterno delle proprie birre, per quanto bastasse al sostentamento della comunità e al finanziamento di opere filantropiche, a prescindere dall’ammontare delle richieste – “We are not brewers. We are monks. We brew beer to be able to afford being monks”.
Acquistare una Westleteren è opera ardua. Nonostante sia rintracciabile a prezzi elevati in pochissimi posti al mondo, sulla pagina web dell’abbazia è previsto espressamente che “La Westvleteren trappist è venduta esclusivamente a clienti individuali. Ogni cliente accetta di non ri-vendere la birra ad alcuna terza parte”. E’ inoltre disciplinato un rigoroso sistema di acquisto esclusivamente in loco (oltre che al cafè-pub In de Vrede, unico locale autorizzato di mescita, proprio di fronte all’abbazia) previa prenotazione telefonica e per una quantità sempre più limitata (1 o 2 casse), previo obbligo di comunicazione della targa del veicolo e un periodo di attesa di almeno 60 gg. tra una prenotazione e l’altra.
La Westvleteren 12 è una Quadrupel di preziosa bontà. Dal colore marrone scuro, la schiuma beige imponente e persistente e il tenore alcolico sostenuto sprigiona al naso una quantità di aromi incantevoli, dovuti in gran parte all’uso dei lieviti (provenienti dall’altra abbazia trappista di Westmalle) e di melassa, che le dona il colore scuro. Cioccolato, cocco, dattero, caramello, prugna, frutta passita e un lieve sentore pepato si armonizzano perfettamente al gusto tendente al maltato dolce, ma estremamente equilibrato da una corretta e non invadente carbonatazione, un corpo setoso e presente ma incredibilmente scorrevole e un giusto bilanciamento dei luppoli che la rendono tutt’altro che stucchevole. Ogni sorso resta caldo e morbido per un tempo incredibile una volta buttato giù.
Non so se questa birra sia la migliore al mondo. Rochefort 10 e Pannepot (soprattutto dopo qualche anno di maturazione) sono solo un paio di altre ottime birre avvicinabili per complessità e bontà alla regina. Sicuramente però l’aura che la precede ne accresce fama e sacralità.
Abbinamento consigliato in casa Organiconcrete
Umberto Calabria
Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.