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A colpi di luce 2.0: Fox Harvard

A colpi di luce 2.0: Fox Harvard


Dopo la traduzione più lunga della mia vita dall’ inglese all’ italiano, e la soddisfazione che ne consegue, mi sembra stupido cercare altre parole per introdurre Fox Harvard, che mi ha colpita tanto, nelle parole come nelle immagini: vi invito direttamente a godervi questa intervista super densa ed interessante.

Ciao Fox! Sono curiosa.. raccontaci del ruolo della donna nella tua vita.
Hi Fox! I`m curious.. tell us about the role of women in your life.
Sono sempre stato pazzamente innamorato della forma femminile, anche come bambino. Il mio ideale estetico di donna è pesantemente influenzato da quello che ho visto, crescendo, nelle fotografie; qualità ultra-femminili: profili “petit”, make up attento e capelli lunghi; seno piccolo, gambe lunghe e magre ecc. Dovrei anche aggiungere che la ragione principale per cui ero innamorato di quel look era perché ne ero biologicamente attratto dall’ inizio. Il tentativo di definire ed esprimere la mia sessualità attraverso la mia arte, mentre crescevo, è stata una delle ragioni per cui ho iniziato a fotografare; quella di usare, tra i mezzi che avevo, le foto che scattavo allora. Anche se non prendevo la fotografia seriamente all’ epoca, ho iniziato a preoccuparmi molto di più di fare sesso da quando ho avuto la mia prima macchina fotografica.
Ho la strana tendenza a misurare porzioni della mia vita in relazione al mezzo con cui stavo lavorando e alle ragazze con cui ero coinvolto in quel periodo. Per esempio, il tempo in cui ho scattato seriamente è esattamente proporzionato al tempo in cui sono stato con Michelle, circa tre anni. Al contrario, durante la mia ultima relazione a lungo termine – e questo non era certamente colpa di lei – ero così disincantato con l’ esibirsi e con il mondo dell’ arte “that I took a hiatus from the arts as a whole”; questo per circa sette anni. C’era anche una ragazza con cui uscivo prima della mia ex, quando lavoravo principalmente con mezzi misti e con l’ arte degli oggetti trovati; questo per circa 5 anni. Quindi immagino sia interessante che in qualche modo ci sia sempre una correlazione diretta (anche se non intenzionale) tra quello che sto o che non sto producendo e la persona che capita nella mia vita.
Essendo che gran parte del mio lavoro è di natura sensuale, immagino che, come per molti ragazzi che crescono, uno dei ruoli più ovvi della donna sia stato quello di alimentare le mie fantasie sessuali. Non sono mai stato capace di puntare il dito sul perché esatto, ma le donne in generale mi hanno sempre sbalordito fin da bambino; non sono sicuro del perché, ma l’ hanno fatto. Gli uomini sembravano esistere già.
I‘ve always been madly in love with the female form, even as a child. My ideal aesthetic for a woman is heavily influenced by what I saw in photographs growing up—ultra-feminine qualities: petite profiles, careful makeup & long hair, small breasts, long thin limbs, etc. I should also add the main reason I was so enamored with that look was because I was biologically attracted to it from the beginning, rather than solely shaped by it after the fact. The attempt to define & express my sexuality through my art growing up was one of the reasons I started shooting to begin with; to use in the mixed media pieces I was doing at the time. Even though I wasn’t serious about photography at the time, I started caring a lot more about having sex when I got my first camera.
I have the strange tendency to measure portions of my life in relation to what medium I was working in and with whom I was involved with at the time. For instance, the time I’ve been seriously shooting is exactly proportionate to the time I’ve been with Michelle; about 3 years. Contrarily, during my last long term relationship–and this was certainly no fault of hers–I was so disenchanted with exhibiting and the art-world as a whole that I took a hiatus from the arts as a whole; that was about seven years. There was also a girl I dated before my ex when I worked solely in mixed media & found-object art; that was about four years. So I guess it’s interesting that somehow there always seem to be a direct correlation (albeit unintentional) between what I am or am not producing and what person happens to be in my life.
Being that a good majority of my work was quite salacious in nature, I guess as with most boys growing up, one of the obvious roles women served was for fodder for my sexual fantasies. I was never able to put my finger on exactly why but women in general always amazed me as a child; I’m not sure why, but they did. Men just seemed to exist.

 

E adesso, per favore, raccontaci qualcosa su di te.. chi sei?
And now, please, tell us something about yourself.. who are you?
Per iniziare con le basi, sono un trentasettenne della Florida, nato in Tampa, cresciuto in Sarasota. I miei genitori hanno notato un talento nel disegnare ed ho iniziato lezioni d’ arte a sei anni, con insegnanti privati di pittura nei week end e dopo scuola, ed ho continuato a studiare le arti da studio all’ università.
Come ho detto prima, la ragione per cui le tematica sessuale è così prevalente nel mio lavoro è che ero molto consapevole della mia sessualità fin da bambino. E a dire la verità una grande maggioranza dei ricordi più vividi della mia infanzia sono di natura sessuale (niente di illecito, come essere molestato – c’ era solo una grande e crescente voglia di sperimentare). Essendo stato coltivato nelle arti, il processo di creazione attraverso qualsiasi mezzo era sempre naturale per me e sembra che con la sessualità fosse lo stesso; tendeva ad essere incorporata in gran parte di quello che facevo. Dato che sarebbe stato impossibile trovare in questa società un’ insegnante che avrebbe coltivato la cosa, dovevo sempre soffocare quello che volevo realmente esprimere e forzare il mio lavoro ad andare in una direzione in cui francamente non avevo bisogno di andare. Tendo ad accantonare e richiamare le mie memorie come un film, quindi anche andando indietro nell’ infanzia ho sempre avuto queste avventure fantasiose (e spesso carnali) con i personaggi dei libri o dei cartoni che guardavo. Non serve dire che era divertente e che di solito le incanalavo in forma illustrata o scritta, o a volte entrambe. Le mie passioni erano una parte caratteristica della mia personalità (esattamente come le mie creazioni), quindi non ho mai visto nessuna ragione valida per separarle, a parte quella di risparmiare ai miei genitori l’ imbarazzo. Non funzionava sempre..
Ultimamente tuttavia la maggior parte dei miei lavori stanno passando ad uno stile più fashion-editoriale, incentrato sul ritratto. Negli ultimi sei mesi ho iniziato ad essere un po’ annoiato con molte delle cose che scattavo ed avevo paura che si riflettesse nel mio lavoro, quindi ho deciso di cambiare direzione. Gran parte di quello che vedi qui è un risultato di questo cambiamento.
To start with the basics, I’m a 37 year old Floridian, born in Tampa, raised in Sarasota. My parents noticed a drawing talent and I began arts classes when I was around 6 or so, started private painting tutors on the weekends and afterschool, attended a private performing arts school in high school, and went on to study studio arts at university.

As I touched on before, the reason sexual themes are so prevalent in my work was that I was hyper aware of my own sexuality even as a child. And truth be told a vast majority of my most vivid childhood memories are sexual in nature (not anything illicit like being molested mind you— there was just a great deal of experimentation rowing up). Being raised in the arts, the process of creating through any medium was always first nature to me, and it seems my sexuality was always the same; most of my work tended to incorporate the same. As it would have been impossible to find a teacher in this society willing to foster that, I constantly had to stifle what I really wanted to express and force my work into a place where quite frankly it didn’t need to go. My mind & memory tend to store & recall like a film so even going back to childhood I always had these fantastical (and often carnal) adventures with characters from books or cartoons I was watching as a child. Needless to say it was wildly entertaining and I used to have to channel them out in illustrated or written form; sometimes both. My passions were just as much a defining characteristic of my personality (as were my creations) so I never saw any valid reason to separate them—other than sparing my parents any embarrassment. That didn’t often work out…
Lately though the majority of my pieces are leaning more towards a fashion-esque, editorial style with a concentration on portraiture. Over the last six months or so I grew a bit bored with a lot of what I’ve been shooting, and was afraid that was starting to reflect in some of the work, so I decided to switch gears. Most of what you see here is a result of that.

Credo che le tue foto possano essere descritte come pulite e sporche allo stesso tempo, da diverse prospettive, non credi anche tu?
I think your photos could be described as clean and dirty at the same time, for different perspectives, don`t you?
Dipende da quelle a cui ti riferisci ma sì, direi che è giusto. Devo dire che mi è piaciuto il modo in cui ne hai parlato, dato che molta gente spesso cerca di separare i due aspetti (“è porno o è arte?”), come se non riuscissero a comprendere il fatto che una cosa può sottendere due diverse nature allo stesso tempo. Per me la pornografia è qualcosa che nasce solamente con lo scopo della stimolazione sessuale e niente di più – non è creata con l’ intenzione di stimolare l’ osservatore intellettualmente o emotivamente. Io sento che può superare la linea per cui diventa “arte” nel momento in cui attira l’ osservatore in un’ ulteriore esame – quando uno può dire di provare qualcosa di più che una semplice reazione di scossa o stimolazione sessuale o repulsione verso qualcosa che è esplicito o che sembra “osceno”. Potrei anche essere più diretto e dire che forse non è questione di attraversare una linea tra porno e arte, ma di attraversare la linea del “fuori dal porno”. Quello che si considera “arte” non può essere definito facilmente –dato che il gusto è soggettivo – ma credo che ci sia qualcosa nel porno che potrebbe essere facilmente considerato “artistico”. In ogni caso, credo sia dovuto ai suoi meriti estetici e non al suo intento concettuale.
Chiedere semplicemente “è porno o arte?” forza automaticamente la persona a presumere che i due lati non possano coesistere – e non c’è assolutamente nessuna ragione per cui non possano. Non c’è ragione per cui tu non possa fare del lavoro che è un po’ provocatorio e “pulito” allo stesso tempo. Ultimamente sto provando a comunicare attraverso i volti delle persone le stesse cose che in passato comunicavo attraverso i loro corpi. Vedremo se funzionerà.
Depending on which ones you’re referring to, yes, I’d say that’s accurate. I must say, I like the way you’ve worded it, as most people normally try to separate the two (“is it porn or is it art?”), as if they can’t comprehend the fact that one thing can subscribe to two different labels at the same time. To me pornography is something that’s done solely for the purpose of sexual stimulation and nothing more–it’s not created with the intent to stimulate the viewer intellectually or emotionally. I feel that it can cross the line into becoming “art” when it entices the viewer into further examination–when one could say they feel something more than a simplistic knee-jerk reaction of either sexual stimulation or revulsion towards a piece that is explicit, or seemingly “obscene”. I could even be broader and say maybe it’s not when it crosses the line into art, but when it simply crosses the line out of porn. What’s considered “art” cannot be easily defined–since taste is subjective–but I believe there’s a great deal of porn that could easily be considered “artistic”. However, I think this is due more to its aesthetic merits and not it’s conceptual intent.

Simply asking “is something porn or art?” automatically forces the person to presume that the two sides can’t coexist—and there’s absolutely no reason they can’t. There’s no reason you can’t do work that’s both a bit provocative and “clean” at the same time. Lately I’m trying to be able to communicate the same thing through people’s faces as I was through their bodies in the past. We’ll see how successful that turns out to be.

Cosa cerchi prima di tutto quando scatti?
What do you firstly look for when you shoot?
Credo fermamente che la cosa migliore da fare se si vuole creare qualcosa sia eliminare dal proprio cervello tutte le etichette che possano essere eliminate. È ovvio che è fisicamente impossibile liberare il proprio subconscio da tutte le influenze che vi sono state costruite negli anni, ma è imperativo che proviamo a dimenticare tutte le cose che possano essere facilmente definite e categorizzate; le formule in particolare. A dire il vero, ho un quaderno fotografico old-fashioned, rilegato in pelle in cui tengo tutti i miei schizzi e conceps/idee per un uso successivo e di solito ci appunto le location e gli outfit che vorrei per una serie specifica. A parte questo però, le ragazze sono davvero libere di esprimersi come credono sia meglio.
Di solito non mi piace il lavoro di fotografi che vanno incontro agli scatti senza niente a parte le loro proprie formule assodate e nozioni preconcette su come fotografare le ragazze; voglio dire, ognuno ha una comfort-zone, ma lo trovo assurdo tanto quanto le modelle che si presentano con una lista di cose che non faranno lunga cinquanta volte quella delle cose che faranno.
E’ difficile perché ci vogliono davvero alti standard per fare in modo che gli artisti rimangano costantemente coscienziosi per quanto riguarda tutte le implicazioni del loro lavoro. La maggior parte degli artisti e dei fotografi che conosco sono meno interessati nel (ed alcuni incapaci di) capire tutte le dimensioni sociali e politiche del loro lavoro. Se lo fai nel modo giusto, il processo di creazione può essere estenuante e può lasciare pochissima energia per le considerazioni periferiche. Io scelgo di indirizzare queste domande al mio lavoro perché sono molto cosciente delle implicazioni inerenti. Ma ad essere sincero, questo avviene solo una volta che ho finito – non c’è davvero una lista di cose che cerco quando devo fotografare qualcosa. Non è solo centrale, ma terribilmente imperativo, nel mio lavoro, che meno influenze esterne possibili entrino nel processo creativo. Tendo ad esaminare il mio lavoro solo una volta finito. Sia durante il processo di scatto, sia durante quello di editing, è molto importante che io non analizzi troppo un elemento, per paura di distruggerlo prima che gli sia stata data vita – di alterarlo in qualche modo, più di quanto ce ne sia bisogno.
Durante i miei ultimi anni di shooting la mia prima intenzione era quella di catturare ed esibire il carattere individuale di ogni persona fotografata per com’ era allora, o almeno per come lo vedevo essere. Cerco di evitare la maggior parte dei clichés banali della fotografia, facendo un po’ di attenzione ad ogni stile e genere specifico. Qnado fotografo ogni modella non cerco di essere coscientemente “artistico”, provo semplicemente a scoprire l’ intensità nascosta che ogni persona ha, ed il modo con cui la esprime. Inevitabilmente i miei desideri personali entrano di nascosto e vi si incorporano, ma anche questo è inerente, ed è una parte necessaria del processo.
I firmly believe it’s best to dump as many labels form your brain as possible when creating anything. Of course it’s physically impossible to rid your subconscious of all the influence that’s built up over the years but it’s imperative that we try forget all the things that can be easily defined and categorized; the formulas in particular. That being said, I have an old-fashioned, leather-bound photo journal I keep all my sketches & concepts/ideas in for later use, and I usually jot down shoot locations & outfits I want for a specific series. Other than that, they’re pretty much free to express themselves as they see fit.
I generally dislike the work of photographers who go into shoots with nothing but their own learned formulas and preconceived notions of how to shoot them; I mean everyone has a comfort-zone but it’s just as absurd as models who show up with a list of things they won’t do fifty times as long as what they will. To me, it’s glaringly obvious in the print when there was no room for spontaneity, on either end of the lens. And to be fair, I’m certainly not completely innocent of that. I still haven’t quite gotten to where I feel my work needs to be but I think I’m getting closer.
But it’s hard because it’s setting impeccably high standards to insist that artists constantly remain conscientious of all the implications of their work. Most artists and photographers that I know are less interested in (and some even incapable of) understanding all the social and political dimensions to their own work. If you’re doing it right, the process of creation can be exhausting and can leave one little to no energy for peripheral regard. I only choose to address those questions in my own work because I’m highly conscientious of the implications inherent in them. But to be completely honest, this is only after they’re finished—there isn’t really a list of things I look for when looking to shoot something. It is not only central but direly imperative to my work that as little external influence as possible enter into the creative process. I tend to examine my work only after it’s done. Whether it’s during shooting or editing, it’s important that I not over-analyze a piece, for fear of destroying it before it’s even been given life—much less alter it in some way that the work doesn’t deserve.
During the last few years of shooting, my primary intention was to capture and exhibit the individual character of each person I shot, as they existed then; or at least as I saw them to be. I try to avoid most of the banal clichés of photography by paying little attention to any specific style or genre; most are done without being too mindful of instruction or rules. When shooting each model I’m not trying to be conscientiously “artistic”, I’m merely trying to uncover the hidden intensity each person has and the way they choose to express it. Inevitably, my own wants & desires sneak in to incorporate themselves, but that too is an inherent and necessary part of the process.

Il fatto che tu scatti foto esplicite di donne nude ti ha mai creato problemi nella vita personale o professionale?
Does the fact you take explicit pictures of naked women create you any problem in your personal or professional life?
E’ successo in passato – in senso personale – ma questo era molto tempo fa. Il problema particolare di questa ragazza era la gelosia, che ovviamente derivava dalle sue insicurezza personali. Ma, con rispetto, aveva appena vent’ anni ed io non avevo imparato abbastanza bene a governare emotivamente le persone insicure. Per quanto riguarda me, più o meno per gli ultimi 10 anni, per evitare questo tipo di problema ho semplicemente rifiutato di venire coinvolto da ragazze che non sono bisessuali e non entrerò in nessun tipo di relazione severamente monogama. E’ tutta una fottuta borsa di bugie e comportano più preoccupazioni di quante ne valgano. Allo stesso modo non uscirei (se non come amici) con nessuno che vede il mio lavoro come una sorta di cura per il suo benessere emotivo. Ho fatto grandi passi per evitare il dramma in ogni forma e per tagliare fuori dalla mia vita le persone quando permettono ai loro problemi di diventare un peso per gli altri.
Finché c’è la preoccupazione per gli altri, prendo le distanze per preservare la mia reputazione professionale e di gentiluomo. Voglio essere in grado di creare di continuo e di condividere quello che creo con tutte le persone possibili e l’ unico modo per farlo bene è quello di trattare ognuno con lo stesso rispetto con cui vorresti essere trattato. Suona un po’ all’ antica, lo ammetto, ma dalle mie interazioni con tante modelle diverse e da quello che sento sugli altri fotografi, è una cosa rara di questi tempi.
Da un altro lato, devo ringraziare Michelle (la mia ragazza attuale e qualche volta modella) per avermi fatto tornare a scattare tre anni fa. Se non fosse stato per la sua franchezza e per la sua mentalità aperta avrei potuto non ricominciare più.
It has in the past—in a personal sense—but that was ages ago. This particular girl’s problem was jealousy, which obviously stemmed from her own insecurities. But with respect, she was barely 20 years old and I hadn’t learned well enough to steer clear of emotionally insecure people yet. Concerning myself, for the last 10 years or so, in order to avoid this problem I simply refuse to be involved with girls who aren’t bisexual, nor will I be in any form of a strictly monogamous relationship. It’s all a fucking bag of lies and they’re merely more trouble than they’re worth. I also wouldn’t date (much less befriend) anyone who sees my work as any sort of concern or threat to their emotional well-being. I take great strides to avoid drama in any form and quickly cut people out of my life when they allow their problems to become burdens to other people.
As far as concern for others goes, I take great lengths to preserve my reputation as a professional and a gentle man. I want to be able to create non-stop and share it with as many people as I can and the only way to properly do that is to treat everyone with the same respect that you wish to be shown. It’s a bit old-fashioned sounding I’ll admit, but from my interactions with so many different models and what I hear about other photographers, it’s far too rare a commodity these days.
On a side note, I must credit Michelle (my current girlfriend and sometimes-model) with getting me back into shooting three years ago. If it wasn’t for her frank open mindedness I might not have started back up when I did.

Ho notato, ad esempio su Flickr, che qualche volta ci mostri due, tre o più immagini molto simili tra loto.. c’è una ragione particolare per questa scelta di editing?
I noticed, for example on Flickr, you sometimes show us two, three or more pictures really similar one to each other.. is there a particular reason for this editing choice?
In realtà no. Flickr è più uno spazio di accumulo non selettivo per me. Il modo in cui il sito è configurato (comparato a Tumblr, Facebook, Instagram, ecc.) è più adatto a quelli che vogliono sbirciare tra grandi quantità di foto. Su Flickr cerco di condividere semplicemente tutto quello che viene fuori da uno shooting, mentre sono molto più selettivo su Tumblr e sugli altri siti.
Ironicamente, alcune delle immagini di Flickr che decido di omettere da Tumblr vi vengono comunque rebloggate da altri utenti. Alcune di queste immagini rebloggate (come uno scatto a colori della modella Echo Nittolitto) arrivano ad avere migliaia di note in più di quelle che decido di postare io stesso. Flickr e Tumblr sono anche un interessante esperimento quasi-sociale per me, per vedere esattamente cosa piace alla gente, in contrasto con il mio gusto. Spesso trovo che le foto che a me piacciono di meno sono le più visualizzate e che raggiungano una notorietà che secondo me non meritano, mentre quelle che personalmente preferisco in assoluto sono relativamente poco amate. E’ interessante osservare, dietro le scene.
Not at all. Flickr is more of a non-selective dumping ground of sorts to me. The way the website is configured (compared to Tumblr, Facebook, Instagram, etc.) it’s just more user-friendly to those wanting to look through mass quantities or sets of pictures. I try to share just about everything that comes out of a particular shoot on Flickr, while being much more selective on Tumblr and other sites.
Ironically, some of the Flickr pictures I chose to omit from posting on Tumblr wind up getting reblogged on Tumblr anyway by other users. Some of those reblogged pics (like a color outtake of the model Echo Nittolitto) wind up getting thousands more notes than the ones I actually chose to post there in the first place. Flickr & Tumblr are also an interesting quasi-social experiment to me, to see exactly what people prefer as opposed to my own tastes. I often find with my own pictures the ones I like the least wind up with more notoriety than I necessarily think they deserve, while my personal all-time favorites go relatively unloved. It’s quite interesting to watch, behind the scenes.

Ora, per favore, cerca di convincermi a passare dalla fotografia analogica a quella digitale..
Now, please, try to convince me to pass from analogue to digital photography..
Haha! Questa è difficile. Lascia che ti racconti una storia della buonanotte..
Quando ho iniziato a scattare al liceo per divertimento (attorno al ’92-93), il digitale non esisteva ancora come opzione. Scattavo ogni cosa manualmente con una vecchia Olympus OM-10 e portavo tutto in laboratorio e aspettavo il mio 3×5’ un paio di giorni. Ma scattare per me allora era solo “creare le immagini” quindi avrei poi fotocopiato le foto per usare la tecnica dello “xerox transfers” per il mio lavoro di “mixed media”. E’ stato nel 98 che sono andato al college ed ho iniziato ad utilizzare una camera oscura per il mio lavoro personale. E anche allora facevo solo il lavoro di scatto più rudimentale, così avrei avuto delle immagini da manipolare in camera oscura. Non per vantarmi, ma ero un ninja della camera oscura; b&n, cibachromes, infrarossi, 35mm, medio formato, grande formato, gelatina d’ argento, platinum palladium.. Facevo il mio processo di stampa in un colpo e avrei potuto passare ore a regolare e a manipolare e sviluppare ogni esposizione e a pensarci ho tirato fuori alcune delle stampe più belle che abbia mai avuto. Le macchine digitali semplicemente colpirono il mercato dei consumatori e avrei giurato che non avrei mai abbandonato l’ analogico e convertito tutto al digitale. Blasfemia.
Nel 2000 ho trovato un lavoro full time ben pagato ed ho venduto tutto il mio equipaggiamento cercando di concentrarmi su una carriera che era più legata ai soldi che a quello che realmente mi piaceva fare. Giusto in quel periodo sono tornato di nuovo assieme alla mia ex e – non per colpa sua- ho smesso di creare per i 7 o 8 anni che siamo stati insieme; niente dipinti, niente disegni, niente foto – niente. Nel momento in cui quella relazione è finita io ero completamente devastato e senza l’ arte sarei diventato pazzo. Mi serviva qualcosa di creativo per sfogarmi e dato che mi ero trasferito dalla casa ad un condominio non avevo più una mia stanza per creare i lavori delle dimensioni a cui ero abituato, così ho iniziato con la fotografia digitale. Un iMac, una Canon 9 “point and shoot”, una copia illegale di Photoshop ed ero pronto a partire. Dopo aver visto le porte che il digitale può aprirti, creativamente parlando, non credo che potrei tornare indietro all’ analogico, con i suoi agenti chimici che puzzano di uovo e le dita maleodoranti, che rendono difficile andare verso l’ intimità con nuove persone. E quindi digitale fu.
Ho iniziato a fotografare Michelle – che genuinamente ci ha messo tutta se stessa, senza inibizione – e poi, dopo avere visto quei lavori, la gente ha iniziato a seguirmi. Sono passato ad una Nikon DSLR, ho iniziato ad usare Lightroom ecc, ed il resto l’ ho già raccontato.
Da quando è andata come ho descritto, il 99% di quello che scatto ora è digitale. La causa principale è che siamo nel ventunesimo fottuto secolo. Visto quanto sono prolifico e quanto è febbrile il mio programma, non ho proprio tempo per l’ analogico. Costa troppo e consuma troppo tempo. L’ unico formato per cui a volte scatto ancora in analogico è il grande formato; per la maggior parte 4×5’’ – ho una 8×10” ma devo farla aggiustare e dovrei fare un altro investimento serio in agenti chimici prima che possa tornare indietro a fare lastre umide. Per l’ attrezzatura, nerd che leggete, la maggior parte delle foto che vedere del 2009-2010 sono state scattate con una canon “point and shoot” G9. Dal 2010 al 2013, tranne per quelle segnare come 4×5”, si tratta di una Nikon D90 con un obiettivo 50mm f1.4 o un 85mm f1.8. C’è anche un Crown Graphic Special 4×5” degli anni 50 con cui ho lavorato; di solito con un dorso Polaroid 550 e un pacco di pellicole Fuji istantanee. Ma ora che la Fuji ha definitivamente eliminato le sue pellicole 4×5”, non vedrete più foto di questo formato da parte mia, a meno che non sia un regalo. Solo un idiota pagherebbe $65 per scattare 10 esposizioni, quando le stesse 10 esposizioni costavano $25 solo pochi mesi fa.
Ammetto che sono sempre stato una puttana dei marchi con la moda e altro (la borsa della mia macchina fotografica è una LV Graphite Roadster, per esempio), semplicemente perché seguirli è stata una passione per tutta la mia vita. E’ uno dei pochi casi nella vita in cui l’ inutilità non solo è desiderata ma è anche bella – ed è giusto che sia così. Ma quando si parla di arte e di attrezzatura fotografica è l’ opposto; l’ attrezzatura è abbastanza irrilevante per me. La gente mi chiede perché scatto con Nikon e la mia unica risposta è “perché chiunque altro scatta con Canon”. La necessità potrebbe essere madre dell’ invenzione, ma è il bello della creatività. Non dovrebbe importare se usi una pinhole fatta in casa con la scatola del detersivo, un iPhone o un’ Hasselblad, la forza in quello che fai giace solo nel tuoi talenti, non nel mezzo che hai in mano. Se il tuo lavoro è debole, non puoi dare la colpa all’ attrezzatura. Nello stesso modo Nikon non può prendersi il merito del mio lavoro. Se l’ opera che stai creando non ha anima, è tua la colpa per non avercela messa.
E’ come la moda corrente delle pellicole istantanee dell’ impossibile project ed Instax. Ognuno può scattare quella che può essere considerata una buona foto. Ognuno. Sono fatte per sembrare venute male – è questo il punto. Più è scadente la material, meglio viene la foto. Non puoi farne uscire una foto pulita – non è stata costruita per quello! E ancora per qualche ragione sconosciuta la gente è effettivamente fiera di essere capace di scattare immagini di bassa qualità con qualcosa che non può fare altro che scattare immagini di bassa qualità.. Temo che credano scioccamente che le limitazioni chimiche ed i difetti delle emulsioni (sulla quale non possono avere nessun controllo) in qualche modo rendano le loro foto più “artistiche” o li faccia sembrare dei fotografi migliori. Non è così. E’ solo la natura della pellicola. Credo che la cosa che non capiscono sia che quello che gli piace tanto in realtà è il partecipare al processo fotografico, indipendentemente dalla macchina che stanno usando.
Sia che si parli di digitale, sia di analogico, tutte le differenze a parte, ciò che rimane in comune è un amore di base per il mezzo fotografico. Un amore per la fotografia. Ci sono di sicuro molte differenze nell’ aspetto e nella suggestione tra una fotografia digitale ed una analogica. Ma sono entrambe fotografie. C’è differenza nell’ aspetto di una foto scattata con una reflex analogica a lente singola e una scattata con una reflex analogica “twin-lens”, ma non sento nessuno discutere su quale sia la “vera” fotografia e quale no. E’ assurdo. E’ una bugia che la gente racconta a se stessa il pensare che quello che fanno in qualche modo abbia più valore o merito di quello che farà la gente che verrà dopo di loro. Ed è elitario per definizione. Esaltare le virtù di un mezzo sopra ad un altro mi è sempre suonato come una debole scusa per il fatto che qualcuno non abbia ancora padronanza o più semplicemente non capisca un mezzo diverso. Certo che non potrebbe dipendere dal proprietario – allora incolpiamo l’ attrezzatura..
Io sono una persona che fa attenzione al risultato. Credo che il lavoro debba essere giudicato per quello che è, non per il processo da cui viene fuori. Non so se proverei a spingere qualcuno nel passaggio dall’ analogico al digitale. Uno non è migliore ne artisticamente più “puro” dell’ altro; semplicemente devono essere riconosciuti come due diversi metodi di creazione che portano a risultati differenti. Se fossi uno che è capace solo con il digitale e tu cercassi di convincermi a passare all’ analogico, farei meglio ad avere delle aspettative realistiche, perché se provassi a raggiungere con l’ analogico la stessa cosa che raggiungevo con il digitale rimarrei molto deluso. E vice versa. Se scatti solo in analogico e non hai mai provato il digitale prima, non ti incoraggerei a cambiare completamente, ma di sicuro a provare e a rimanere “open-minded”. Tieni conto delle differenze e prima di rifiutarle, impara a riconoscerle per quelle che sono e a lavorarci. Diverso non significa cattivo, come la gente spesso sbaglia a credere – significa solamente diverso. Prenditi cura di te stessa e se mai arriverai ad una vera svolta, fammi sapere cosa ne pensi.

Fondly yours,
Fox

Haha! Now that’s a tough one. Let me tell you a bedtime story…
When I started shooting in high school for fun (around ’92-93), digital wasn’t even an option yet. I shot everything manual on an old Olympus OM-10 & just dropped everything off at the local lab and waited for my 3×5’s a few days later. But shooting for me back then was just “making pictures” so I could have photos to photocopy for use in Xerox transfers for my mixed media work. It wasn’t until around ’98 when I got into college that I started using a darkroom to do my own work. And even then I only did the most rudimentary in-camera work so I could have an image to manipulate in the darkroom. Not to toot my own horn but I was a ninja in the darkroom; b&w, cibachromes, infrared, 35mm, medium format, large format, silver gelatin, platinum palladium, you name it. I had my print process down pat and could spend hours setting up & manipulating & developing each exposure and actually made some of the most amazing prints I’ve ever had. Digital cameras had just hit the consumer market and I swore up and down I would never leave analog and convert to digital. Blasphemy.
Around 2000 I took up a great paying full-time corporate sales job and sold all my equipment trying to concentrate on a career that was more about money rather than one I actually enjoyed. It was right around the same time I got together with my ex and—by no fault of her own—I simply stopped creating for the seven or eight years we were together; no painting, no drawing, no shooting—nothing. By the time that relationship had dissolved I was absolutely devastated, and without the art I’d been raised with, I was going mad. I needed something creative as a release and after moving out of the house & into a condo, I simply didn’t have the room to create works on the scale that I used to, so I took up digital photography. An iMac, a Canon G9 point & shoot and a bootleg copy of Photoshop and I was good to go. After seeing what doors that digital could open, creatively speaking, I now swore there was no way I could ever go back to analog with all its egg-fart chemicals & smelly fingers that make getting intimate with new people rather awkward. So, digital it was.
I started shooting Michelle—who genuinely put her all into it, without inhibition—and then after seeing that work, other people quickly followed. I upgraded to a Nikon DSLR, upgraded Photoshop, got Lightroom, and got serious again. The rest is history.
Unless it’s specifically stated on the description of the piece, 99% of what I shoot now is digital. The primary reason why is because it’s the 21st fucking century. As prolific as I am and as hectic as my schedule is, I simply don’t have time for analog; it’s way too cost prohibitive & time consuming. The only analog per se that I currently do is large format; mostly 4×5”—I have an 8×10” but it’s in need of repair and I have to make another serious investment in equipment and chemicals before I can get back into doing wet-plate. For the equipment nerds reading this, most of what you see from 2009-2010 was done with the Canon point & shoot G9. From 2010-2013 except for those marked as 4×5’s, everything was done on a Nikon D90 with either a 50mm f1.4 lens or a 28mm f1.8 lens. Everything this year is done with my new Nikon D800 and either a 50mm f1.4 or an 85mm f1.8. There’s also a Crown Graphic Special 4×5” from the 1950s I work with; normally with a Polaroid 550 back and Fuji instant pack film. But now that Fuji has permanently phased out it’s 4×5 pack film, you won’t be seeing any more 4×5 work from me, unless it’s a gift. Only an idiot would pay $65 to shoot 10 exposures, when the same 10 exposures were $25 a couple months ago.
Yet admittedly I’ve always been a label whore with fashion and other things (my camera bag is an LV Graphite Roadster, for instance), simply because following it has been a life long passion of mine. It’s one of the few things in life where built-in obsolescence is not only desired, but it’s beautiful—and rightfully so. But where art or photographic equipment is concerned it’s quite the opposite; the equipment is almost irrelevant to me. People ask me why I shoot Nikon and my only answer is “because everyone else is shooting Canon”. Necessity may be the mother of invention but it’s the god of creation. It shouldn’t matter whether you’re wielding a homemade laundry detergent-box pinhole camera, an iPhone or a Hasselblad, the strength in what you’re creating lies solely in your talents, not what medium is in your hand. If your work is weak, you can’t blame the equipment. The same way Nikon can’t take credit for my work. If the pieces you’re creating have no soul, it’s you’re own fault for not putting it there.
It’s like the current trend with all the instant film from the Impossible project and Instax. Anyone can take what’s considered to be a good picture with one. Anyone. They’re supposed to look bad—that’s the entire point. The more off kilter the subject is, the better the picture. The more over saturated the light is, the better picture. The duller the colors are, the better the picture. You just can’t take a clear picture with one—that’s simply not built into it! And yet for some unknown reason people are actually proud of the fact that they were able to accomplish taking a low quality picture with something that can’t do anything except take low quality pictures… I fear they’ve been fooled into thinking the chemical limitation and flaws of the emulsion (that they can’t possibly have any control over) somehow makes their prints more “artistic” or makes them a better photographer. It doesn’t. It’s just the nature of the film. And I think a lot of the same can be said for the chemical characteristics in analog. It’s not the photographer who’s doing something magical—it’s just the nature of the film. I think the point they’re missing is that what they’re actually enjoying is participating in the photographic process, regardless of what camera they’re using.
Whether we’re talking about digital or analog, all differences aside what each view has in common is a basic love of the photographic medium. A love of photography. There are without question inherent differences in the look and feel between a digital photograph and an analog photograph. But they’re both photography. There’s an inherent difference in the look of an analog single lens reflex versus an analog twin-lens reflex but I don’t hear anyone arguing one is “real” photography and the other isn’t. It’s absurd. It’s a lie people sell themselves to think that what they’re doing somehow has more value or merit than what the next man is doing. And by definition, that’s elitist. Extolling the virtues of one medium over another has always sounded to me like a weak excuse for the fact that someone hasn’t yet mastered, or more simply just doesn’t understand, a different medium. Of course it couldn’t possibly be the user’s fault—so let’s blame the equipment…
I’m a results oriented person. I think the work should be judged for what it is, not the process it came from. I don’t know if I’d try to talk anyone out of analog and into digital. One is no better or more artistically “pure” than the other; they simply have to be recognized as two different methods of creation and that the results are going to be different with each. If I was someone who was only well versed in digital and you talked me into switching to analog, I’d better have some realistic expectations, because if I’m trying to achieve the same thing with analog as I was with digital, I’m going to be pretty disappointed. And vice a versa. If you only shoot analog and have never tried digital before, I wouldn’t encourage you to necessarily switch but I would definitely encourage you to try it and keep an open mind. Be conscientious of the differences and instead of rejecting them, learn what they are and how to work with them. Different doesn’t mean it’s bad, as people so often misjudge—it just means it’s different. Take care of yourself & if you do ever give it a serious spin, let me know what you think.

Fondly yours,
Fox

Ringrazio tantissimo Fox per avermi affidato tutti questi pensieri e vi invito a spulciare il suo sito, in cui potrete trovare foto vecchie e nuove: http://www.foxharvard.1x.com/

 


Giulia Bersani

Sognatrice irrimediabile con il vizio della fotografia

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