Caleidoscopio è una parola che deriva dal greco: kalos (bello), eidos (immagine). Da bambino in effetti mi piaceva guardare le figure psichedeliche che venivano fuori dal quel tubo, ma mi annoiavo presto e preferivo i videogames.
In questo senso, definire l’arte di Andy Gilmore caleidoscopica, può essere riduttivo. E non solo perché woh! i videogames possono aspettare, ma anche perché nelle sue opere si nasconde di più che delle banali “immagini belle”.
Andy Gilmore infatti, oltre ad essere un disegnatore ed un designer, è anche un musicista profondamente affascinato dalle armonie e dalla componente fisica del suono. Questo interesse verso le forme d’onda e l’aspetto matematico della musica ha modellato inevetibilmente la sua estetica, donando nuove dimensioni ai suoi lavori. Le sue ipnotiche e coloratissime opere geometriche evocano giochi di luce e rifrazioni che spesso sono riferite proprio a scale e melodie musicali, creando così una sorta di acustica visiva.
La carrierra di Gilmore prende lo slancio nel 2002 quando, dalle sue vecchie amicizie di skateboarding, salta fuori un lavoro per il brand streetwear C1rca. Da quel momento inizia a lavorare con i computer e getta le basi per una carriera nell’arte digitale e nel design che lo porta ad importanti collaborazioni con Wired Magazine, The New York Times, Fast Company, Wallpaper*, Warp Records.
E pensare che i suo ferri del mestiere sono semplicemente (si fa per dire) Photoshop ed Illustrator. In realtà, ogni sua creazione è l’evidente frutto di un lungo e scrupoloso lavoro che mi fa venire in mente le parole di un signore vissuto 2500 anni fa di nome Euripide: “La geometria è imponente: unita all’arte è irresistibile”.
Michele Ponzelli
Ma per la bio va bene una stronzata tipo: da piccolo mi parcheggiavano davanti la TV. Non c'è da stupirsi se nella vita ho scelto di studiare i messaggi subliminali, poi ho avuto un incontro del quarto tipo con gli alieni. Ora sono uno normale.