Degustazioni Random (n°1) – Orval


Oggi mettiamo ancora un po’ di carne al fuoco. Ma un petto di pollo alla griglia con un filo d’olio o straccetti rucola e limone leggeri leggeri per smorzare il pesantume da cena di natale delle passate puntate da secchioni. Ebbene, oggi FINALMENTE SE BEVE, che qui, per chi se lo fosse dimenticato, parliamo di birra e non smacchiamo leopardi. E come aprire nel modo migliore l’appuntamento con le degustazioni Random – rigorosamente senza piani, cadenze e criterio – se non con una birra decisamente fuori dal comune? Oggi, cari beoni de papà, si parla di Orval.

L’Orval è una – la prima – delle otto birre che possono fregiarsi del prestigioso marchio esagonale di “Authentic Trappist Product”. Recentemente infatti alle storiche sorelle del gruppo –  sei belghe (Orval, Rochefort, Westmalle, Achel, Chimay e Westvleteren) e una Olandese (la Trappe) – è stata riconosciuta dall’Associazione Trappista Internazionale (ITA) nel 2012 un’ultima amica austriaca dal nome impronunciabile (Stift Engelszell). Le birre Trappiste, a differenza delle altre birre D’abbazia, sono contraddistinte da alcune peculiari caratteristiche come la produzione all’interno  del monastero, il controllo del processo produttivo da parte di religiosi e, soprattutto, le finalità non lucrative dell’attività, il cui ricavato deve essere reinvestito nel monastero ed in opere e progetti caritatevoli.

La storia del Monastero è vecchia quanto il cucco. Si narra che un gruppo di monaci benedettini di origine calabrese approdò nel 1070 nel piccolo villaggio di Villers-devant-Orval, in una delle amene  e incantate valli delle Ardenne – probabilmente ricche di gnometti birraioli e umpa lumpa golosoni – dove edificarono il monastero dando vita alla prima comunità benedettina del Belgio, presto rimpiazzata dall’ordine Cistercense.  Si narra che Matilde di Cannossa, in visita al monastero, perse l’anello nuziale bagnandosi le mani nella sorgente che sgorgava all’interno delle sue mura. Disperata pregò per il ritrovamento e, gran surprise, una trota riemerse dall’acqua con l’anello in bocca. Fu allora che la contessa pare abbia pronunciato qualcosa come “questo luogo è veramente la valle dell’oro”. E da qui Or-Val.

Fontana di Matilde all'interno dell'abbazia Notre-Dame d'Orval

Sembra che da sempre l’attività brassicola fu legata alla vita di questo luogo, anche se l’attuale birreria fu fondata solamente nel 1931 e la produzione moderna avviata nel 1932.  Henry Vaes, architetto di Anversa, progettò oltre la sede due oggetti immortali tuttora in uso: La classica bottiglia da 33cl a forma di birillo (unico formato di distribuzione) e l’inconfondibile calice, particolarmente adatto ad esaltare i molteplici aromi e trattenere l’abbondante schiuma dell’Orval.

Diversi sono i fattori che rendono questa birra davvero unica, oltre alla storia del luogo, la grafica e il packaging che l’accompagnano. A differenza delle altre trappiste infatti, non sono i malti a caratterizzarne il risultato finale (ne vengono impiegati solo un paio, in gran parte malto pale e un pizzico di malto caramello), ma una serie di combinazioni audaci ed innovative tali da renderla unica. L’Orval infatti, brassata con l’acqua della sorgente originaria  e l’aggiunta di zucchero candito liquido in fase di bollitura, è in fermentazione che acquisisce due delle sue caratteristiche essenziali.In particolare, dopo la prima fermentazione di circa 5-6 giorni affidata ad un ceppo tradizionale tramandato presso il birrificio, viene inoculata per le restanti 2-3 settimane una particolare miscela di lieviti “selvaggi” presenti nel luogo e capaci di caratterizzarne incredibilmente il flavour. In questa fase viene inoltre eseguito un dry hopping ovvero l’inserimento di luppoli “a secco” nel mosto in seconda fermentazione, pratica originaria dell’Inghilterra e assolutamente lontana dalla tradizione belga, pur divenuta in voga successivamente.

L’Orval (6,2°) si presta ottimamente all’invecchiamento e risulta quanto mai complicato descriverne la struttura organolettica prescindendo dall’evoluzione temporale. In aggiunta al color ambrato intenso, la schiuma pannosa e la carbonatazione marcata, I lieviti “selvaggi” conferiscono  particolarissimi aromi vinosi, di cuoio , pelle d’animale e di frutta matura estremamente complessi e persistenti, che nei primi mesi di maturazione, insieme all’impiego sostenuto dei luppoli, rendono la birra piuttosto secca e leggermente spigolosa. Con il tempo – il periodo ideale di maturazione è di un paio d’anni – le varie caratteristiche si armonizzano ed arrotondano, trovando nuove complessità e sfumature.

Se capitate in visita presso il monastero non lasciatevi sfuggire la Petit-Orval o Orval Vert (3,5°), versione allungata con acqua prima dell’imbottigliamento e normalmente destinata al solo consumo da parte dei monaci, ai quali è consentito sorseggiare la sorella maggiore unicamente due volte l’anno.

Abbinamento consigliato in casa Organiconcrete.

 


Umberto Calabria

Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.

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